domenica 1 luglio 2012

stress psicosociale , DSM4 , asse 4, buon welfare = antistress


MANIFESTO PER UN NUOVO WELFARE
PREMESSA : NUOVE SFIDE SOCIALI PER L’EUROPA E PER L’ITALIA
I sistemi di welfare costruiti nel ventennio successivo alla seconda guerra mondiale hanno
cambiato profondamente l’assetto sociale dei paesi a economia avanzata, affermando diritti di
cittadinanza sociale che hanno elevato la qualità della vita dei cittadini e che costituiscono ormai
un tratto caratterizzante i “punti alti” dello sviluppo capitalistico.
Il passaggio storico con cui i paesi industrializzati si misurano oggi è quello di una riforma del
sistema di welfare che ne potenzi la capacità di assicurare a tutti le più ampie condizioni al fine del
perseguimento dei propri piani di vita, nella consapevolezza che vi è un nesso inscindibile tra diritti
individuali, diritti del lavoro, diritti sociali. L’approccio dello  “sviluppo umano” è alla base  di
questa complessiva scommessa.  Esso dà valore tanto alla libertà quanto all’eguaglianza quanto
alla fraternità. Perché  sviluppa un’idea di  libertà sia  come attributo individuale  che come 
“impegno sociale”, un’idea di  eguaglianza come eguaglianza delle  “capacità” fondamentali, 
un’idea di solidarietà non come carità ma come responsabilità di tutti gli uomini e le donne gli uni 
per gli altri e verso la società: un nuovo umanesimo che  concepisce le libertà – oltre che come 
libertà di scegliere panieri di beni  – come “capacità concrete”, che hanno bisogno quindi di un 
welfare  che promuova l’uguaglianza delle opportunità tra i cittadini e la loro capacità di 
autodeterminazione.
Al centro del nuovo welfare vi è la persona come soggetto di diritti e di doveri, ossia come 
cittadino inserito in una rete di relazioni sociali e di responsabilità individuali e collettive. Il ruolo delle politiche pubbliche è essenziale nel disegnare le regole e governare l’allocazione delle risorse in modo da sostenere lo sviluppo dell’insieme di servizi e prestazioni di  welfare  che assicurano uguaglianza delle opportunità e promuovono le  capacità, e dunque le libertà,  dei cittadini. 
L’interazione positiva tra politiche pubbliche e iniziative che sorgono dalla società civile – relazioni di comunità, terzo settore - è parimenti essenziale per valorizzare le energie presenti nel tessuto sociale e moltiplicare le forme in cui i cittadini realizzano i propri piani di vita nel quadro di responsabilità collettivamente condivise. Ed è infine essenziale la capacità delle politiche 
pubbliche di sostenere e regolare lo sviluppo di mercati dei servizi di qualità sociale che sfruttino 

nell’interesse dei cittadini l’apporto di capacità imprenditoriali diffuse, a cominciare dal terzo 
settore. 
La tesi che, nell’attuale contesto internazionale segnato dalla globalizzazione e dall’affacciarsi 
di  nuovi paesi sulla scena del commercio mondiale, il welfare – per il connesso carico fiscale e 
normativo – sia di impaccio ai paesi avanzati nel confronto competitivo  e che quindi esso debba 
essere drasticamente ridimensionato, rappresenta un punto di vista regressivo e a
ntistorico. 

Invece di valorizzare le potenzialità proprie di economie altamente sviluppate che, a differenza dei 
paesi emergenti, non affrontano il problema dell’uscita dal sottosviluppo ma quello dei fini stessi 
dello sviluppo,  una simile “saggezza convenzionale” fornisce la prospettiva ben poco saggia di 
cercare di mantenersi “in corsa” tramite un pesante arretramento sociale.

In realtà, gli istituti della cittadinanza sociale elevano la produttività sistemica di un paese. 
Diverse sono le vie. Da quella di offrire sicurezze, sganciando la titolarità dei diritti da 
appartenenze lavorative che, nel mondo contemporaneo, rischiano di rivelarsi sempre più 
instabili, a quella di offrire opportunità assicurative che il mercato, da solo, non è in grado di 
fornire o fornisce a costi più elevati (come nel caso della sanità). Da quella di dare a chi oggi, 
oberato dalle responsabilità di cura, è escluso dal mercato del lavoro la possibilità stessa di offrire 
lavoro, a quella di promuovere la formazione e l’accrescimento del capitale umano,fattore chiave 
per la crescita delle economie avanzate, al fine di collocare il paese nei segmenti qualificati della 
divisione internazionale del lavoro.

Il che non significa che la capacità di crescita economica non vada sviluppata e guidata anche 
per altre vie. Non si può, ad esempio, accettare lo scaricamento sul  welfare  dei costi di un 
allargamento sregolato delle disuguglianze primarie. Né si può pensare di crescere senza misure di 
politica industriale, di sviluppo delle infrastrutture e di semplificazione amministrativa. Ciò 
nondimeno, il welfare, oltre a non interfire con la crescita, può favorirla.
Detto in termini ancora diversi, la “saggezza convenzionale”  non tiene conto degli effetti 
positivi dei sistemi di  welfare sull’efficienza economica e in particolare sul fattore chiave della 
crescita delle economie avanzate, il capitale umano: le imperfezioni dei mercati finanziari e 
assicurativi implicano che il sistema di sicurezza sociale  – previdenza e ammortizzatori sociali  -
gioca un ruolo essenziale nel sostenere l’investimento in capitale umano da parte dei cittadini; il 
sistema scolastico e quello sanitario giocano un ruolo analogo nel formare e mantenere capitale 
umano; i servizi di assistenza all’infanzia e agli anziani garantiscono sicurezza alla famiglia e 
liberano risorse lavorative.  Non a caso, guardando all’incidenza della spesa sociale sul Pil, si 
osserva che è sostanzialmente simile tra i diversi paesi europei e poco diversa da quella negli Stati 
Uniti quando nel calcolo si consideri il valore al netto delle imposte dei trasferimenti sociali  –
pensioni, sussidi di disoccupazione, sostegni ai redditi familiari – e si tenga conto dei trasferimenti 
impliciti effettuati attraverso sgravi fiscali.

La visione che ispira il nostro Manifesto è dunque radicalmente diversa da quella sottesa al 
Libro Bianco sul futuro del modello sociale presentato un anno e mezzo fa dal Ministro del lavoro e 
delle politiche sociali. Al centro del Libro Bianco sta la contrapposizione tra il paternalismo 
oppressivo dello Stato, visto come monopolista di prestazioni sociali incapace di fornire incentivi 
all’efficienza e all’innovazione, e le energie positive del mondo delle associazioni e del terzo 
settore, dove possono esprimersi i valori della persona, della famiglia come “relazione sorgiva del 
sociale”, della comunità quale “ambito di relazioni solidali”. Questa dicotomia manichea finisce in 
realtà per fornire copertura ideologica a una ritirata dello Stato dal suo ruolo di garante di diritti e di regole uguali per tutti, lasciando il campo libero a un  welfare differenziato in funzione delle 
appartenenze a categorie più o meno forti e ad ambiti culturali o religiosi più o meno attrezzati. 
Non a caso, è proprio il Libro Bianco a ricadere nel più stantio dei paternalismi laddove, in nome 
della propria visione di “vita buona”, deplora “coloro che sembrano aver smarrito il senso stesso 
della vita”, o che non si riconoscono nella famiglia come “società naturale fondata sul 
matrimonio”, o che considerano “la scelta del paziente” come “un diritto esigibile”. E non a caso il Libro Bianco non trova mai modo di nominare la parola “cittadino”, ossia la persona in quanto 
soggetto di diritti e di doveri.
E’ invece proprio la persona come “cittadino” che sta al centro del nostro Manifesto per un nuovo welfare, i cui obiettivi sono perciò la realizzazione dell’uguaglianza delle opportunità, 
l’ampliamento delle possibilità e il rafforzamento delle capacità di scelta e di autodeterminazione degli individui, in una parola della loro libertà, lo sviluppo di relazioni sociali umanamente ricche. La nostra impostazione è perciò opposta a quella del Libro Bianco: non la ritirata dello Stato, sperando nella supplenza contrattuale delle categorie forti e nella compassionevole carità del dono per gli “ultimi”, ma uno Stato che sia programmatore e regolatore forte di un complesso di 
prestazioni cui tutti hanno diritto ad accedere e che promuova una imprenditorialità diffusa nei soggetti di offerta pubblici e privati in funzione dei bisogni dei cittadini.................clicca x doc tutto



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