giovedì 30 aprile 2009

da La Stampa del 30/4/09  a cura di MARCO CASTELNUOVO Cos'è il federalismo fiscale? Il federalismo fiscale è regolato dall'articolo 119 della Costituzione. Si prevede che una legge detti «i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» nel nuovo assetto federale previsto dal titolo V della stessa Costituzione. Il fisco diventa a più livelli, ognuno con propria autonomia, anche se nel rispetto dei principi di capacità contributiva e di progressività. Si può dire che l'Italia diventa un Paese federale come la Spagna o gli Usa? No, il federalismo varato in Italia è solo di tipo fiscale. Certo, nei progetti della Lega è un primo passo verso un federalismo più compiuto, anche istituzionale, con la trasformazione del Senato in un'«Assemblea delle regioni» come nei paesi federalisti. È vero però che in tutti gli stati federali oggi esistenti nel mondo, ogni regione (o Stato o cantone) ha autonomia e capacità impositiva. Questo, in sostanza, è fondamentale affinchè ciascun territorio dia risposte alle esigenze che giungono dalla propria cittadinanza. Perché si Introduce una misura del genere? È ormai comune l'idea che solo riallineando entrate e uscite è possibile responsabilizzare Regioni ed enti locali. Già è stato fatto molto in questa di-rezione. Si pensi che nel 1990 Regioni ed enti locali gestivano circa il 30% della spesa pubblica ma soltanto l'8% delle entrate tributarie totali. Da allora la quota della spesa è rimasta invariata (ha sempre oscillato tra il 30% e il 32%), ma la quota delle entrate tributarie si è quasi triplicata, superando la soglia del 20% nel 2000 e attestandosi poi negli anni più recenti intorno al 21-22%. Quando entra in vigore la riforma? I più ottimisti dicono tra cinque anni, i pessimisti tra sette. Non si andrà comunque oltre il 2016.1 tempi sono già contingentati: entro l'anno prossimo vi sarà il primo decreto attuativo che conterrà una relazione tecnica con i costi della riforma. Entro il 2011 saranno varati tutti i decreti attuativi che verranno sottoposti a una commissione parlamentare bicamerale. Dopodiché ci sarà una fase provvisoria lunga cinque anni. A sovrintende-re su tutto il processo sarà una Commissione paritetica che dovrà studiare i numeri e affiancare il governo nella scrittura dei decreti. Quanto ci costerà? Non è dato sapere. È questo uno dei punti più controversi del progetto. Sui costi di transizione al nuovo assetto fiscale decentrato sono state indi- cate cifre diverse (dai 70 ai 100 miliardi) spalmate negli anni di transizione, che come detto durerà cinque anni. Ma pagheremo meno tasse? È quello che ci auguriamo tutti ovviamente, ma non sappiamo se sarà così, soprattutto all'inizio. C'è però una clausola di salvaguardia la quale esclude che, a regime, si possano pagare più tasse di quante se ne paghino ora. Sulla carta, il federalismo fiscale ha il merito di garantire più trasparenza e più possibilità di controllo da parte dei cittadini. Quindi meno sprechi. Le regioni del Sud saranno svantaggiate? No. Però alcune di esse dovranno combattere maggiormente l'inefficienza. Infatti, con l'approvazione del Ddl, i Livelli essenziali di prestazioni per sanità, assistenza e istruzione verranno calcolati secondo un fabbisogno o costo standard superando il criterio attuale della spesa storica. Ci sarà poi un fondo di perequazione che servirà per sostenere le Regioni con minor capacità fiscale per abitanti. Queste potranno accedere a questo fondo «di solidarietà» alimentato dalle regioni più ricche. Ci sarà un fondo perequativo anche per comuni e province. Si parla di passaggio da costo storico a costo standard. Che significa? Oggi i trasferimenti statali alle Regioni per finanziare le funzioni essenziali (sanità, istruzione e assistenza) avvengono sulla base della spesa storica. E un meccanismo perverso che premia con maggiori risorse gli enti che spendono di più. D'ora in poi, per ogni servizio erogato dagli enti territoriali, si individuerà un costo standard, cui tutti dovranno uniformarsi. Ma le Regioni come si finanzieranno? E che poteri avranno? Per finanziare l'erogazione dei servizi, le autonomie locali potranno contare sul fondo perequativo, sulla compartecipazione a tributi erariali e su tributi propri, superando il meccanismo dei trasferimenti. Le funzioni fondamentali delle Regioni sono l'assistenza e la sanità, alle quali si aggiunge la quota di spese amministrative dell'istruzione. Le «uscite» delle regioni possono essere coperte con diversi strumenti: tributi propri derivati, istituiti con legge statale; addi- zionale regionale Irpef; compartecipazione all'Iva; quote di fondo perequativo; Irap, ma questa imposta solo in via transitoria in vista di un superamento. E i comuni come si finanzieranno? Le spese essenziali dei Comuni (territorio e ambiente, istruzione con gli asili nido o l'edilizia scolastica, viabilità, settore sociale...) vengono finanziate con le imposte immobiliari, un mix di compartecipazione a Iva e Irpef e fondo di perequazione. Per le altre ci sono tributi propri e compartecipazione a tributi regionali. Le città metropolitane sostituiscono le province? Sì, ma solo dove sono previste le città metropolitane, cioè Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria e Roma capitale, che avrà nuove funzioni e un patrimonio proporzionale. Sul resto del territorio le province continueranno ad esistere. Ma una persona residente al Sud, potrà ancora farsi operare al Nord? Certo, nulla cambierà dal punto di vista della sanità, se non nella gestione amministrativa del settore. Con il federalismo fiscale aumenterà la sicurezza? I due argomenti non sono strettamente collegati. Le Regioni non potranno introdurre forze di polizia locali. Ogni Regione avrà il suo programma scolastico? No, per quanto riguarda l'istruzione, le Regioni avranno autonomia solo sulle spese amministrative, ,non sui contenuti. E il trasporto pubblico sarà organizzato diversamente? Sarà definito su base nazionale un livello di servizio minimo per il trasporto pubblico locale che non è però tra le funzioni essenziali. Si combatterà meglio l'evasione fiscale? Sì. Anche perché sono previsti premi per le Regioni e gli enti locali che abbiano ottenuto risultati positivi in termini di maggior gettito sul fronte del contrasto all'evasione e all'elusione fiscale. Inoltre sono previsti premi alle amministrazioni che incentivano l'occupazione e l'imprenditorialità femminile. Cosa cambia per le Regioni a statuto speciale? Praticamente nulla. Resteranno in vigore e concorreranno agli obiettivi di perequazione e solidarietà secondo criteri e modalità da definire.

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