mercoledì 15 luglio 2009

ETA’ PENSIONABILE DELLE DONNE E RICONOSCIMENTO DEL LAVORO DI CURA

dal sito ACTA

LA NOSTRA PROPOSTA (a cura di Marina Piazza, Anna M. Ponzellini, Anna Soru) L’età pensionabile in Italia La proposta del Governo di equiparazione dell’età minima della pensione di vecchiaia delle donne, a fronte della sentenza della Corte di Giustizia europea nei confronti della normativa italiana del pubblico impiego, è inaccettabile se non si accompagna a una sostanziale riforma del welfare che tenga conto del lavoro di cura. La possibilità di anticipazione infatti costituisce attualmente proprio una sorta di “risarcimento”, per quanto generico e generalizzato, del ruolo di cura ricoperto dalle donne nella società. Ma difendere la situazione attuale – come molti in entrambi gli schieramenti politici stanno facendo - sembra piuttosto un alibi per lasciare le cose come stanno: lavorare con pochissimi aiuti fintanto che si hanno i bambini piccoli e smettere di lavorare abbastanza presto per potersi occupare degli anziani o per fare le nonne, surrogando le notevoli carenze dei nostri servizi all’infanzia e non solo. La nostra proposta si basa sul concetto dell’indispensabilità del riconoscimento della cura, considerata un’attività umana irrinunciabile e base di una etica della cittadinanza. L’essenzialità della cura, il suo valore irrinunciabile si devono trasformare in politiche, devono entrare nella polis, ridisegnando una nuova mappa del welfare. Scambiare l’innalzamento dell’età pensionabile con un nuovo welfare per la cura La nostra proposta si inserisce in un percorso di riforma che vede: - da un lato, lo spostamento graduale di un paio d’anni dell’età minima per il pensionamento femminile, all’interno di una manovra di reintroduzione del pensionamento flessibile per tutti1; - dall’altro, il riequilibrio del sistema di welfare tra produzione e riproduzione, che stabilisca cioè che i diritti sociali possano derivare oltre che dal lavoro retribuito anche dal lavoro di cura. L’innalzamento progressivo di due anni è opportuno, oltre che perché probabilmente non ci sono alternative alle pressioni che ci vengono dall’Europa2, anche perché, senza negare il beneficio di una più bassa età di pensionamento, bisogna considerare che già ora in molti casi – e in tutti, dal momento in cui entrerà in vigore il regime contributivo totale – il pensionamento a 60 anni è svantaggioso perché significa di doversi accontentare di importi più bassi. A maggior ragione se sicalcola che le donne hanno spesso alle spalle percorsi lavorativi più discontinui di quelli dei maschi, proprio per il loro impegno nel lavoro di cura, in particolare per la maternità. Il pensionamento flessibile per tutti era già previsto nella legge 335 del 1995 (riforma Dini), in una parte che in seguito è stata stralciata dalla riforma Maroni, e consente la scelta di uscita all’interno di un range di età, naturalmente con opportuni incentivi di posticipo. Il riconoscimento del lavoro di cura e quindi della figura del “caregiver universale” (senza distinzione tra donne e uomini) deve avere insieme un valore “simbolico” (rendere finalmente visibile il lavoro di cura e il suo valore per la società) e un valore “monetario” (stabilire una remunerazione, se non diretta almeno in termini di crediti ai fini previdenziali per le attività di cura): in questo modo si sposta, almeno parzialmente, l’asse del sistema di cittadinanza e di welfare dal lavoro al sociale.6 I nostri tre punti In sostanza cosa chiedere in cambio? Naturalmente supporti per i caregivers. Ma non generici, né troppo complicati. I criteri fondamentali con cui ci muoviamo sono: - riconoscere e remunerare (direttamente e/o indirettamente) il lavoro di cura - non fare distinzioni tra caregivers maschi e femmine (tranne naturalmente per la maternità) - favorire la condivisione della cura tra genitori - favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e scoraggiarne l’abbandono - sostenere la maternità e la paternità dei giovani, rendendo più facile la scelta i fare figli (anche nel precariato e nella disoccupazione) contro all’attuale tendenza delle giovani coppie a rimandare - allargare le possibilità di scelta nelle opzioni di cura (diretta, servizi pubblici, mercato) per genitori e caregivers - percorrere strade sostenibili per la finanza pubblica Le leve utilizzate per dare supporto al lavoro familiare dagli altri sistemi previdenziali e fiscali europei (e non) sono molteplici. La nostra proposta vuole prendere in considerazione solo 3 punti principali:.........................................

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orso castano : il documento  e'  interessante , anche se non mancano altri testi , a livello nazionale,  che prendono in considerazione , come un vero e proprio lavoro, la cura degli anziani o dei minori. E' importante che un'associazione come quella dei Consulenti del Terziario avanzato, in un momento di crisi economica pesante , con forte calo del PIL, come accade oggi, consideri il riconoscimento del caregiver in famiglia, come un lavoro a tutti gli effetti , e ne promuova il riconoscimento all'interno del nuovo welfare , motivandolo , tra l'altro, come strumento per favorire la stabilizzazione, se non l'aumento,  delle nascite......

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