giovedì 24 aprile 2014

red key : le botteghe del rinascimento:gli incubatori di idee e le startup

orso castano : un parallelo tra le start up , gli incubatori , di oggi e le botteghe d'erte rinascimentali fiorentine o di altre citta' e' arduo. Anzi ci auguriamo che le start up odierne non somiglino alle botteghe suddette ove vigevano regole rigide che non consentivano l'espressione della libera creativita'. a queste regole molti grandi e famosi artisti , come il Brunelleschi, si ribellarono. L'innovazione e' impossibile se non si consente una libera espressione della creativita' .


Gli incubatori di idee sono botteghe rinascimentali in chiave moderna, ambienti attivi e dinamici dove è possibile mettere alla prova un'idea che abbia prima passato una preselezione: se poi funziona e se ha le chance per diventare qualcosa di più di un test, può avere inizio (in inglese startup) un'impresa, un'attività imprenditoriale. Gli incubatori sono perciò opportunità sia per i giovani di talento sia per gli investitori. In queste pagine, attraverso tre esempi raccontiamo altrettante tipologie di incubatori: privato (come H-Farm, in Veneto),pubblico (come PolitHub, della Fondazione Politecnico di Milano) e misto privato/pubblico (come TechPeaks, a Trento):..........
Privato: H-Farm

Imprenditori e mercato del lavoro sono in crisi, ma c'è chi riesce a emergere con una ricetta sempreverde: idee, competenza e "fiuto": «Ci vogliono visione e capacità imprenditoriali», afferma Riccardo Donadon, fondatore e amministratore delegato di H-Farm, incubatore che ha collezionato molti progetti di successo........Oggi a H-Farm arrivano migliaia di proposte: l'azienda ne sceglie 10 ogni sei mesi. Scelto un progetto, i suoi ideatori possono realizzarlo stando ospiti tre mesi e con un budget di 70 mila euro, in parte in denaro e in parte in servizi. Il risultato viene infine presentato ai possibili imprenditori e investitori.
Pubblico: PoliHub
L'acceleratore di impresa della Fondazione Politecnico, uno tra i primi incubatori universitari d'Europa, vuole diventare il riferimento in Italia delle startup tecnologiche (bioingegneria, tecnologie "verdi", design...). «Rispetto agli obiettivi del 2003, quando è nato PoliHub, da quest'anno ci siamo aperti anche a idee che possano trasformarsi in prodotti», spiega Matteo Bogana, direttore della Fondazione Politecnico.....
Misto privato/pubblico: TechPeaks
A Trento si parla da tempo di una nuova Silicon Valley nata attorno aTechPeaks, un acceleratore che "accoglie" sia chi ha progetti già confezionati sia persone con idee da sviluppare nell'ambito dell'information technology a livello internazionale. «Gli incubatori curano un'operazione per periodi che vanno da 3 mesi a 3 anni. Noi ce ne occupiamo per sei anni», spiegaPaolo Lombardi, da un anno a capo della struttura finanziata dalla Provincia di Trento per favorire l'occupazione nel territorio. «Siamo uno strano esempio di acceleratore, per due motivi: perché "acceleriamo" anche persone e perché operiamo in ambito internazionale. Qui non arrivano infatti solo piccole società con una valida idea, ma anche singoli che hanno un'idea ma non hanno un team, così come altri senza neppure un'idea imprenditoriale ma che rendono disponibili le loro competenze.»......«Le persone selezionate stanno nella provincia per sei mesi, durante i quali ricevono vitto, alloggio, cinquecento euro al mese di rimborso spese e corsi di formazione ad hoc - per esempio lezioni di marketing, analisi di mercato, gestione clienti e investitori. Chi ha già il progetto studia come metterlo sul mercato, chi ha solo l'idea, nel "Laboratorio delle idee" lo trasformerà in progetto.» Dopo i primi sei mesi c'è la ricerca dei finanziatori: «A dicembre avremo un demo-day dedicato ai possibili investitori, con l'obiettivo che tutto ciò resti in Trentino perché le startup diventino nuovi posti di lavoro e nuovi fronti di ricerca. Per ogni euro di finanziamento privato, TechPeaks finanzierà la stessa cifra fino a un tetto massimo di duecentomila euro»

una bella analisi delle botteghe artigiane del rinascimento , con ricchezza di aneddoti e descrizioni dello status della professione dell'artista nel Rinascimento  si puo' leggere nell'articolo di  Laura Cianfarani :  
........."Le botteghe degli artisti non si differenziavano nella struttura e nell’organizzazione da quelle degli altri artigiani: solitamente collocate al livello della strada e collegate mediante un uscio con l’abitazione del titolare, il lavoro che si svolgeva al loro interno era impostato secondo un metodo di produzione che prevedeva una netta suddivisione dei compiti tra il maestro, gli assistenti e gli apprendisti.Molte botteghe erano specializzate in un particolare genere di manifattura artistica: così ad esempio, nella Firenze del Quattrocento la bottega dei Della Robbia si occupava esclusivamente di terrecotte invetriate policrome, mentre quella deiBenintendi era una specialista nella creazione di ex-voto in cera. In questo modo, oltre al raggiungimento di un livello tecnico assai elevato, si aveva una notevole semplificazione per quanto riguardava la gestione e l’amministrazione dell’attività. Molto spesso la trasmissione del mestiere avveniva all’interno di una stessa famiglia, il che costituiva una maggiore garanzia per il mantenimento dei segreti di bottega e a questo proposito possiamo citare gli esempi dei Della Robbia, dei Benintendi, dei Ghiberti, dei Lippi, dei Rossellino, dei da Maiano, dei Pollaiolo...............Come tutti gli altri lavoratori artigianali, a cui del resto erano assimilati, gli artisti, per poter esercitare il loro mestiere e per veder riconosciuti i propri diritti civili, dovevano essere iscritti alle corporazioni, che corrispondevano ad un’organizzazione gerarchica di una società di tipo collettivistico che non prevedeva spazio alcuno per il concetto di individualità creatrice............Tra gli scopi delle corporazioni rientrava una sorta di protezione sindacale, in grado di salvaguardare i propri iscritti dalla concorrenza: non a caso gli artisti forestieri che si iscrivevano all’Arte dei Medici e degli Speziali dovevano versare una quota corrispondente al doppio di quella prevista per i fiorentini, il che, tra l’altro, è indice di una massiccia presenza di artisti tedeschi e fiamminghi nella Firenze del Quattrocento. Il regolamento delle gilde poi costituiva una garanzia per gli acquirenti, i quali erano sicuri di ricevere prodotti realizzati secondo le migliori tecniche artigianali: nei regolamenti delle corporazioni intere pagine sono dedicate a disposizioni relative all’utilizzazione dei pigmenti migliori, in grado di durare a lungo e a raccomandazioni circa l’impiego di metodiche lavorative accurate e coscienziose. Le corporazioni controllavano interi aspetti della vita dei loro membri: si assicuravano che essi rispettassero le pratiche religiose, che osservassero una condotta di vita onesta e moralmente impeccabile, controllavano la formazione degli apprendisti, soprintedevano ai contratti e regolavano i rapporti con i committenti. E’ chiaro che in un tale stato di vigilanza totale esercitata dalle gilde per gli artisti non era facile affermare la propria individualità o andare contro le regole stabilite e comunemente accettate, per cui risulta ancora più rivoluzionaria l’azione di alcuni maestri rinascimentali impegnatisi per veder riconosciuta la libera espressione della propria creatività.Un primo esempio di ribellione alle strette regole corporative ci è offerto da Filippo Brunelleschi, l’architetto che aveva saputo proporre una geniale soluzione al problema della copertura del Duomo fiorentino e che per primo aveva delineato le regole della prospettiva pittorica lineare, che sarebbero state codificate da Leon Battista Alberti nel De Pictura, ..................

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