venerdì 12 giugno 2009

come lavora il cervello

di Matteo Motterlini da "Domenica" del  9/6/09  Il nostro è un cervello «entu­siasticamente pluralista». Le nostre decisioni migliori sono il prodotto della peculiare capacità di affrontare una data si­tuazione da molteplici punti di vista. La saggezza della folla sembra potersi applicare anche ai cir­cuiti neurali. A metterci nei guai sono i casi in cui tagliamo «la di­scussione mentale» e imponia­mo un artificioso consenso alla «controversia neurale». Le catti­ve decisioni sfociano infatti dal­la convinzione di sapere qualco­sa che in realtà non si sa (situa­zione a volte molto più rischiosa della semplice ignoranza) e dal­la certezza di avere ragione, con la conseguenza di sottostimare l'evidenza contraria alle proprie conclusioni; Quando ciò acca­de, è perché facciamo prevalere  le facoltà raziocinanti del «cervello consapevole» - ma ironicamente all'oscuro di tutta quella attività che ha luogo fuori dalla corteccia prefrontale; oppure perché privilegiamo solo le nostre emozioni, finestre spalan­cate sui meccanismi automatici inconsci per cui "sentiamo" senza bisogno di pensare. Dopo "Proust era un neuro­scienziato" (Codice Edizioni, ' 2008), con inalterato gusto per l'esplorazione dei più recenti meandri delle neuroscienze e una rara abilità narrativa resa avvincente dall'analisi di decisioni (spesso drammatiche) in conte­sti reali (dalla finale del Super-Bowl ai servizi segreti; da un atterraggio di emergenza alla sala chirurgica; dai tavoli da poker agli investimenti in borsa), nel suo nuovo How we decide, Jonah Lehrer spiega che per fare la co­sa giusta è necessario usare en­trambe le parti della nostra men­te: «Per troppo tempo abbiamo trattato la natura umana come se fosse una cosa o l'altra. Siamo ra­zionali o irrazionali. Ci basiamo sulla statistica oppure ci affidiamo all'istinto. La logica apollinea sensazioni dionisiàche; l'id contro l'ego; il cervello rettile contro i lobi frontali. Queste di­cotomie non sono solo false; so­no distruttive». Piatone pensava che lo scopo della corteccia pre­frontale fosse di metterci al ripa­ro delle nostre emozioni per for­tificarci contro le passioni. Ma Platone, in fin dei conti, non face­va esperimenti (e meno che mai con risonanza magnetica). «Dal­la prospettiva del cervello uma­no - dice Lehrer - l'Homo sapiens è l'animale più emozionale di tutti». Monitorando il battito cardiaco, la pressione sangui­gna, la temperatura corporea e la conduttanza cutanea di un grup­po di traders durante una giorna­ta in cui prendono un migliaio di decisioni finanziarie per una qua­rantina di milioni di dollari, si è potuto osservare come i loro pa­rametri fisiologici fossero corre­lati con emozioni molto intense. Ciò non significa affatto che co­storo stessero agendo "irrazionalmente". Anzi, le peggiori deci­sioni risultarono scaturire nelle situazioni in cui le emozioni era­no o completamente mute oppu­re del tutto travolgenti. «Per fare l'investimento giusto, la mente ha bisogno dell'input emotivo, ma le emozioni devono esistere in un dialogo con l'analisi razio­nale». Il motivo per cui le emo­zioni sono "intelligenti" è che es­se catturano la saggezza del­l'esperienza. Prevalentemente grazie al sistema della ricompensa, esse «trasformano gli errori in eventi educativi». Primo consiglio: prestate at­tenzione ai vostri sentimenti, perché loro sanno più di quanto sapete voi. E ricordatevene alla prossima visita all'Ikea.. Un re­cente studio mostra infatti che più tempo le persone passano a vagliare deliberatamente i prò e contro dell'acquisto di un diva­no, meno soddisfatti saranno delia propria decisione. Meglio, in questi casi, scegliere per istin­to (e lo stesso sembra valere per marmellate, vino, cereali, denti­fricio eccetera). Secondo consi­glio: controllate sempre le rispo­ste automatiche e viscerali che provengono dal cervello emoti­vo. Neppure di questo importan­te alleato ci si può fidare. Per co­me è emerso nel corso dell'evo­luzione, il nostro cervello è simi­le all'ultimo «sistema operativo che è stato messo in commercio con troppa fretta», afflitto come è dagli stessi problemi che carat­terizzano ogni nuova tecnolo­gia: «Ha un sacco di difetti pro­gettuali e un software pieno di bachi». Per esempio, gli stessi circuiti dopaminergici che ci fan­no apprendere dall'esperienza, possono portarci alla rovina fa­cendoci tirare compulsivamen­te la leva di una slot machine; la nostra capacità di cogliere rego­larità nella natura e generate indispensabili aspettative, può portarci a scorgere regolarità an­che dove gli eventi sono in realtà governati dal caso - come per esempio nei mercati azionari -, generando l'illusione di poter prevedére ciò che è intrinseca­mente stocastico. Il mondo, sem­plicemente, è più casuale di co­me lo percepiamo, e questo le nostre emozioni non lo possono sa­pere (lo sanno invece molto be­ne alla Apple: nel riprogettare l'algoritmo della funzione "shuffle" dell'iPod - con le parole di Steve Jobs - «abbiamo dovuto farlo meno casuale per farlo sem­brare più casuale»). Come difendersi dai nostri «bachi innati»? Esercitando gli usi della ragione: in particolare ciò che la rende unica, vale a di­re la sua capacità di meta-rap­presentazione; il potere cioè di pensare il pensiero e di pensare perché "sentiamo" quello che "sentiamo".

.........."Razionali non si na­sce; si diventa".O Jonah tenrec, «Come decidiamo», Codice, Torino, pagg. 300, €24,00.

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