giovedì 11 giugno 2009

PROMOZIONE DELLA SALUTE MENTALE, clicca

proponiamo questo interessante documento scritto nel 2008 dal Prof. Morosini e dal dott Gaddini. Intendiamo anche cosi' ricordare l'impegno e la capacita' intuitiva del Prof Morosini, purtroppo mancato.

di  Pierluigi Morosini (a), Andrea Gaddini (b) (a) Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma (b) Laziosanità, Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio Importanza della promozione della salute mentale nel contesto dei programmi di educazione alla salute Sono molte le evidenze che i programmi di educazione alla salute, nel campo ad esempio dell’alimentazione, della guida, dell’uso di sostanze, della sicurezza nei rapporti sessuali, possono fallire o essere addirittura controproducenti se le campagne di informazione non sono accompagnate da interventi diretti a cambiare gli atteggiamenti, a promuovere le competenze sociali e il senso di autoefficacia (Slater, 1989; Maibach & Flora, 1993; Kelly et al., 1990). Importanza dei disturbi mentali e epidemiologia Ci sono molti motivi per l’aumento di interesse per i temi della salute mentale (Williams et al., 2005): – è aumentata la consapevolezza che i disturbi mentali sono frequenti e invalidanti. Ci si rende conto che non si tratta più di problemi che riguardano solo una piccola frazione della popolazione ma che molti, (secondo stime spesso citate, addirittura una persona su 4, può soffrire di un disturbo mentale durante la sua vita. La fondamentale stima delle conseguenze della varie malattie di Murray e Lopez (2004) ha messo in rilievo il carico di disabilità legato ai disturbi mentali; ad esempio la depressione era nel 2000 la quarta causa di sofferenza ed è destinata a diventare la seconda nel 2002; – sono diventate più chiare le gravi conseguenze economiche dei disturbi mentali. Il costo complessivo dei disturbi mentali si stima che sia tra il 2,5 e il 4,0% dei prodotti nazionali lordi; inoltre si comincia a valutare l’impatto negativo anche del disagio psichico, ossia di stati non così gravi da poter essere classificato come disturbi mentali; – sono aumentate le conoscenze sui legami tra disturbi psichici e fisici e sul ruolo che gli stili di vita, connessi ovviamente ad aspetti psichici, hanno nell’insorgenza delle malattie fisiche; – è aumentata la consapevolezza della relazione tra salute mentale e diritti umani e in particolare della discriminazione ed emarginazione che può subire chi soffre di un disturbo mentale grave. Tra i segni della crescente importanza della salute mentale vi sono il World Health Report del 2001 (WHO, 2001), la recente dichiarazione dei ministri della salute dell’area europea approvata nella conferenza del 2005 di Helsinky (OMS, 2005) e il cosiddetto Libro Verde sull’Europa dell’Unione Europea (Commissione Europea, 2005). Secondo l’OMS (WHO, 2004) un ragazzo su cinque sotto i 18 anni ha problemi di carattere emotivo o di comportamento e uno su 8 soffre di un disturbo mentale. Lo studio PrISMA ha riguardato pre-adolescenti di 10-14 anni delle scuole medie inferiori in 7 aree urbane, incluse due aree metropolitane (Roma e Milano). Nella prima fase i genitori sono stati invitati a compilare la Child Behavior Checklist (CBCL). 5627 ragazzi erano stati selezionati per lo studio, in 3434 i genitori hanno partecipato (percentuale di non partecipazione del 38,9%). Nella seconda fase il 10% dei ragazzi postivi al punteggio totale della CBCL e il 10% dei ragazzi negativi sono stati intervistati mediante l’intervista psichiatrica strutturata DAWBA. La percentuale di non partecipazione è stata del 34,7%. La prevalenza del soggetti soprasoglia al CBCL è risultata del 9,8%, quella dei disturbi mentali alla DAWBA dell’8,2% (Tabelle 1 e 2). La diagnosi di disturbi emotivi si riferisce principalmente ad ansia e depressione, quella di disturbi del comportamento a deficit di attenzione e iperattività e ai disturbi della condotta). Dei 336 ragazzi con problemi emotivi e comportamentali solo 49 (14%) avevano consultato un professionista della salute mentale, e solo 26 (8%) avevano un insegnante di sostegno. La prevalenza di disturbi mentali è risultata associata con età maggiore, basso livello di istruzione del padre e della madre, basso reddito, avere ripetuto una classe, vivere con un genitore single. I giovani adolescenti italiani, oltre ad avere i problemi comuni a tutti gli adolescenti, come il malessere esistenziale e la mancanza di fiducia in se stessi, sembrano mancare particolarmente di capacità progettuali e di obiettivi a lungo termine, ed essere più riluttanti a assumersi responsabilità, con la conseguente tendenza a rimandare le scelte di vita importanti (Buzzi et al., 2002). Il quinto rapporto IARD sulla condizione giovanile italiana (Buzzi et al., 2002) ha anche messo in evidenza come molti di essi (con punte fino al 40% del campione) si sentono annoiati, tristi, ansiosi, confusi, paurosi delle critiche e senza fiducia negli insegnanti. Salute mentale ed economia Sir Richard Layard della London School of Economics, autore del libro Felicità (2005), è convinto (Leylard, 2002) che i principali problemi in Gran Bretagna non sono la disoccupazione e la povertà ma l’ansia e la depressione. Ne è seguito un progetto che è diventato parte del Manifesto del Partito laburista per l’introduzione di trattamenti psicologici a vario livello, tra cui quello scolastico. Layard è favorevole all’approccio basato sul benessere messo a punto da Giovanni Fava (Fava e Ruini, 2006) e, come economista, pensa che non proporsi il miglioramento di se stessi e non essere preparati ad affrontare gli eventi e le situazioni stressanti non sono solo nocivi per l’individuo, ma anche freni alla crescita di un sistema sociale ed economico efficiente (Rigatelli, 2006). Efficacia degli interventi di promozione della salute mentale Negli ultimi anni sono state fatte numerose ricerche sui fattori di protezione nei confronti di situazioni a rischio e di prevenzione dei comportamenti a rischio. È stato messo in luce l’effetto benefico di capacità di autoregolazione e percezione di autoefficacia, capacità di affrontare e risolvere, abilità sociali e capacità di provare empatia (Caprara et al., 2002; Bandura, 1996; Fuligni, 2002) e inoltre l’effetto protettivo del sostegno sociale (Weitzman & Chen, 2005; Kendler et al., 2005 ). Un recente progetto europeo dal nome Monitoring positive mental health, finanziato dalla DG SANCO come parte dell’European Mental Health Agenda, si propone di sviluppare un sistema di indicatori per valutare gli sforzi che i paesi dell’Unione fanno per promuovere la salute mentale. Tra le aree prese in considerazione ha grande importanza la scuola, in tutte le sue fasi; il progetto dà per scontato che ogni paese dovrebbe avere una politica di promozione della salute mentale nella scuola e che ogni scuola dovrebbe avere delle attività di promozione della salute mentale nei suoi programmi. Vengono in particolare proposti come possibili indicatori a livello nazionale il numero di progetti finalizzati alla promozione della salute positiva e a livello di scuole le ore settimanali dedicate al miglioramento di abilità sociali e di soluzione di problemi, lo sviluppo di strategie antibullismo e l’esistenza di attività di sostegno e tutela da parte di “pari”. Sono infatti molte ormai le evidenze disponibili sulla efficacia di interventi di promozione della salute mentale nelle scuole (Janet-Llopin et al., 2005) e sul fatto che sia meglio rivolgere gli interventi preventivi ai fattori comuni sottostanti ai diversi comportamenti a rischio e disadattativi (Greenberg et al., 2001). Per quando riguarda la prevenzione dei disturbi mentali, non vi sono differenze di efficacia e di costo tra interventi universali, rivolti a tutti gli studenti, e interventi rivolti a gruppi a rischio, ad esempio figli di genitori affetti da depressione o da altre patologie psichiatriche, ma è chiaro che i primi hanno più possibilità di aumentare il livello di salute mentale media di una popolazione. Gli interventi efficaci sono caratterizzati dai seguenti fattori: 1. avere più di otto incontri di durata compresa tra 60 e 90 minuti ciascuno; 2. aver obiettivi ben definiti; 3. avere un approccio di tipo cognitivo-educativo mirato allo sviluppo pratico di competenze e abilità; 4. comprendere interventi non solo sugli studenti, ma anche sull’organizzazione scolastica e/o sugli insegnanti e/o sui genitori. Inoltre viene considerato essenziale che gli interventi siano oggetto di studi di valutazione di efficacia controllati metodologicamente corretti, cosa ancora molto rara, non solo nel nostro paese. L’efficacia media degli interventi non è però elevata, con una dimensione dell’effetto pesata solo di 0,22, con la massima dimensione dell’effetto di 0,75; alcuni programmi anche in questo campo hanno dato esiti peggiorativi (Jane-Llopis et al., 2002). Tra gli interventi di probabile efficacia promossi dal già citato Libro verde (Commissione Europea, 2005) vi sono i seguenti: – Neonati e bambini lotta contro la depressione post partum delle madri; miglioramento delle competenze parentali; visite domiciliari di personale sanitario per assistere futuri genitori o neo genitori. – Adolescenti e giovani insegnamento di abilità sociali; materiale informativo sulla salute mentale per studenti, genitori e insegnanti. – Ambiente di lavoro cultura di gestione partecipativa individuazione di disturbi psichici nel personale; condizioni di lavoro adeguate alle necessità dei lavoratori (es. orari di lavoro flessibili). – Anziani reti di sostegno sociale; promozione dell’attività fisica e partecipazione a programmi comunitari e di volontariato. – Disoccupati corsi per promuovere l’autostima e la capacità di trovare lavoro per i disoccupati, programmi di inserimento lavorativo per le persone affette da malattie psichiche o handicap. – Prevenzione della depressione interventi scolastici per migliorare le competenze sociali e la prevenzione del bullismo, interventi sul luogo del lavoro volti a ridurre lo stress, promozione dell’attività fisica per le persone anziane, diffusione di approcci psicologici di tipo cognitivo-comportamentale. – Prevenzione del suicidio la European Alliance against Depression si è proposta di ridurre i suicidi istituendo reti regionali d’informazione tra settore sanitario, pazienti e loro parenti, facilitatori sociali e il pubblico generale; nel progetto pilota si è osservata una riduzione del 25% dei suicidi e dei tentativi di suicidio, in particolare tra i giovani. Interventi in Italia In Italia non ci risultano essere programmi di promozione nella scuola che rispondano a tutti o anche alla maggior parte dei criteri elencati sopra. In più la situazione italiana sembra essere caratterizzata da una forte demotivazione del personale docente, soprattutto delle scuole superiori, con grossa difficoltà all’inserimento di aspetti di educazione alla salute nel curriculum scolastico. Il Ministero della Salute e quello del MIUR hanno pubblicato e distribuito, una raccolta di sei opuscoli, dal titolo “Missione salute”, studiati per gli studenti dei primi due anni del ciclo secondario, con allegato un manuale che propone ai docenti alcuni possibili itinerari didattici. I sei elaborati riguardano specificamente il problema delle droghe e del doping, le relazioni interpersonali e la sessualità, i trapianti e la donazione del sangue e degli organi, gli incidenti domestici, il problema dell’alimentazione con i disturbi collegati, e infine le infezioni (malattie) sessualmente trasmesse. Nessuno di questi manuali riguarda di per sé la salute mentale e tutti comportano per la loro applicazione un ruolo molto attivo degli insegnanti. Vi sono inoltre programmi dei due ministeri contro lo stigma nei confronti della malattia mentale (World Psychiatric Association, 2001), che però possono essere considerati rivolti più al trattamento inteso in senso lato e alla prevenzione secondaria dei disturbi mentali che alla promozione della salute mentale e alla prevenzione primaria. Un esempio italiano che risponde in gran parte per il contenuto a questo progetto è rappresentato dallo studio pilota effettuato in due classi di Bologna (Marmocchi, 2004), secondo il modello delle life skills dell’OMS. Questo studio si è rivolto agli studenti delle scuole secondarie inferiori e ha comportato un intervento molto attivo degli insegnanti. Estremamente interessante è l’esperienza condotta, sempre in Emilia Romagna, dal gruppo coordinato da Giovanni Fava (Ruini et al., 2003) che hanno adottato l’approccio noto come Psicologia del benessere Il modello di benessere adottato, che deriva da quello elaborato da Carol Ryff e Burton Singer, si base sui seguenti 6 fattori: – autonomia - non eccessiva dipendenza dal giudizio degli altri; – relazioni positive con gli altri; – propositi per il futuro; – auto-accettazione; – padronanza ambientale; – senso di crescita, accettazione del nuovo. I centoundici studenti delle scuole medie coinvolti nella ricerca sono stati aiutati a focalizzarsi anziché sulla soluzione degli elementi di disagio, malessere e sofferenza, cioè gli obbiettivi delle tecniche psicologiche tradizionali, sulla valorizzazione degli aspetti positivi della situazione e degli altri. Anche in questo approccio si cerca di migliorare le abilità di comunicazione, si incoraggia particolarmente a mostrare apprezzamenti e a fare complimenti piuttosto che critiche. Molto interessanti anche le esperienze condotte da Mario Becciu e Anna Rita Colasanti (2004) in medie superiori dell’area di Roma. Il loro approccio, ben descritto nel libro “La promozione delle capacità personali”, è molto, fosse troppo ricco e richiede la conduzione da parte di psicologi esperti. Interessante anche l’esperienza svolta nelle scuole medie di Rovereto da un gruppo di lavoro coordinato da Luigino Pellegrini sulla base di dispense tratte dagli stupendi libri di Mario di Pietro l’“ABC delle emozioni” e “L’educazione razionale emotiva”, la cui efficacia è stata valutata anche in uno studio controllato (Di Pietro et al., 1999). Programmi proposti Per rispondere all’esigenza diffusa di promuovere la salute mentale nelle scuole, anche come base sui cui innestare interventi di educazione alla salute specifici, e per venire incontro alle specificità della situazione italiana, sarebbe opportuno mettere a punto interventi con le caratteristiche qui di seguito delineate. Per il contenuto, gli interventi dovrebbero essere imperniati sull’insegnamento della capacità di definire obiettivi realistici e stimolanti, di affrontare e risolvere problemi, di comunicare in modo più efficace e assertivo, di sviluppare l’autodisciplina, di migliorare le abilità di negoziazione e di cooperazione, di migliorare la capacità di controllo degli impulsi e di promuovere quella di tenere maggior conto delle reazioni emotive degli altri. Si tratta in gran parte delle componenti della cosiddetta Formazione Sociale ed Emotiva, delle life skills dell’OMS (1993) e anche della cosiddetta intelligenza emotiva (Goleman, 1996). Questi contenuti sono in gran parte presenti nell’intervento di Bologna citato sopra (Marmocchi, 2004). Data l’ignoranza generale, non solo degli studenti, sulla natura dei disturbi mentali e gli atteggiamenti ancora stigmatizzanti nei confronti di alcuni di essi, sarebbe anche utile dedicare un capitolo del manuale all’illustrazione dei principali sintomi dei disturbi psichiatrici e ad indicazioni su che cosa ciascuno può fare per aiutare chi ne soffre. Sia per i contenuti, sia per la metodologia, sarebbe importante tenere conto, anche se in modo non esclusivo, degli approcci suggeriti per studenti più giovani da Di Pietro (Russell e Di Pietro, 2005; Di Pietro, 1998), per gli adolescenti e adulti vulnerabili alla depressione da Fava (Fava & Ruini, 2003) che ha elaborato la cosiddetta terapia del benessere e per i pazienti psichiatrici dallo psichiatra neozelandese Falloon (2000), promotore di interventi psicoeducativi familiari individuali e di gruppo di provata efficacia basati appunto sulle abilità di comunicazione e sul problem solving. Fava e Ruini (2003) hanno potuto dimostrare con studi controllati che la sua terapia del benessere, è efficace nel ridurre gli episodi depressivi. Quanto al metodo, data l’attuale situazione della scuola in Italia, potrebbe essere indicato che, per essere generalizzabile, gli interventi si basino su manuali rivolti agli studenti, dove vengano illustrati, con linguaggio semplice adatto alle diverse età, con illustrazioni, e con esempi adatti alla cultura giovanile, i principi e gli strumenti pertinenti agli obiettivi e vengano suggerite esercitazioni a due, a tre e in piccolo gruppo.Come conduttori dei gruppi, mentre per le scuole elementari e medie inferiori dovrebbero essere o gli stessi insegnanti o personale dei servizi di salute mentale, per le medie superiori si potrebbe pensare ad altri studenti appositamente formati, della classi più avanzate o dei primi anni di università, con la supervisione di insegnanti motivati anch’essi appositamente formati. Si è visto che i programmi condotti da “pari” o da esperti esterni hanno più probabilità di essere efficaci di quelli condotti dagli insegnanti (Weissberg & O’Brien, 2004). Follow-up: è noto che molti interventi psicosociali possono avere risultati che non si  mantengono nel tempo se non sono sostenuti da cosiddette sessioni booster, ossia da incontri di “richiamo”, anche distanziati nel tempo, in cui vengono richiamati i principali elementi delle abilità e degli atteggiamenti che sono stati obiettivo dell’intervento. Anche per i programmi scolastici di promozione della salute mentale vi sono evidenze che sia opportuno procedere a questi incontri di richiamo almeno una seconda volta durante il ciclo scolastico (Janet-Llopin et al., 2005). Età Ci sono notevoli indizi inoltre (Greenberg et al., 2001) che i programmi di promozione della salute mentale rivolti agli studenti dovrebbero cominciare già nelle scuole materne e elementari ed essere accompagnati da interventi diretti a cambiare la cultura della scuola nei giovani e a coinvolgere le famiglie. Weisserg et al. (2001) concordano che in futuro le ricerche non si dovranno chiedere solo se un certo programma funziona, ma anche quale combinazione di programmi o strategie funziona meglio. Difficoltà Le difficoltà prevedibili del metodo suggerito sono minori che con altri approcci, dato che esso non richiede per la sua effettuazione l’intervento attivo di specialisti e soprattutto richiede agli insegnanti solo un’attività di sostegno e supervisione. Le difficoltà comunque ci potranno essere ed essere costituite principalmente da: – conflitti o gelosie tra istituzioni; – difficoltà di introduzione sistematica nel curriculum scolastico; – resistenze da parte di psicologi e dirigenti scolastici con un diverso approccio teorico e poco interessati alla valutazione scientifica degli interventi. Bibliografia Bandura A. Self-efficacy in changing societies. Traduzione italiana: Il senso di autoefficacia. Trento: Erikson; 1996. Becciu M, Colasanti AR. La promozione delle capacità personali: teoria e prassi. Milano: Franco Angeli; 2004. Buzzi C, Cavalli A, De Lillo A. Giovani del nuovo secolo. Quinto rapporto IARD sulla condizione giovanile in Italia. Bologna: Il Mulino; 2002. Caprara CV, Delle Fratte A, Steca P. Determinanti personali del benessere nell’adolescenza: indicatori e predittori. Psicologia clinica dello sviluppo 2002; 2:203-23..............................segue

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