di Matteo Motterlini da "Domenica" del 9/6/09 Il nostro è un cervello «entusiasticamente pluralista». Le nostre decisioni migliori sono il prodotto della peculiare capacità di affrontare una data situazione da molteplici punti di vista. La saggezza della folla sembra potersi applicare anche ai circuiti neurali. A metterci nei guai sono i casi in cui tagliamo «la discussione mentale» e imponiamo un artificioso consenso alla «controversia neurale». Le cattive decisioni sfociano infatti dalla convinzione di sapere qualcosa che in realtà non si sa (situazione a volte molto più rischiosa della semplice ignoranza) e dalla certezza di avere ragione, con la conseguenza di sottostimare l'evidenza contraria alle proprie conclusioni; Quando ciò accade, è perché facciamo prevalere le facoltà raziocinanti del «cervello consapevole» - ma ironicamente all'oscuro di tutta quella attività che ha luogo fuori dalla corteccia prefrontale; oppure perché privilegiamo solo le nostre emozioni, finestre spalancate sui meccanismi automatici inconsci per cui "sentiamo" senza bisogno di pensare. Dopo "Proust era un neuroscienziato" (Codice Edizioni, ' 2008), con inalterato gusto per l'esplorazione dei più recenti meandri delle neuroscienze e una rara abilità narrativa resa avvincente dall'analisi di decisioni (spesso drammatiche) in contesti reali (dalla finale del Super-Bowl ai servizi segreti; da un atterraggio di emergenza alla sala chirurgica; dai tavoli da poker agli investimenti in borsa), nel suo nuovo How we decide, Jonah Lehrer spiega che per fare la cosa giusta è necessario usare entrambe le parti della nostra mente: «Per troppo tempo abbiamo trattato la natura umana come se fosse una cosa o l'altra. Siamo razionali o irrazionali. Ci basiamo sulla statistica oppure ci affidiamo all'istinto. La logica apollinea sensazioni dionisiàche; l'id contro l'ego; il cervello rettile contro i lobi frontali. Queste dicotomie non sono solo false; sono distruttive». Piatone pensava che lo scopo della corteccia prefrontale fosse di metterci al riparo delle nostre emozioni per fortificarci contro le passioni. Ma Platone, in fin dei conti, non faceva esperimenti (e meno che mai con risonanza magnetica). «Dalla prospettiva del cervello umano - dice Lehrer - l'Homo sapiens è l'animale più emozionale di tutti». Monitorando il battito cardiaco, la pressione sanguigna, la temperatura corporea e la conduttanza cutanea di un gruppo di traders durante una giornata in cui prendono un migliaio di decisioni finanziarie per una quarantina di milioni di dollari, si è potuto osservare come i loro parametri fisiologici fossero correlati con emozioni molto intense. Ciò non significa affatto che costoro stessero agendo "irrazionalmente". Anzi, le peggiori decisioni risultarono scaturire nelle situazioni in cui le emozioni erano o completamente mute oppure del tutto travolgenti. «Per fare l'investimento giusto, la mente ha bisogno dell'input emotivo, ma le emozioni devono esistere in un dialogo con l'analisi razionale». Il motivo per cui le emozioni sono "intelligenti" è che esse catturano la saggezza dell'esperienza. Prevalentemente grazie al sistema della ricompensa, esse «trasformano gli errori in eventi educativi». Primo consiglio: prestate attenzione ai vostri sentimenti, perché loro sanno più di quanto sapete voi. E ricordatevene alla prossima visita all'Ikea.. Un recente studio mostra infatti che più tempo le persone passano a vagliare deliberatamente i prò e contro dell'acquisto di un divano, meno soddisfatti saranno delia propria decisione. Meglio, in questi casi, scegliere per istinto (e lo stesso sembra valere per marmellate, vino, cereali, dentifricio eccetera). Secondo consiglio: controllate sempre le risposte automatiche e viscerali che provengono dal cervello emotivo. Neppure di questo importante alleato ci si può fidare. Per come è emerso nel corso dell'evoluzione, il nostro cervello è simile all'ultimo «sistema operativo che è stato messo in commercio con troppa fretta», afflitto come è dagli stessi problemi che caratterizzano ogni nuova tecnologia: «Ha un sacco di difetti progettuali e un software pieno di bachi». Per esempio, gli stessi circuiti dopaminergici che ci fanno apprendere dall'esperienza, possono portarci alla rovina facendoci tirare compulsivamente la leva di una slot machine; la nostra capacità di cogliere regolarità nella natura e generate indispensabili aspettative, può portarci a scorgere regolarità anche dove gli eventi sono in realtà governati dal caso - come per esempio nei mercati azionari -, generando l'illusione di poter prevedére ciò che è intrinsecamente stocastico. Il mondo, semplicemente, è più casuale di come lo percepiamo, e questo le nostre emozioni non lo possono sapere (lo sanno invece molto bene alla Apple: nel riprogettare l'algoritmo della funzione "shuffle" dell'iPod - con le parole di Steve Jobs - «abbiamo dovuto farlo meno casuale per farlo sembrare più casuale»). Come difendersi dai nostri «bachi innati»? Esercitando gli usi della ragione: in particolare ciò che la rende unica, vale a dire la sua capacità di meta-rappresentazione; il potere cioè di pensare il pensiero e di pensare perché "sentiamo" quello che "sentiamo".
.........."Razionali non si nasce; si diventa".O Jonah tenrec, «Come decidiamo», Codice, Torino, pagg. 300, €24,00.
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