sabato 4 agosto 2012


orso castano: Non capiamo molto di economia , ma siamo con Draghi, i suoi interventi ci sembrano azzeccati e contrastano la volonta' di stapotere, di "supremazia, della Gwermania che non vorremmo ci porti indietro a ricordi drammatici. La volonta' di potenza , se ci e' consentito, sta dentro i geni culturali di quella nazione che pure ha una grande civilta', ma che non puo' e non deve dare lezioni di democrazia a nessuno ne' tantomeno dettare legge attraverso la speculazione finanziaria dietro cui sta nascondendo le sue mire egemoniche sull'Europa. La Germania ha scatenato due guerre mondiali che tanti lutti e dolori hanno arrecato al m0ndo. Questa guerra finanziaria rischia di travolgere le altre economie europee con esiti drammatici.BANDIERA EUROPA

La Bundesbank contro Draghi. Oggi resa dei conti all’Eurotower


È guerra aperta. Qualcosa che non si era mai vista, almeno in Germania. La Bundesbank si ribella e alza le barricate, dietro le quali si va agitando in queste ore una quota consistente (e in crescita) dello schieramento che, in teoria, dovrebbe sostenere Angela Merkel e il suo governo.
Jens Weidmann, il potente capo della potentissima BuBa, spara i suoi ultimatum al ritmo di un paio al giorno: la Bce non si azzardi a fare quello che Mario Draghi vuole che faccia, cioè comprare titoli sul mercato secondario – quello dei bond già emessi, per capirci – in modo da alleggerire le pressioni sui Bonos spagnoli e i Bpt italiani. E il governo di Berlino non accetti supinamente «lo stravolgimento della logica e dei compiti della Banca centrale europea».
La cancelliera, dal suo albergo della Val di Solda (in Italia, guarda un po’) per ora non risponde al fuoco. Passeggia, guarda i ghiacci dell’Ortles, si riposa dalle straordinarie fatiche dei mesi scorsi. Il suo ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, sulle spiagge fredde dell’isola di Sylt fa altrettanto. Ha interrotto la sua vacanza solo per farsi dire dal Segretario al Tesoro Usa Tim Geithner che anche a Washington ritengono che l’unica speranza di uscire dalla crisi dell’euro sia che la Bce faccia come la Federal Reserve, intervenga sul mercato e, se necessario, dia fondo a quell’8 per cento della massa degli euro che almeno in teoria può stampare in proprio. Per ieri sera erano attese le decisioni della Fed sui tassi americani e sugli sviluppi della politica monetaria, e anche se i tassi sono stati lasciati invariati tra lo zero e 0,25 per cento fino a tutto il 2014, questa e ogni altra decisione che presa negli States avranno certamente un peso sulla riunione di oggi del direttorio di Francoforte.

Che cosa accadrà oggi e nei prossimi giorni? La risposta, prima ancora che alle turbolenze della politica tedesca, è appesa agli equilibri interni degli organismi direttivi dell’Eurotower. Tra i sei membri del Comitato esecutivo c’è un tedesco, Jörg Asmussen, ma è lecito ritenere che la pensi più come Draghi che come Weidmann. Nel settembre scorso, il tecnico di provenienza socialdemocratica prese il posto del capo-economista del board, Jürgen Stark, che se ne era andato sbattendo la porta proprio perché non era d’accordo con i primi interventi dell’Istituto sul mercato dei titoli. E continua a non essere d’accordo, tant’è che minaccia di denunciare alla Corte di Giustizia Ue «l’italiano» e tutto il Comitato.
C’è poi il Consiglio e qui possono nascere guai, perché ne fanno parte tutti e 17 i governatori e presidenti delle banche nazionali dell’area euro. Non solo Weidmann, dunque, ma anche gli altri banchieri centrali che la pensano come lui, ovvero, in estrema sintesi, che la Bce deve dedicarsi solo al compito che la determinazione di Berlino a suo tempo impose per accettare la creazione di un istituto comune europeo: la stabilità monetaria, proprio come la Banca centrale tedesca che le fece da modello come cane da guardia dell’inflazione. Weidmann va anche un po’ oltre: rivendicando la circostanza che la Bundesbank con il suo 18,9% è il maggiore sottoscrittore del capitale dell’Eurotower sostiene che il parere del rappresentante della BuBa, cioè lui stesso, conta più degli altri.
Un modo di argomentare più sciocco che arrogante, giacché sarebbe facile obiettare che se si dovessero fare i conti così, allora sarebbero la Banque de France (14,22 %), la Banca d’Italia (12,49) e il Banco de España (8,3), cioè gli istituti dei Paesi che appoggiano la linea Draghi, ad avere insieme la maggioranza e quindi a pesare di più.
Si vedrà se oggi, nella riunione del direttorio a Francoforte, Weidmann insisterà perché si faccia la conta. Potrebbe anche andargli male, ma è opinione diffusa che la guerriglia anti-Draghi possa avere comunque l’effetto di ritardare di qualche settimana, forse quattro o cinque, la manovra sui titoli. E questa, mentre comincia un mese di agosto notoriamente propizio alle speculazioni, non è certo una bella prospettiva.
Lo scontro non è solo tra Weidmann, con i suoi padrini politici, e la cancelliera. Anche nel fronte pro-Draghi resta da risolvere il contrasto tra chi pensa ad interventi d’emergenza e chi ritiene che si dovrebbe istituzionalizzare la pratica degli interventi sul mercato dando la licenza bancaria al futuro fondo Esm, in modo che esso possa rifornirsi dalla Bce in misura praticamente illimitata. A questo sviluppo non sono pronti né Frau Merkel né il suo ministro delle Finanze, anche se il loro no è in una certa contraddizione con il via libero dato alla Banca europea, la quale – lo sanno anche a Berlino – non potrà certo manovrare “in proprio” troppo a lungo.
C’è poi il capitolo, apertissimo, degli effetti politici che la “guerra dell’Eurotower” avrà a Berlino e dintorni. La cancelliera continua a perdere a destra pezzi importanti del suo schieramento, rafforzando l’idea che non ci sarà, alla fine, altra strada che la formazione di una grosse Koalition con i socialdemocratici. I quali porranno condizioni di cui il presidente della Spd, Sigmar Gabriel, ha anticipato lo spirito richiamando la necessità che si adottino finalmente quelle misure di regolamentazione dei mercati che finora sono rimaste sulla carta. A cominciare dalla tassa sulle transazioni finanziarie.

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