di Antonio Tripodi Sesso e disabilità fanno coppia sul grande schermo più spesso di quanto si pensi. E sono anche gli argomenti trattati in una recente discussa pubblicazione. Sesso e disabilità: due tematiche diverse che però sono spesso sottoposte a un approccio analogo. Di sesso si parla molto, ma spesso in maniera distorta e riservando l’attenzione al mero aspetto di soddisfazione fisica. Fa parte, però, di quei temi che è preferibile evitare come argomento di discussione negli ambienti “buoni”. Un tema, insomma, di dubbio gusto e parecchio imbarazzante, su cui le regole del moderno galateo impongono che venga calata la cortina del silenzio. Meglio non parlarne… Lo stesso meccanismo si ripete con la disabilità. Per quanto la tematica assuma, ovviamente, contenuti molto diversi, allo stesso modo, però, crea imbarazzo e fastidio. In entrambe prevale l’aspetto “vergognoso” che è meglio ignorare e ipocritamente nascondere. Figuriamoci allora quando si vuole parlare di sesso collegato ai problemi della disabilità! Per quanto da tanti anni si lotti nel modificare la percezione negativa che la società ha del disabile e della disabilità, c’è da dire che pregiudizi incancrenitisi nei secoli sono difficili da sradicare. La società continua ancora a identificare la disabilità con la malattia, il disabile come persona “non sana”. L’idea di persone “malate” che si dedichino ad attività riservate ai “sani” crea fastidio e imbarazzo. La società consumistica, da parte sua, impone come immagine standardizzata i corpi di giovani atletici che si uniscono in un rapporto sessuale soddisfacente e spettacolare. La disabilità è distante da questo immaginario. L’immagine di una persona costretta in carrozzina che ha un rapporto sessuale magari con un altro disabile è quanto di più lontano ci possa essere da tali stereotipi di perfezione e salute. È forse per questo che nei convegni illuminati relatori urlano: “Anche i disabili hanno diritto alla loro sessualità!”. Con questa magica frase ritengono di avere spalancato delle porte. Pensano di avere autorizzato attività altrimenti impraticabili. Ma le persone con disabilità non hanno bisogno di questa illuminata autorizzazione. Accesso al sesso È quello che ci racconta Bruno Tescari nel suo libro (Accesso al sesso – Il kamasabile, Tivoli 2007) in 230 pagine, tramite 23 interviste a disabili fisici e a genitori di disabili psichici. È bene dire che in questo libro non si parla di sessualità come ampia sfera che coinvolge anche l’emotività e gli affetti, ma semplicemente di sesso realmente praticato. Questo è il limite, ma anche la provocazione di questo libro. Il sesso come piacere ma pure come problema pratico da risolvere, esigenza fisica da soddisfare. La prima parte del libro, in particolare, è un kamasutra riferito alle persone disabili. Si potrebbe definire “come lo fanno i disabili”. Ad accreditare questa affermazione concorrono le 23 illustrazioni di Anna Benedetti che dipingono un piccolo kamasutra della disabilità. Nella seconda parte, in cui sono riportate le interviste ai genitori di disabili psichici, emergono gli aspetti più drammatici e inquietanti: padri che offrono prostitute ai figli per soddisfarne le esigenze, ma anche madri pronte a pagare uomini disposti a fare sesso con la figlia e addirittura madri che hanno rapporti sessuali con i propri figli, dal momento che non trovano neppure le prostitute disponibili a farlo.
Profumo di donna Tali tematiche, il sesso e l’amore vissuti e sofferti da persone con gravi disabilità fisiche o psichiche, sono state affrontate in parecchie rappresentazioni cinematografiche. Sicuramente Profumo di donna (Italia 1974, di Dino Risi, con Vittorio Gassman) è l’opera ancora oggi più conosciuta nell’ambito del cinema italiano. Un film divertente e malinconico che affronta temi impegnativi con la scanzonata lievità della commedia all’italiana. Il film parla del disperato viaggio da Torino a Napoli di Fausto, capitano dell’esercito, cieco, e del suo cadetto (soprannominato da Fausto “Ciccio”). Ma soprattutto si sofferma sulla crudele storia d’amore del capitano con la bella e giovane Sara. Il film ha anche un remake con Scent of a Woman (USA 1992, di Martin Brest, con Al Pacino). Un film interessante, con una interpretazione forse eccessiva di Al Pacino, ma che commette il grave errore di dimenticarsi del tutto del tema che aveva dato significato e valore all’opera di Risi: la storia tra il capitano Fausto e Sara.
Le altre pellicole Figli di un Dio minore (Children of a Lesser God, USA 1986, di Randa Haines, con William Hurt e Marlee Matlin) invece è l’opera più conosciuta a livello internazionale che tratti di queste tematiche. Esemplificativa è la ripresa del lungo amplesso tra i due protagonisti, la sorda Sarah Norman e il professore James Leeds. Un risvolto, quello della sessualità al femminile tutt’altro che sondato e approfondito ogniqualvolta si affrontino questi temi. Anche L’ottavo giorno (Le huitième jour, Belgio-Francia 1996, di Jaco Van Dormael, con Daniel Auteuil e Pascal Duquenne) affronta il tema della difficoltà del protagonista down di avere un rapporto affettivo e sessuale “normale” con una ragazza. Purtroppo affronta l’argomento con il sentimentalismo e la gravità emotiva che è una costante di tutto il film. Molto meglio invece Piovono mucche (Italia 2003, di Luca Vendruscolo) che parla di come un gruppo di volontari che lavora con persone disabili si preoccupi di assecondare anche le loro esigenze sessuali. Per quanto riguarda invece la disabilità psichica è di grande interesse l’episodio “Il miracolo” – su soggetto di Federico Fellini e con Fellini stesso protagonista – del film L’amore (Italia 1948, di Roberto Rossellini). La protagonista (Anna Magnani), una disabile psichica, fa l’amore con un vagabondo (Federico Fellini) che scambia per San Giuseppe. Quando rimarrà incinta riterrà di avere in grembo il nuovo Salvatore. L’opera, di struggente bellezza, mette a fuoco la sofferenza e il disagio di una umanità marginale ed emarginata, utilizzando tocchi che vanno dal neorealismo, alla commedia, al misticismo laico pasoliniano. Da citare infine La ragazza di Trieste (Italia 1982, di Pasquale Festa Campanile, con Ornella Muti e Ben Gazzara) che tenta di spiegare, con riferimenti al lavoro di Basaglia, il tormentato amore fra una ragazza con problemi psichiatrici e un disegnatore di fumetti.
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