lunedì 20 aprile 2009
Oltre lo scientismo laicista
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Gualberto Gismondi, XXI Secolo. Scienze, potenzialità, limiti
Cap 3°. Oltre lo scientismo laicista
1. I mutati paradigmi scientifici e culturali
Nei due precedenti capitoli abbiamo rilevato che attività e conoscenze scientifiche non postulano né producono a nessun titolo: ateismo, non credenza, negazioni di Dio, rifiuto di religione e fede ecc.
È anche emerso che le incomprensioni e i presunti conflitti fra fede e scienza derivarono dalle circostanze storiche e dai contesti culturali nei quali le scienze moderne si svilupparono, da opinioni personali, appartenenze ideologiche ecc.
Quelle variegate situazioni spiegano la compresenza, anche nel laicismo attuale, di posizioni alquanto contraddittorie, da quelle più chiuse, obsolete e restrittive, a quelle più aperte ai risultati nuovi e contemporanei.
Dopo gli aspetti generali esaminati nei precedenti capitoli, in questo capitolo dovremo considerarne alcuni più specifici, ossia alcuni criteri di rilettura e d'interpretazione delle nuove acquisizioni scientifiche.
Anzitutto dovremo esaminare le ragioni che tuttora impediscono al pensiero laicista, di liberarsi dai suoi equivoci, errori e confusioni scientiste, dai condizionamenti storici e dalle incongruenze epistemologiche messi in luce dalla riflessione sulle scienze, approfondita nel XX secolo.
Ad esempio, i risultati attuali della ricerca storica e della critica epistemologica non consentono più di considerare le asserzioni scientifiche come verità certe e indiscutibili. Ormai è stato accertato che: esse sono ipotesi parziali, provvisorie, sempre dimostrabili false (principio di falsificazione), mai dimostrabili definitivamente vere (principio di verificazione), quindi sempre rivedibili e riformabili (K. Popper).
Ciò significa che il sapere scientifico non consente un accumulo omogeneo e organico, poiché è discontinuo e soggetto a continue e profonde revisioni (T.S. Kuhn). Ciò non sminuisce affatto la grandezza della scienza, perché indica che i risultati più importanti della ricerca non risiedono nelle acquisizioni sempre riformabili (staticismo tecnoscientifico), ma nei problemi sempre nuovi, inesauribili, riproposti in continuazione (dinamismo tecnoscientifico).
L’incessante necessità di modificare le conoscenze acquisite in precedenza conferisce all'impegno tecnoscientifico il suo elevato potere di problematizzazione. E' esattamente questo l’elemento culturale e umanistico fondamentale della scienza.
E' questo l'aspetto che la riflessione e il dialogo di tutti i saperi (epistemologia, filosofia, etica, teologia ecc.) dovrà valorizzare sistematicamente, perché l'insostituibile dignità e grandezza dell'impegno tecnoscientifico si manifesti e dia i suoi frutti umanizzanti. (Continua)
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