da "L'altro" del sett. dic. 08, Soc. Ital. Form. Psich. allegata alla SIP
Giovanni Stanghellini Alessandro Ambrosini, Raffaella Ciglia Dipartimento dì Scienze Biomediche - Università "G. D'Annunzio" Chieti) Riassunto II concetto di crescita appartiene ad un'epoca pre-tecnologica, in cui l'adolescenza era concepita come età di transizione con lo sguardo implicitamente volto al futuro. L'epoca della Tecnica sta oggi imponendo, pur nell'inconsapevolezza collettiva, un cambiamento radicale: nel modo di vivere il tempo, caratterizzato dall'enfasi del presente; nel modo di affrontare la vita, dove gli strumenti anticipano i progetti; nelle relazioni interpersonali spogliate del carattere di immediatezza. La psicopatologia degli adolescenti, analizzata nelle esperienze del panico, dei disturbi alimentari e della noia cronica, rivela le ombre dell'odierno clima culturale, facendo emergere inadeguatezze nel controllo delle emozioni, nell'accettazione del corpo, nel colmare l'angoscia del vuoto. Solo la creazione di nuove forme simboliche culturali, capaci di garantire un senso antropologico alla vita degli adolescenti, può rimotivare il desiderio della crescita. Esse precedono ogni tecnica psicoterapeutica e hanno a che fare con le categorie dell'entusiasmo, dell'accompagnamento da parte degli adulti, della responsabilità e del limite. Summary The growth concepì belongs to a pre-technological's era, in which adolescence was conceived like a transi-tion age with thè look implicitly face to thè future. The Technic's era is nowadays imposing, even if in a collec-tive unconsciousness, a radicai change: in thè way to live thè time, characterized by thè present's emphasis; in thè way to face thè life, where instruments come before projects; in interpersonal relationships undressed from immediateness character. The psychopathology of teenagers, analysed in panie's experiences, in alimentary disturbs and in chronic bore, reveals thè shadows of today's cultural situation, making to emerge inadequacies in thè contrai of emo-tions, in body's acceptation, to filling thè empty's an-guish. Only thè creation of new types of cultural symbols, able to assure an anthropologic sense to thè life of teenagers, can motivate again thè growth desire. They anticipate each type of psychotherapeutic technique and they con-cern thè categories of enthusiasm, accompanyment by thè adults, responsability and limit. Dal concetto di temperamento al concetto di configurazione antropologica Per formulare un discorso sulla vulnerabilità alla depressione è necessario considerare le strutture soggiacenti la persona, individuate nelle nozioni di temperamento e personalità. I concetti di "personalità" e "temperamento" consentono di individuare la caratterizzazione fenotipica della vulnerabilità ai disturbi affettivi e la comprensione della loro patogenesi.I vari modelli presenti in letteratura si sviluppano lungo un continuum che, partendo da profili prossimi alla sfera biologica, si snodano progressivamente verso costrutti di più ampio respiro antropologico passando attraverso la sfera cognitiva, emotiva e comportamentale e arrivando a considerare la posizione dell'uomo in quanto modo-di-essere-al-mondo. Nel definire il rapporto tra i due concetti, Jaspers afferma che il temperamento è la struttura soggiacente alla personalità. Le varie definizioni di temperamento, infatti, ne mettono in luce la prossimità alla componente biologica della persona: temperamento come atmosfera interna (internai weather) in cui evolve la personalità (Allport, 1961), come insieme di caratteristiche semplici, non motivazionali e non cognitive (Ruttert, 1987), come comportamento stabile e reazioni emotive che compaiono precocemente in parte influenzate dalla costituzione genetica (Kagan, 1994), come insieme di attitudini e abilità basate su percetti (percept-based) (Clo-ninger, 1994). Rispetto al temperamento la personalità è un concetto più comprensivo, riferito a quell'insieme relativamente omogeneo di pensieri, costumi , valori e comportamenti che, nella loro integrazione, costituiscono il nucleo fondante il proprio essere e il proprio agire. Jaspers definisce il carattere o la personalità' come "l'insieme individualmente caratteristico e vario dei rapporti comprensibili della vita psichica". Nel delineare il pensiero caratteriologico ne mette in luce l'intrinseca ambiguità: da una parte si propone come conoscenza nel tentativo di constatare ciò che è così, dall'altra diviene un appello alla libertà aprendosi alle possibilità dell'esistenza, a ciò che può essere. Da un lato infatti il carattere si riferisce a un modo peculiare di essere, che esiste originariamente e non si modifica essenzialmente, dall'altro è anche divenire ed essere divenuto, è ciò che nel mondo si realizza attraverso le situazioni, le occasioni ed i compiti che gli vengono dati, è il prodursi dell'uomo nel tempo (Jaspers -1913). La caratterologia è rivolta allo speciale "essere così" (Soseih) dei singoli individui, al concatenarsi di qualità costanti e alle loro relazioni comprensibili. L'esistenza di un individuo non è afferrabile come carattere, semmai appare attraverso di esso, che ne rappresenta una manifestazione empirica sempre aperta a nuove possibilità. Anche Schneider (Schneider -1946) ridimensiona il determinismo di fattori disposizionali e rivendica il ruolo dell'autodeterminazione dell'individuo che possiede un certo margine di libertà per esercitare le proprie scelte. Inoltre esplicita la necessità di evitare improprie sovrapposizioni tra i concetti di varianti di personalità e disturbi di personalità. Per quanto concerne le varianti di personalità non è dato fare diagnosi, ma al più individuare tipi pregnanti. Per Schneider l'abnormità consiste nel prevalere di un determinato tratto di personalità, che di per sé non ha nulla di patologico, ma può riscontrarsi in misura maggiore o minore in tutto il genere umano. "Esistono tratti e tipi di personalità che, pur essendo varianti disposizionali, sono modificati dallo sviluppo, dalle oscillazioni del fondo (Untergrund) e dall'azione degli avvenimenti (Erlebnisse) in senso lato." In quest'ottica una personalità con una data disposizione ùmica è un individuo con una potenzialità per il dispiegamento di determinati tratti di personalità. Nel caso della personalità depressiva è improprio ridurla a un "disturbo", in quanto incarna un vissuto espressione della condizione umana. Rispetto al concetto di personalità, quello di "configurazione antropologica" consente di comprendere il ruolo che giocano i valori in quanto ordinatori dei significati della propria esistenza. Infatti nella loro dimensione assiologica i valori sono attitudini che concorrono a regolare le azioni significative della persona, sono articolati in concetti originatisi non dalla ragione ma dai sentimenti; sono organizzati secondo una costituzione ontologica, vale a dire un certo tipo di relazione che la persona intrattiene con se stessa, con gli altri e con il mondo. Date queste caratteristiche/i valori strutturano una visione del mondo che comporta assunzioni circa ciò che è giusto e ciò che è importante. Il costrutto di "configurazione antropologica" applicato alla psicopatologia mette in luce come nello stile di vita e nella struttura dei valori della persona sia già inscritto il germe del proprio scompensarsi (Stanghellini 1997). La configurazione antropologica vulnerabile alla depressione: il Typus Melancholicus Nel caso specifico della vulnerabilità alla depressione, il Typus Melancholicus (TM)3, così come descritto da Tellenbach, potrebbe essere inquadrato come un "assio-tipo", in quanto nella struttura dei propri valori si trova inscritto il destino fenotipico della melancolia. Nella struttura valoriale del TM il concetto di ciò che è giusto è parametrato rispetto ad un criterio esterno impersonale dettato dall' Altro generalizzato (Mead 1934). Prima facie lo stile di vita delle persone inquadrabili in questa configurazione sembrerebbe caratterizzato da ipernormalità, conformismo ed estremo adattamento alle norme sociali. Una rigida adesione alle regole e alle gerarchie sociali garantisce il mantenimento di un ordine prevedibile e gestibile nei rapporti interpersonali. Le caratteristiche che emergono in primo piano come tipizzanti tale assetto di personalità sono la ordinatezza e coscienziosità. Inordinatezza è definita come una versione accentuata di ordine particolarmente evidente nel campo delle relazioni interpersonali. Il rassettare e mettere in ordine del TM passa attraverso il rapporto con il prossimo, si manifesta soprattutto nell'ambiente domestico e lavorativo ed è finalizzato al mantenimento dell'atmosfera circostante sgombra da possibili conflitti che potrebbero comportare sentimenti di colpevolezza. Il TM incarna il prototipo della sollecitudine; attraverso il suo modo di essere per gli altri egli riesce ad anticipare qualunque possibilità di rimanere in debito. Emblematico a questo riguardo il vissuto espresso da una paziente: "Quando qualcuno mi aiuta io mi sento in colpa. Se qualcuno mi aiuta poi dovrebbe dimenticare di averlo fatto. Non voglio avere il pensiero di doverlo ringraziare". La sua sola esistenza non può dare gioia ad alcuno, l'essere amati è un diritto che va acquisito. "Il melanconico non può accettare niente peggio dell'incondizionato [..] Egli infatti non conosce il puro e semplice esserci per gli altri senza prestarsi tangibilmente. Il suo dare è per lui troppo ovvio e senza un auto godimento riflesso" (Tellenbach- 1961). La sua intersoggettività non prevede il piacere insito nello stare-insieme-agli-altri. Occupare un posto nello spazio fisico o relazionale è un diritto da conquistare e guadagnare con fatica e impegno in un regime di rigida meritocrazia. Non è contemplato uno scambio gratuito, scevro da obblighi di restituzione, il suo senso di "giustezza" lo costringe in un circolo di do ut des in cui il melanconico rischia sempre di rimanere indietro. "Il pronunciato senso d'ordine è completato da un ulteriore tratto fondamentale: un'elevata pretesa, al di sopra della media, dalle proprie prestazioni." Il melanconico vuole adempiere a molti compiti e tutto questo lo vuole regolarmente. La necessità di dover essere sempre all'altezza dei propositi fa sì che ciò che appare impossibile non venga mai perseguito. All'interno di questo cliché l'attività come tale è più importante del godimento di quanto si è raggiunto. Il necessario ancoraggio al proprio ordine controllabile e prevedibile garantisce lo stato di benessere e difende dalle potenziali minacce del mondo circostante, quali l'indefinito, il non tangibile, l'incontrollabile. Il rinchiudersi entro i confini dell'ordine è un modo per assegnarsi un posto, uno spazio delimitato e circoscritto all'interno del quale il melancolico sente di poter esercitare la propria 'autonomia'. La coscienziosità si manifesta nella necessità di prevenire l'attribuzione e i sentimenti di colpa. Il comportamento del TM è motivato dalla ricerca dell'accettazione da parte dell'altro e non si basa su criteri personali, ma sulle aspettative sociali. Ogni gesto è un tributo dovuto all'esistenza, una necessità che metta al riparo da ogni possibile mancanza. La domanda che si nasconde dietro ogni azione del TM è: "Cosa sarebbe giusto fare in questa occasione? Cosa gli altri si aspettano che io faccia in questa situazione?". Questo è il modo in cui egli tenta di tenere la coscienza meticolosamente pulita e al riparo da qualsiasi sentimento di colpa. È fondamentale non poter essere incolpato di alcunché. Per preservare l'armonia interiore ogni cosa deve occupare un posto dettato da un ordine prestabilito. Infatti la coscienziosità è espressione di un ordine interiore fondato su un rigorismo eccessivo, di una sensibilità molto accentuata nella gestione dei rapporti personali e materiali. L'idea che il typus ha del suo ordine non prevede eccezioni, in quanto non aperto ad un flessibile adattamento alla situazione. Dato che l'imprevisto presto o tardi calca le scene dell'esistenza, l'assoluta refrattarietà del typus a confrontarsi con quanto esula dai suoi schemi apre una delle più importanti falle di vulnerabilità. Infatti la composizione accurata di ogni elemento all'interno di questo ordine non garantisce l'agognata armonia, poiché la costrizione entro rigidi confini preclude la trascendenza necessaria per raggiungere equilibri più elevati. Al contrario, in un esistenza aperta al possibile, la "coscienza sta sì in rapporto costante con ordini obbligati, ha però la sua libertà di superarli nella decisione personale" (Tellenbach - 1961). È come se il typus avesse acquisito una volta per tutte un ordine impersonale, che esclude il margine di libertà necessario per gestire il rapporto con il mondo in maniera soggettiva. In seguito Alfred Kraus, allievo di Tellenbach, individua altre due caratteristiche di tale configurazione antropologica fecalizzando la propria attenzione sul modo di essere sociale di tali esistenze: iperleteronomia e intolleranza alla ambiguità. Kraus analizza il TM alla luce della teoria dei ruoli sociali (Mead 1934) e pone l'accento sulla adesione incondizionata ai ruoli prestabiliti e condivisi socialmente. Per inquadrare in modo tipico l'essere sociale del typus, Kraus si riferisce alla dialettica tra identità di ruolo e identità egoica. L'identità di ruolo è quella che ognuno tende ad assumere sulla base della propria funzione sociale, l'identità egoica (Erikson) è l'autodeterminazione della personalità, ciò che l'uomo è al di là e in più della sua semplice e pura identificazione con il ruolo. L'identità egoica ci permette di prendere una distanza non solamente dallo sguardo delle attese di ruolo, ma, allo stesso modo, dalla identità trovata all'interno dei ruoli. Così nasce una relazione di tensione tra la persona e i suoi ruoli. La distanza dal ruolo è un'operazione necessaria, in quanto nella biografia umana è implicato un continuo cambiamento di ruoli, e permette di conservare l'articolazione di se stesso come persona e non come semplice agente dei propri ruoli. Questo fa sì che una persona possa preservare un senso di continuità della sua biografia, riconoscersi nonostante le trasformazioni e non divenire estranea a se stessa (Kraus 1987). La dialettica tra identità di ruolo e identità egoica non è presente nel TM, il quale non è in grado di trascendere le regole socialmente stabilite dando vita ad una inter-pretazione soggettiva di se stesso, degli altri e del mondo. Il typus cerca continuamente la conferma esterna della propria identità attraverso un modus operandi che Kraus definisce iper/etero-nomia. L'ipernomia consiste in un adattamento eccessivamente rigido alla norma, dove l'aspetto eccessivo è dovuto all'applicazione indiscriminata e stereotipa delle regole sganciate dal contesto e dalla funzione che assumono in situazione. L'altra faccia di questa incapacità di monitorare le situazioni in modo autonomo e personale è costituita daireteronomia, una recettività esagerata della norma esterna, per cui ogni azione è sottesa da una motivazione impersonale, riferita a criteri socialmente condivisi. La necessità di inquadrare se stessi all'interno di rigidi involucri identitari porta a tipizzare gli altri appiattendoli su prototipi che, essendo semplificazioni, non prevedono la compresenza di caratteristiche opposte rispetto ad uno stesso oggetto, persona o relazione. L'intolleranza all'ambiguità permette al TM di vivere soltanto situazioni sociali che confermino l'immagine prestabilita di se stesso e degli altri. Ciò compromette la capacità di intrattenere relazioni interpersonali autentiche e di contemplare situazioni che presuppongono il riconoscimento di una complessità emotiva. Il TM non riesce a cogliere l'individualità propria e degli altri (idioagnosia), poiché il tipo esemplare assorbe completamente le sue attenzioni. In questo modo la sua inter-soggettività è mutilata, in quanto privata delle implicazioni emotive relative al riconoscimento della propria e dell'altrui soggettività. Infatti, relazionandosi all'altro solo attraverso il medium del ruolo, il TM non risponde ai bisogni, ai desideri e ai sentimenti individuali, ma solo a quelli direttamente derivabili dall'identità sociale. Apparentemente il typus è estremamente attento agli altri, ne anticipa le necessità e si adopera alacremente per soddisfarle, in realtà il suo slancio altruistico non è rivolto ad una persona in carne-e-ossa, ma è finalizzato a mantenere l'equilibrio sociale. La sua è un'empatia "impersonale", fondata sullo sforzo di sintonizzarsi con l'Altro in quanto attore sociale, che si muove seguendo percorsi e regole predeterminate. Evento e identità nel Typus Melancholicus All'interno di questa costellazione rigida di ruoli e di valori, gli eventi, se non rispondenti a caratterizzazioni prevedibili, rappresentano l'irruzione dell'alterila che minaccia il mantenimento dello status quo. L'impreve-dibilità dell'evento apre al rischio di incrinare l'ordine del proprio mondo e di scompaginare la trama della propria storia. L'evento è accettato solo in quanto riproposizione di un contesto o di un rapporto io-mondo già sperimentato, che egli costituisce e in qualche modo anticipa: il typus cerca negli avvenimenti una ripetizione e una conferma della propria identità. Egli non tollera l'evento alterila, cioè l'avvenimento non corrispondente alla regola del già noto, poiché non vi coglie un'occasione per conoscere un altro aspetto di sé, ma solo una potenziale minaccia alla sua identità. L'identità umana è frutto di una tensione dialettica (Ri-coeur 1984) tra un nucleo invariante del proprio sé nel tempo (essere-lo-stesso) e la proiezione del proprio sé nell'evoluzione esistenziale (essere-se stesso), che prevede l'integrazione nel sé dell'altro-da-sé, quindi di nuove possibilità rispetto al già stato. Nel TM si assiste ad un irrigidimento della dialettica identitaria che si radicalizza al solo polo della staticità, limitata a confermare sé stesso come lo stesso, quale protagonista previsto di una narrazione già scritta. L'arroccamento sulla medesimezza5 non è il risultato di una completa rinuncia al movimento dell'esistenza: costretto dalla vita alla non immobilità, si obbliga a ricalcare sentieri segnati, riproponendo se stesso esponenzialmente senza la possibilità di un addendo di novità. Nell'andare incontro alle situazioni il typus ha preventivamente selezionato un ventaglio di possibilità che ripropongono l'eco di se stesso non come riattualizzazio-ne storicamente contestualizzata di una identità in evoluzione, ma come replica di una identità cristallizzata refrattaria alla fisiologica metamorfosi dell'esistenza. In questa cornice l'incontro con qualcosa di altro rispetto a quanto già sperimentato risulta essere un corpo estraneo non integrabile nella propria "storia di vita" (Binswanger 1928). Quando il TM non riesce a bandire l'alterila come fonte di nullificazione, né ad escludere il tempo e la storia con il loro carico di novilà e il loro significalo di apertura verso allre idenlità, si trova a vivere uno slalo di "disunione angosciosa" (Verzweiflung). Un'allra possibilità di essere svela l'inautenticilà della propria condizione e pone le basi di una conlraddizione insolubile e di uno iato insanabile: "non può più decidersi (...) non può abituarsi più alla sua realtà, che nasce dalle sue possibilità". Egli "non può trascendere questa situazione. Piuttosto si può dire che egli stesso ne è «trasceso»" (Tellenbach- 1961). Si assiste a quella sproporzione antropologica, che rimanda alla disarticolazione del rapporto tra l'esperire e il comprendere così come descritta da Binswanger, in cui la situazione va oltre la possibilità del soggetto di utilizzarla. Il melanconico è in grado di gestire solo ciò che già conosce, in quanto vissuto in precedenza o deducibile a partire dai suoi schemi relativi all'ordine delle cose. Di fronte ad un evento che esula dai suoi sche- mi egli si trova dibattuto nel dubbio, incapace di propendere per un'opzione piuttosto che per un'altra. Ogni esperienza nuova, infatti, presuppone una trasformazione del rapporto con il mondo e con se stessi, che il typus contempla solo entro i limiti artificiosi e angusti di un circuito chiuso. Qualora si presenti una circostanza non riconducibile ai rapporti consolidati, stenta a ricono-scersi come soggetto intenzionale e si trova dilaniato tra alternative impossibili.
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