domenica 20 luglio 2014

Il "Piano giovani " e la generazione del grazie - Blog

0rso castanouna foto sintetica , un po' ironica, efficace, ma l'autrice nei commenti ha avuto qualche critica. La situazione e' drammatica!!!

Claudia Rizzo 16 luglio 2014“

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„Grazie, anche oggi, per il nostro tirocinio quotidiano.Grazie, anche oggi, per il nostro Progetto Amva-Neet, Piano Giovani, Garanzia Giovani o che dir si voglia quotidiano.

Il "Piano giovani " e la generazione del grazie - Blog
„Grazie, anche oggi, per il nostro tirocinio quotidiano.
Grazie, anche oggi, per il nostro Progetto Amva-Neet, Piano Giovani, Garanzia Giovani o che dir si voglia quotidiano.
Grazie, anche oggi, per il nostro sfruttamento quotidiano.
Grazie, anche oggi, per la nostra elemosina quotidiana.
Grazie, anche oggi, per la nostra retribuzione misera quotidiana.
Grazie, anche oggi, per il nostro “Tanto se te ne vai, dietro di te c’è la fila” quotidiano.
Grazie, anche oggi, per il nostro presente: eternamente incerto, precario, instabile e sospeso.“






La chiamavano “Generazione mille euro”, invece si è trasformata, nel giro di pochi anni, nella “Generazione del grazie”: una generazione composta da milioni di giovani e meno giovani che vengono derisi, sbeffeggiati e umiliati ogni giorno. Una generazione che ormai vive sotto continuo ricatto e che si trova costretta a dire "meglio questo sfruttamento che niente". Che cala la testa e sopporta perché ha perso qualsiasi speranza e fiducia nei confronti di Istituzioni che l'hanno completamente dimenticata e abbandonata. Una generazione che, vinta dal non avere rappresentanza, si aggrappa alle briciole di politicanti allo sbaraglio che, invece di intervenire in modo strutturale sulla questione occupazionale, mettono a tacere la disperazione per qualche mese regalando pochi spiccioli. Già, la tanto propagandata Rivoluzione della campagna elettorale coincide oggi (a quasi un anno dal Progetto Neet, tanto sbandierato dall’ex Premier Letta) con l’ormai noto, e intriso di polemiche, cavallo di battaglia dell’Assessore Scilabra (che, a trent’anni, forse ha scordato cosa voglia dire avere trent’anni in Sicilia): il più che fieramente pubblicizzato “Piano Giovani”.In cosa consiste? Negli ennesimi tirocini che servono da contentino per tappare la bocca a chi è ormai esausto della propria esistenza, a chi si sente perso e inutile, a chi si trova in un vicolo cieco e non sa come uscirne, a chi manda centinaia di curricula al mese ma non riceve mai una risposta, a chi deve rinunciare ai propri sogni perché non si può più permettere di sognare, a chi studia per un mestiere e fa tutt’altro, a chi pensa “non ce la farò mai a costruirmi un presente, un futuro, una famiglia” e si rinchiude nella propria rassegnazione, a chi si vede scavalcare dal raccomandato di turno e non può fare nulla a causa di una politica sempre più complice, a chi è costretto ad abbandonare la propria città in cerca di una vita dignitosa e si ritrova a piangere di nostalgia, a chi rinuncia ai propri diritti e accetta paghe da fame e orari disumani, a chi passa ore a pigiare un tasto e scopre che nel giro di un batter di ciglia le molliche sono state quasi tutte accordate, a chi si trova costretto a dire sì a 500 euro lordi al mese per sei mesi perché l’alternativa è stare a casa a guardare chi, senza arte né parte, ne guadagna migliaia al giorno.Le percentuali della disoccupazione, così come quelle dell’emigrazione, crescono: in Sicilia hanno raggiunto vette spaventose e destinate a non fermarsi. Noi, però, sembriamo ormai assuefatti a certi numeri da capogiro: numeri che non ci stupiscono e non ci indignano, ma che, al contrario, ci svuotano e ci fanno aggrappare alla prima propaganda da quattro soldi (lordi) di alcuni politici che utilizzano lo sconforto in modo strumentale.

.......... E qual è la risposta alla domanda sempre più rassegnata e scoraggiata “Che ne sarà di noi”? I soliti titoli sensazionali, i già sentiti slogan che alludono alla questione senza realmente attraversarla e viverla, le arcinote promesse da campagne elettorale che lasciano il tempo che trovano smentendosi da sole col passare dei giorni, i famosi discorsi di comprensione che servono soltanto a pulirsi la coscienza mentre tutto rimane uguale a prima: chiacchiere insomma, chiacchiere utili al consenso e a rivoluzioni evidentemente mancate.
C'era un tempo in cui le parole avevano un significato. C'era un tempo in cui, se non si dava peso ai significati, si alzava la testa e si protestava. Ecco perché io dico che è tempo, adesso, di riprenderci la nostra dignità: da quella emotiva a quella esistenziale, da quella lavorativa a quella morale.

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