giovedì 11 agosto 2011

la primavera araba durera' ? da Limes, Lucio caraciolo




La primavera finita
di Lucio Caracciolo

RUBRICA IL PUNTO. La rivoluzione araba ha lasciato il posto alla depressione economica, all'emergenza sociale e all'instabilità geopolitica. Quanto alla Libia, non esiste più. (articolo pubblicato su la Repubblica il 7/7/2011)

orso castano: con la sua consueta lucidita' , disincanto, profontita' di analisi e sincreticita',  che tanto lo fa apprezzare, ma direi anche con un certo costante  umor cinico ed .. atre , Caracciolo ci mette in allerta sulle possibili illusioni che potremmo farci sulla "Primavera" araba. Ma le cose in Europa si evolvono con grande rapidita', sulla spinta di una crisi che galoppa, crisi prima finanziaria e poi economica, quindi legata alla globalizzazione che impone politiche diverse da quelle praticate finora e ristrutturatazioni produttive epocali , se si vuole restare sul mercato mondiale globalizzato. Non si scherza piu' con la delocalizzazione, che paradossalmente, ha regalato ai paesi in via di sviluppo tecnologia e capacita' produttive, fino a snaturare le struttureprodutive e del welfare dei paesi occidentali. Occorre un grande salto di qualita', occorre un ricambio generalizzato e veloce di vecchie cariatidi (e parlo anche della psichiatria, cioe' della concezione dell'uomo, in ultima analisi) , di psicologi/psichiatri fossili che andrebbero con la velocita' della luce mandati via e cambiati. Invece anche i "nuovi" politici sembrano essere affetti dalla sindrome "dei culi di pietra "  di Breschneviana memoria e fanno saltare sul carro dei vincitori vecchi prosciutti stracotti e super riciclati , ormai senza ideee nuove e che stancamente ripetono che il manual Cencelli e' come la Bibbia, cioe' Sacro e non muore mai. Auguri Italia! Come condannare le rivolte giovanili inglesi? cosa possono dire di nuovo questi "culi di pietra a questi giovani? e questi psichiatrri fossili  cosa possono fare cotro la precarieta' dilagante' Non andranno  a casa . La poltrona del potere e dei privilegi e' troppo allettante!.



(Carta di Laura Canali tratta dal volume di Limes "(Contro)Rivoluzioni in corso" - clicca sulla carta per ingrandirla)

COLLEGAMENTI
articoli di L. Caracciolo
Limes 3/11 "(Contro)Rivoluzioni in corso"
Nelle Arabie le primavere sono brevi. Sarà per questo che siamo repentinamente slittati dalla lirica rivoluzionaria alla stagione di depressione economica, emergenza sociale e insicurezza geopolitica che investe lo spazio affacciato sul nostro mare. Rimossi i tiranni tunisino ed egiziano, le aspirazioni alla libertà e alla democrazia sono frustrate dalla reazione dei poteri tradizionali, militari in testa.
Quanto alla Libia, non esiste più: il fantasma della Grande Somalia rischia di materializzarsi. Dalla Siria allo Yemen via Bahrein, siamo alla guerra civile o all'instabilità cronica. Se le sabbie mobili inghiottissero la monarchia saudita, sancta sanctorum del pluriverso islamico e serbatoio energetico mondiale, sarebbe inverno gelido per tutti............La ritirata strategica di Obama carica le squattrinate subpotenze europee di responsabilità che non sono in grado di sostenere. Sicché la bolla dell'instabilità si gonfia a impressionante velocità, fino a premere su tre fronti di affermata solidità: Germania, Russia e Cina. Le uniche potenze oggi in grado di condizionare l'America. Il 22 giugno Barack Obama ha pronunciato il più importante discorso della sua presidenza. Poca retorica e un fermo proposito: “America, è tempo di concentrarsi sulnation building qui a casa”. Ergo: ritiro dall'Afghanistan di qui al 2014 e dall'Iraq entro l'anno. Una piattaforma elettorale, certo.

Ma anche la presa d'atto che un paese indebitato fino al collo non può sperperare mille miliardi di dollari in dieci anni di “guerra al terrore” per ridursi a fumare il calumet della pace con il mullah Omar. Quanto alla Libia, Obama mira ad “aggregare l'azione internazionale” senza schierare “un solo soldato”.Tradotto: la Nato deve coprire la ritirata americana, sopportandone in parte costi e rischi. Ma senza metter bocca nelle scelte di Washington. In questo sta il limite della svolta di Obama; non ci si può ritirare dal globo e sperare di dominarlo. La guerra di Libia marca lo spartiacque fra rivoluzioni e controrivoluzioni arabe.
Alcuni autocrati sono stati liquidati, ma i meccanismi di potere che li avevano espressi mostrano capacità adattive (Tunisia, Egitto) e/o reattive (Libia, Yemen) tali da mitigare la spinta al cambiamento. Inoltre, rivolte e repressioni hanno aggravato la crisi economica che aveva contribuito a scatenare le proteste, accentuando la sofferenza degli strati più miseri della popolazione e colpendo i ceti medi, protagonisti della piazza.
Quasi tutti i leader, nel Nord del mondo, tifano in segreto per i controrivoluzionari arabi, al cui vertice stanno i reali sauditi. Ma ricomprimere il genio delle rivoluzioni nella lampada di Aladino non è possibile. Nei territori investiti dal vento d'intifada si è aperta una finestra di opportunità, ma gli esiti delle rivolte non sono scritti.
Su scala globale, la partita decisiva si giocherà fra Vicino Oriente, Golfo e Afpak. In questione non solo il carattere dei regimi, ma i nuovi rapporti di forza fra i protagonisti regionali: Arabia Saudita, Pakistan Israele, Iran e Turchia. Siamo solo all'inizio.
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