martedì 8 luglio 2014

una analogia tra il movimento think tank in Germania e i "mille fiori" di Mao USA

orso castano : riporto una prima posizione alquanto dogmatica , che sa di ancien re'gime, e , di seguito , le informazioni , piu' obiettive storicamente, di Wichipedia. Purtroppo "la storia e' uno schiacciasassi" citava un grande giornalista, Igor Man , ma , possiamo dirlo, non distrugge la liberta' di pensiero , la critica e l'utopia.Di Igor Man ricordiamo il bel pezzo che scrisse come inviato in USA per scrivere sulla morte di un Grande : John F. Kennedy :Grazie a mio fratello Mirco, giornalista a New York, ebbi modo, un giorno, di parlare privatamente con Robert F. Kennedy. Mi disse che fra gli innumerevoli messaggi di cordoglio ricevuti, lo aveva colpito il brano della lettera di san Paolo a Timoteo, trascritto da un sacerdote di Minneapolis: «Ho combattuto la buona battaglia. Ho terminato la mia corsa. Ho conservato la fede. È giunto il momento di sciogliere le vele». Era il 15 di novembre del 1967. Meno di un anno dopo, il 6 di giugno del 1968, ammazzarono pure lui, Bob. Due mesi prima era toccato a Martin Luther King. 
Sono passati 37 anni dalla morte oscura di Lancillotto. Addosso gli hanno rovesciato tonnellate di spazzatura, tuttavia se ci contassimo scopriremmo in tanti, proprio in tanti nel mondo, d’essere tuttora “kennedyani”. Pateticamente? Forse. «Ci salveremo perché abbiamo paura», ha scritto un vecchio poeta del Sud.  da  infoaut 3.0Cina. Mao Tse Tung: "le cose stanno cambiando"
Il 27 Febbraio 1957, in Cina, Mao Tze-tung proclama l'inizio della "campagna dei cento fiori". Come tutte le campagne lanciate dal Partito Comunista, la campagna dei cento fiori viene lanciata utilizzando un motto: "che cento fiori sboccino, che cento scuole competano". Questo motto ben riassume l'intento di Mao: avviare un processo di profondo cambiamento culturale e tecnologico, basato sull'apertura al confronto non solo politico, ma anche artistico e scientifico . Le motivazioni che spingono il Partito Comunista Cinese a promuovere una campagna di questa natura sono principalmente due: eliminare le contraddizioni ancora esistenti all'interno dello stato socialista e spingere verso uno sviluppo tecnologico e culturale. Alla base della prima motivazione vi è fondamentalmente un fatto: pur essendosi conclusi i grandi periodi di lotta delle masse, pur essendosi compiuto nella quasi totalità il processo di eliminazione della proprietà privata, esistono ancora elementi delle classi rovesciate, parte della borghesia esiste ancora, i marxisti non sono la totalità della popolazione e soprattutto non sono la totalità degli intellettuali. Mao quindi sostiene di doversi confrontare con le ideologie non marxiste (escludendo quelle dichiaratamente contro-rivoluzionarie), vedendo questo confronto come occasione per avviare una "lotta" funzionaria al rafforzamento del marxismo stesso. Accogliere le critiche e saperle affrontare senza dogmatismo, in maniera scientifica, discuterle, confutarle nella maniera più convincente possibile; Questo percorso non può che portare a due preziosi risultati: da un lato sconfiggere le critiche stesse, dall'altro abituare il marxismo agli "attacchi", e quindi rafforzare la sua posizione egemone in campo ideologico.
In ambito culturale questo processo diventa strumento con la quale cambiare la sovrastruttura culturale borghese restata se non intatta non stravolta dalla radice. Anche in questo campo accettare le critiche significa in primis sapersi opporre e soprattutto saper rispondere ed esse. Da un punto di vista scientifico e tecnologico, la campagna dei cento fiori serve a stimolare la ricerca e lo sviluppo che iniziano ad essere questione fondamentale per lo stato Cinese, che deve costantemente fare i conti con un territorio vastissimo ed una popolazione che per la stragrande maggioranza lavora nel settore primario.
In conclusione riportiamo un passo tratto dal capitolo "Mao Tse-tung: che cento fiori sboccino" da "L'orda d'oro" di N. Balestrini e P. Moroni.
"qualcuno chiederà: visto che nel nostro paese la maggioranza della popolazione riconosce già nel marxismo l'ideologia guida, lo si può criticare? Certamente. Il marxismo è una verità scientifica che non teme la critica; se la temesse e potesse esserne sconfitto, allora non varrebbe nulla. Forse gli idealisti non criticano il marxismo tutti i giorni in tutti i modi possibili? Forse che coloro i quali sono ancora legati a punti di vista borghesi o piccolo borghesi, e desiderano modificarli, non criticano il marxismo in tutti i modi possibili?
I marxisti non devono temere le critiche, da qualsiasi parte provengano. Al contrario, devono temprarsi, svilupparsi e conquistare nuove posizioni nella critica, nella tempesta della lotta.[...]
Sarebbe giusto condannare queste idee (le idee errate ma diffuse tra il popolo, ndr) senza nemmeno dare loro la possibilità di esprimersi? No di certo. Applicare metodi semplicistici per risolvere le questioni ideologiche in seno al popolo, le questioni legate alla vita intellettuale dell'uomo, non è soltanto inefficace, ma estremamente controproducente"

Campagna dei cento fiori

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Mao Zedong fu il principale ispiratore della Campagna dei cento fiori: in questa immagine degli anni Cinquanta lo vediamo arringare una folla osannante
Con la locuzione Campagna dei cento fiori si indica una stagione di liberalizzazione della vita culturale, politica, economica e sociale avviata in Cina negli anni Cinquanta. Il termine deriva da una frase pronunciata dal leader comunista Mao Zedong nel 1956: "che cento fiori fioriscano, che cento scuole di pensiero gareggino"[1].
Promossa ed incoraggiata dai più influenti dirigenti del Partito Comunista Cinese, la campagna dei cento fiori venne avviata in concomitanza con la destalinizzazione che Nikita Khruščёv stava effettuando in URSS. Probabilmente lo scopo principale era quello di garantirsi una maggior legittimazione chiamando tutti i cinesi a partecipare allo sviluppo economico. Per alcuni, questo nuovo scenario politico fu creato ad arte da Mao Zedong per prendere le distanze dal comunismo sovietico; per altri ancora, la Campagna fu un sincero tentativo di rendere più democratica la Repubblica popolare cinese.
Attraverso giornalisti, riviste, pamphlet e soprattutto dazibao (manifesti murali), intellettuali, studenti e uomini politici (soprattutto quelli di basso rango gerarchico, ovvero quelli poco noti) espressero il loro punto di vista sui cruciali cambiamenti che la Cina aveva compiuto e sulle riforme da effettuare in futuro[2]. Sebbene i "filo-Maoisti" furono in netta superiorità numerica non mancarono voci contro il governo, sia provenienti da "destra" (cioè da capitalisti e da sostenitori della Repubblica di Taiwan), sia provenienti da "sinistra" (ovvero dai marxisti-leninisti ortodossi che non volevano nessun cambiamento rispetto all'ideologia principale di Karl MarxFriedrich Engels e Vladimir Lenin)[3].
Ben presto però, la situazione iniziò a sfuggire di mano, e le proteste si moltiplicarono e radicalizzarono, coinvolgendo il Partito stesso e la forma di Stato e legandosi con lo scontento di contadini ed operai. Mao decise allora di dichiarare conclusa l'esperienza della campagna dei cento fiori (1957). Ebbe quindi inizio la repressione (la cosiddetta Campagna Antidestra)[3]. Ai molti intellettuali, studenti e politici che avevano aderito all'invito a manifestare liberamente il proprio pensiero, la fine della campagna riservò un destino beffardo: infatti, le loro dichiarazioni pubbliche ne facilitarono l'identificazione e l'arresto o l'invio nei campi di rieducazione.

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