venerdì 18 maggio 2012

colesterolo buono : utile?


Dubbi su colesterolo buono, aumentarlo non salva da infarto
Milano, 17 mag. (Adnkronos Salute) - Il colesterolo Hdl, alias colesterolo 'buono', è un amico del cuore. Eppure, alzare i suoi livelli nel sangue non serve a evitare l'infarto. "Forse, quindi, non vale la pena di sviluppare farmaci per cercare di aumentarlo". Parola del noto ematologo Pier Mannuccio Mannucci, direttore scientifico della Fondazione Policlinico di Milano, tra gli autori di uno studio internazionale pubblicato su 'Lancet'. I dati della ricerca "mettono a dura prova un dogma - spiega Mannucci - e cioè che alti livelli di colesterolo buono Hdl proteggano dai rischi dell'infarto. Questa scoperta conferma anche ciò che si è visto con altri studi, dove si sperimentavano farmaci capaci di aumentare i livelli di colesterolo Hdl, ma che non diminuivano affatto il rischio di infarti"......................Mannucci tiene a precisare che "nessuno mette in dubbio che il colesterolo totale, ovvero la somma del colesterolo 'buono' e di quello 'cattivo', sia strettamente legato al rischio cardiovascolare. Ed è anche confermato - aggiunge - che alti livelli di colesterolo cattivo mettono a rischio il cuore. Quello che ha evidenziato questo nuovo studio, invece, è che aumentare il colesterolo buono è inutile: aumentarlo non dà alcun beneficio in termini di rischio, ed è quindi inutile darsi la pena di sviluppare farmaci per cercare di aumentarlo".In conclusione, la ricerca "mette in discussione il legame causale tra colesterolo buono e infarti, ma non smentisce che l'Hdl sia comunque un fattore protettivo", puntualizzano ancora gli esperti."In ogni caso - conclude il direttore scientifico del Policlinico - non c'è solo il colesterolo a mettere in pericolo il cuore, ma una serie di fattori di rischio, come ad esempio il fumo di sigaretta. Tanto è vero che chi ha il colesterolo basso può comunque sviluppare un infarto, mentre ci sono persone che, nonostante abbiano valori 'alle stelle', sono al riparo da attacchi di cuore".Al lavoro, guidato da Benjamin Voight del Dipartimento di genetica all'università della Pennsylvania, e da Gina Peloso del Dipartimento di biostatistica alla Boston University School of Public Health, hanno contribuito oltre all'Irccs milanese anche Diego Ardissino dell'azienda ospedaliero-universitaria di Parma, e Domenico Girelli dell'università di Verona.

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