venerdì 2 novembre 2012


SECONDO RAPPORTO EURES

La crisi economica e l'allarme suicidi

Sono 192 le persone che si sono tolte la vita tra i lavoratori in proprio; 144 tra imprenditori e liberi professionisti

MILANO - È stata una strage nel 2010 tra disoccupati e imprenditori e lavoratori autonomi che si sono tolti la vita: una media di due al giorno. Lo dice l'Eures nel suo secondo rapporto sui suicidi. Sono stati 362 i disoccupati suicidi, contro i 357 dell'anno precedente che già rappresentavano una forte impennata rispetto ai 270 suicidi accertati in media del triennio precedente (rispettivamente 275, 270 e 260 nel 2006, 2007 e 2008), confermando la correlazione tra rischio di suicidio e integrazione nel tessuto sociale, evidenziando come molto alto risulti il rischio sia correlato all'impatto della crisi.
LAVORATORI - Più in dettaglio nel 2010 si contano 192 vittime tra i lavoratori in proprio (artigiani e commercianti) e 144 tra gli imprenditori e i liberi professionisti (sono state 151 nel 2009), costituite in oltre il 90% dei casi da uomini, confermando come tutte le variabili legate a fattori materiali presentino indici di mascolinità superiori a quello già elevato rilevato in termini generali. Tra i disoccupati la crescita riguarda principalmente coloro che hanno perduto il lavoro (272 suicidi nel 2009 e 288 nel 2010, a fronte dei circa 200 degli anni precedenti), mentre meno marcato appare l'incremento tra quanti sono alla ricerca della prima occupazione (85 vittime nel 2009 e 74 nel 2010, a fronte delle 67 in media nel triennio precedente).
GENERAZIONI - Non appare quindi fuori luogo sottolineare - dice l'Eures - come nel 2010 la disoccupazione abbia colpito la popolazione della fascia 45-64 anni più di altre, con un +12,6% (+13,3% nella fascia 45-54 anni e +10,5% in quella 55-64 anni), a fronte di una crescita complessiva dell'8,1%. Ed è proprio in questa fascia che si concentra il problema dei cosiddetti «esodati». Si pensi che le stime più ottimistiche parlano di 65.000 lavoratori, mentre c'è chi stima pessimisticamente 350.000 individui. Con le conseguenze che si possono immaginare. Consistente, tra il 2008 e il 2010, anche l'aumento dei suicidi tra gli over64 (+6,6%), nella fascia 18-24 (+6,5) e, in misura inferiore, in quella 25-44 anni (+2,3%). Più in generale si conferma la correlazione diretta tra età e «propensione al suicidio», con un indice pari a 8,5 suicidi ogni 100 mila abitanti tra gli over64, a 6,6 nella fascia 45-64 anni, a 4,6 in quella 25-44, a 2,6 nella fascia 18-24 ed a 0,2 tra i minori.
DA SOLI - - Tra le fasce della vulnerabilità ormai al centro dell'analisi sociologica e dell'osservazione empirica, sono i separati e i divorziati (entrati a pieno titolo tra i «nuovi poveri»), a registrare l'indice di rischio suicidario più alto tra tutti i gruppi osservati. Nel 2010 si contano infatti 33,8 suicidi ogni 100 mila abitanti separati o divorziati (66,7 tra gli uomini a fronte di 11,8 tra le donne), seguiti dai vedovi (8,6, che sale a 35,5 tra gli uomini a fronte di 3,6 tra le donne) e, con ampio scarto, dai coniugati (4,2, che sale a 6,7 tra gli uomini a fronte di 1,6 tra le donne) e da celibi e nubili (4,1). Tale dinamica sembra legarsi in primo luogo alla maggiore tendenza al suicidio dei soggetti che si trovano ad affrontare la vita da soli, ma anche alle forti difficoltà economiche che possono colpire gli uomini separati e divorziati, in presenza di sentenze che impongono condizioni materiali (assegnazione della casa coniugale, assegno di mantenimento) superiori alle loro effettive possibilità. Il rischio suicidario è poi alto tra gli stranieri, dice ancora l'Eures. Negli ultimi 5 anni i suicidi tra gli stranieri sono aumentati del 31,3% (da 201 nel 2006 a 264 nel 2010) e la loro incidenza è passata dal 6,6% all'8,7%, risultando l'indice di rischio suicidario (ogni 100mila abitanti) superiore a quello registrato tra gli italiani (pari, rispettivamente, nel 2010, a 6 tra i primi a fronte di 5 tra i secondi).
Redazione Online17 aprile 2012 | 15:35

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