domenica 28 luglio 2013

Limes Oggi Dopo il golpe, l’Egitto può ancora salvarsi

Limes

......................................Muoiono, probabilmente, anche i Fratelli musulmani così come li conosciamo. Non muoiono con il golpe, ma con l’ostinazione di Morsi a non lasciare il potere. Se l’attuale classe dirigente avesse fatto un passo indietro, sacrificando i propri obiettivi immediati, i Fratelli avrebbero potuto forse re-inventarsi e, chissà, arrivare nuovamente al governo fra qualche anno, puntando sull’inadeguatezza dei liberali e sull’ingestibilità dello Stato egiziano. Con i militari egiziani che si muovono “alla turca”, insomma, i Fratelli avrebbero potuto fare altrettanto e seguire l’esempio di Erdoğan - nella sua scalata, non nei problemi attuali.

Eppure, non l’hanno fatto. In parte perchè non disposti ad aspettare altri decenni, in parte perchè avrebbero avuto poche alternative da cui ripartire. Escluso il gotha del movimento, non avrebbero potuto lasciare a quell’area giovane e riformista che aveva sposato il progetto rivoluzionario e democratico. Un’ala minoritaria, schiacciata tra conservatori, pragmatici e qutbisti duri e puri. Un’ala che è stata annullata dalla disciplina interna imposta dopo la dichiarazione costituzionale di novembre promulgata da Morsi e dalla fine della dialettica con i giovani rivoluzionari. Costretti a riallinearsi, sono rimasti fedeli alla linea e così sono stati percepiti dal resto della popolazione che vede, ormai, ogni Fratello uguale a se stesso e non crede più in una via islamica democratica.Eppure, verso quei giovani e verso gli elementi più moderati, dovrà partire un dialogo inclusivo.

Morsi è stato cacciato perchè parlava di “noi e gli altri” e credeva che fosse il resto del paese a dover entrare nel cerchio magico dei Fratelli e non gli islamisti a doversi aprire. Per questo, i liberali, i secolari, i conservatori laici e i democratici rivoluzionari - le anime di Tahrir - non dovranno compiere lo stesso errore. Morsi esce di scena, ma i Fratelli Musulmani - la più grande forza politica organizzata del paese - non sono scomparsi. E di loro o di parte di loro, paradossalmente, hanno bisogno i rivoluzionari per non trovarsi soffocati nell’abbraccio diabolico dei militari e dei conservatori dell’ancien régime.

Escludere i Fratelli musulmani vuol dire anche costringerli a reagire - come pare abbiano iniziato a fare nonostante Morsi stesso abbia invitato alla non-violenza - al di fuori dell’occhio delle telecamere puntate sul Cairo. In quelle aree dove l’esercito non è ancora in controllo della situazione e dove le faide e gli scontri - se non controllati - potrebbero far fallire anche il nuovo regime a tutela militare.

Lo squilibrio di forze tra le parti è troppo impari per arrivare - a questo punto - alla guerra civile. Con la mobilitazione anti-governativa anche del sud del paese, i Fratelli non avrebbero forse neanche una salda base territoriale. Ma la “guerriglia civile”, con faide, omicidi mirati, vendette e il ritorno delle bombe - gli ultimi alleati della Fratellanza sono i jihadisti della Gamaa Islamiya che con Morsi erano usciti dall’ombra della storia - è uno spauracchio tremendamente possibile.

Le risposte a questo scenario non potranno venire da quello che è successo nelle ultime ore, che lo si chiami golpe o meno. L’unica risposta potrà arrivare dallo spirito di Tahrir.

Se l’opposizione ora al governo rimarrà fedele ai valori di inclusività, libertà, giustizia e rispetto dei diritti umani che proclama, l’Egitto troverà ancora una volta la forza di sconfiggere qualsiasi previsione e continuerà a stupirci.

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