domenica 30 settembre 2012

web democrazy? rischio populismo e leaderismo carismatico? accentuazione esasperata dell'identita' soggetto territorio?

Wthink
orso castano : innanzitutto dobbiamo assicurarci che il web sia realmente libero e stabilmente libero prima di poter formulare ipotesi di web democrazy. Diversamente siamo a riflessioni virtuali  e lontane dalla realta'. Comunque sia dobbiamo occupare tutti gli spazi di liberta' che il web offre per esercitare il diritto naturale a poter esprimere le proprie idee ed a documentare quanto accade nei piu' diversi angoli del mondo. Quindi non si deve gettare la spugna , ma bisogna pretendere che organismi internazionali come l'ONU, istituiscano Commissioni che abbiano la possibilita' di controllare e sindacare il rispetto di questi diritti, infine e' indispensabile uno spazio satellitare del web libero da condizionamenti nazionali o altri interessi , praticabile da tutti e garantito da un'autorita' internazionale formata da tutte le nazioni e dai rappresentanti di tutte le ideologie politiche e non . Accadra'? Forse e' un sogno, ma non vogliamo sicuramente che venga a realizzarsi la profezia di  Paul Claudel: «chi cerca di realizzare il paradiso in terra, sta in effetti preparando per gli altri un molto rispettabile inferno»
da 
......................I tempi propongono, sempre più forti, nuove forme di presenza politica e la tecnologia è senza dubbio l’ariete che ha frantumato le forme ordinarie di adesione alla vita pubblica. Dal verticale (i partiti) all’orizzontale (il web 2.0). Alessandro Lanni scrive in “Avanti popoli!”, un interessante saggio sulle nuove forme di partecipazione politica: «i movimenti nati dal basso in questi anni sono tutti web based, hanno tutti la rete come strumento organizzativo e come modello teorico sa cui ispirarsi». È fuor di dubbio che i nuovi media agevolano in maniera sostanziale la raccolta e la sintesi di informazioni per la produzione di opinioni personali su ogni argomento e ne semplificano notevolmente la divulgazione, si pensi a Twitter con le migliaia di pillole di idee, o ai blog che forniscono posizioni sempre più studiate e complesse. Tutto questo senza impedimenti di filtri, ostacoli o barriere di alcun tipo; senza quel passaggio ulteriore, quella delega di rappresentanza che copriva il panorama delle idee, oltre che quello più operativo e conseguente delle politiche pubbliche, e che oggi è largamente considerato obsoleto e superfluo, ma che tutt’ora si celebra ad ogni appuntamento elettorale.
Bene. Sintetizzando: i partiti sono in crisi come strumento di rappresentanza e di mediazione sociale; a questi si preferisce la partecipazione diretta alla vita pubblica, attraverso i nuovi strumenti che lo sviluppo tecnologico quotidianamente aggiorna e sostituisce, evitando, se possibile, qualsiasi tipo di delega. Occorre procedere ancora una volta ricorrendo all’utilizzo di alcune domande per capire dove siamo diretti: cosa producono le decine di migliaia di utenti che ogni giorno affollano la rete? Idee, concetti, critiche, proposte.Cosa desiderano queste persone? La realizzazione di tutto quanto si propone, evidentemente. Come? Questa è la domanda più difficile da incardinare nel ragionamento ed è forse il punto in cui crolla l’impalcatura teorica sulla quale poggia la cosiddetta web democracy...............Brutalmente: ciascun paese democratico ha un importante profilo pubblico, probabilmente da snellire il più possibile, ma che ha facoltà di scegliere per il bene dei cittadini. Queste scelte avvengono nelle Istituzioni. Sempre Lanni scrive: «il legame sotterraneo che attraversa tutti i popoli che incontriamo – da quello viola, a quello di Facebook, a quello dei blog – è appunto il desiderio di scavalcare quello che sta in mezzo, il parlamento o il sindacato, il partito o il giornale vecchio stile». L’obiettivo è dunque comune: “disintermediare”.
A questo punto è possibile trarre una conclusione che è la sostanza di tutto quanto si scrive: è assolutamente possibile fare a meno di corpi intermedi per rappresentare le proprie idee; è verosimilmente impossibile farne a meno per realizzare queste idee. Diciamo pure che è insufficiente costruire un popolo di opinioni, bisogna piuttosto far si che questo popolo di opinioni sia in grado di avere una efficacia politica. Se si ritiene che a questo scopo i partiti, i sindacati o i giornali non siano più funzionali, è necessario individuare altri generi di “organi di mediazione”, senza correre il rischio, però, di lasciare la casella intermedia scoperta. Il rischio più immediato e più noto è il populismo, è questa una strada battuta più e più volte nella storia; il rischio seguente è il leaderismo carismatico, che abbiamo conosciuto di recente, e che abbatte la vecchia triangolazione democratica (cittadini-partiti-governo) a favore di una relazione a due (popolo-leader) che è embrione della personalizzazione delle scelte e nasconde il gene pericoloso della dittatura.

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