domenica 18 ottobre 2009

Ritorno del confucianesimo in Cina o propaganda strategica del governo ?

da Domenica del 27 sett 09 di Gian Carlo Calza A differenza di Platone, che come Confucio (551-479 a.C.) riscosse in vita l'impossibilità di amministrare lo Stato attraverso un governo di colti e di saggi, di quest'ultimo s'è invece affermata, e al tempo stesso è stata stravolta, la grande lezione politico-umanistica. Dal suo insegnamento, e dal suo allontanamento dal governo perché era troppo bravo, derivò il grandioso sistema burocratico cinese su cui si resse l'impero fino al crollo dell'ultima dinastia nel 1911. Per oltre duemila anni il sistema di amministrazione della cosa pubblica si fondò in Cina su una burocrazia meritocratica costituita da funzionari, umanisti preparati a rispondere ai quesiti di ammissione alla classe mandarinale sulla base di dettami confuciani. Naturalmente in ventidue secoli ci furono ampie occasioni perché il sistema si adulterasse e senz'altro in ogni epoca esso venne corrotto nelle forme più variegate. È péro un fatto che si sviluppò e lungo l'intera storia imperiale. Esso inoltre assorbì, e metabolizzò, anche le numerose dinastie straniere di barbari; dai prototurchi, ai tanguti, ai nurzhen, ai mongoli, ai mancesi, i quali dominarono la Cina per molti secoli, ma tutti dovettero adattarvisi per poter governare il paese sotto il sigillo del confucianesimo. La crisi del sistema confuciano e dell'amministrazione imperiale gestitain modo "umanistico" era ovviamente principiata ben prima del crollo dell'impero, ma tale fu la sua forza che anche dopo scomparso esso continuò a esercitare la sua influenza per circa mezzo secolo nella Cina del Novecento. Tentativi di rinnovamento di questa impostazione si protrassero tra flussi e riflussi dal 1911 alla fondazione della Repubblica Popolare nel 1949: sessant'anni fra tre giorni. Era un'impostazione che nella realtà non corrispondeva più ai valori umani che l'avevano originata, e che nei secoli erano stati capaci di rinascere con nuova energia a ogni mutamento dinastico. Essa fu abolita con l'attacco alla burocratizzazione del partito lanciato da Mao con la Rivoluzione Culturale nel 1965. Il tentativo fallì come era fallito il movimento economico basato sull'entusiasmo ideologico al di sopra delle capacità tecniche e professionali del «Grande Balzo in avanti» alla fine degli anni Cinquanta. Dopo la morte di Mao nel 1976 il partito riprese in mano le redini del governo e del riassestamento del sistema e del paese. Questo nuovo processo politico, sociale e culturale è alla base della Cina che abbiamo oggi di fronte. Per capire questi fenomeni che stanno alla base della conoscenza della Cina di ieri e di oggi è in uscita da Einaudi La Cina III. Verso la modernità, curato da Guido Samarani e Maurizio Scarpari coi contributi di venti saggisti. La Cina indica che si tratta del terzo, ma il primo a uscire, di una serie di volumi destinata a diventare fondamentale per la conoscenza del Paese di Mezzo. Il libro prende le mosse da settantadue anni prima del crollo dell'ultima dinastia dei Qing (1644-1911) e ha il pregio di mettere in luce la contraddizioni interne che aprirono la via alle trasformazioni di questi centosettan-ta anni. Lo fa da una prospettiva che comprende evoluzione politica, rapporti internazionali, economia, diritto, società, lingua, educazione e cultura, scienza e filosofia che costituiscono anche i capitoli. Fatto è che la situazione, che sembrava aver fatto di Confucio, non solo un nemico del regime politico cinese, ma addirittura un nome impronunciabile si è in questi ultimi anni totalmente ribaltata. Durante la Rivoluzione Culturale, il periodo di più violenta reazione contro la cultura tradizionale, venivano perseguitati gli studiosi e gli insegnanti dì confucianesimo come del resto quelli di daoismo e spesso distrutti i testi classici. Fu un periodo terribile, peggiore di quando il primo imperatore cinese Qin Shihuangdi (regnante 259-^0, imperatore 221-210 a.C.) decise di sradicare il pensiero confuciano ordinando di bruciarne i testi, e insieme a loro magari anche qualche confuciano renitente. Mapoi l'insegnamento di Confucio, o l'interpretazione politica e amministrativa dell'insegnamento di Confucioj, riprese forza e divenne l'ideologia imperante dalla successiva dinastia degli Han (206 a.C.-22od.C.). , Così sta succedendo anche oggi. Il confucianesimo sta tornando e con esso il suo apparatopolitico sociale, che non si era mai dissolto del tutto. È impossibile da distruggere perché si tratta di un modo di essere di cui esiste sempre una profonda necessità nell'uomo per dare significato alla propria esistenza. E infatti la lezione morale di Confucio, con la sua concezione etica della vita, il profondo senso del dovere, del debito dell'individuo verso la respublica, riaffiora nella fase stessa in cui la Cina pare immersa come forse non mai nel materialismo più spinto e dopo quasi due secoli di involuzioni e rivoluzioni e di caos sociale con guerre civili e invasioni militari d'ogni tipo. Sia in Occidente sia in Cina gli scavi archeologici, in particolare quelli intorno al periodo degli Stati Combattenti (453-222 a.C.) e dei Qin, degli ultimi anni hanno assai contribuito a una revisione della filosofianon solo di Confucio, ma di tutta quell'epoca di giganti del pensiero. In molti casi la realtà delle persone è venuta a sfumarsi nel mito, ma nel caso di Confucio sono usciti testi di grande interesse che hanno Cercato di ricostruirne l'esistenza e l'opera, fra tutti particolarmente interessante quello di Annping Chin, studiosa dell'Università di Vale, Confucio. Una vita dipensiero e dipolitica (Laterza). L'evento più straordinario che il governo cinese sta creando in tutto il mondo degli istituti per la promozione della propria cultura. Senza spendere miliardi e costruire imponenti edifici da affidare a "no comment", li appoggia a istituti culturali locali già esistenti, per esempio gli atenei, utilizzando, saggiamente, l'esperienza di chi la cultura cinese diffonde per professione fra i giovani. Per esempio il più recente si è inaugurato il 22 scorso a Ca' Foscari. Si chiama «Istituto Confucio»....................................da facebook (http://www.facebook.com/note.php?note_id=938656123829) :..............Il pensiero confuciano fu introdotto in Europa dal gesuita Matteo Ricci, che fu il primo a latinizzare il nome di Kǒngfūzǐ in Confucio. I suoi insegnamenti sono raccolti nei Dialoghi (Lùnyǔ 論語), una raccolta di aforismi e frammenti di discorsi compilata molti anni dopo la sua morte dai suoi discepoli. Sebbene, infatti, per più di duemila anni la tradizione lo abbia ritenuto autore o curatore di tutti i Cinque Classici, gli storici moderni non ritengono di poter attribuire con certezza a Confucio nessuno scritto fra quelli che la tradizione lega al suo nome.
INSEGNAMENTI Nei Dialoghi, Confucio si presenta come un "messaggero che nulla ha inventato", il cui compito è quello di trasmettere la sapienza degli antichi. Grande importanza è data allo studio: il libro si apre proprio col carattere cinese che indica lo studio, xué (cinese semplificato: 学, cinese tradizionale: 學). Lungi dal tentare la costruzione di sistema filosofico, Confucio invitava i suoi discepoli a riflettere profondamente su se stessi e sul mondo, approfondendo la conoscenza del passato da cui trarre insegnamento attraverso lo studio degli antichi testi. In un periodo storico segnato dalle divisioni e da guerre sanguinose fra stati feudali, Confucio ripropose il concetto di Mandato del cielo (天命 pinyin: Tiānmìng) che avrebbe potuto riunificare la Cina e ridare finalmente pace e prosperità al popolo.[5]. Ma allo stesso tempo, l'interpetazione confuciana del Mandato del cielo era innovativa, poiché egli pensava ad un trono sul quale si sarebbero succeduti sovrani scelti sulla base della loro statura morale, non della parentela di sangue, capaci di diffondere la virtù fra il popolo senza il bisogno di leggi dure e restrittive. La concezione confuciana del jūnzi (君子), termine che prima di Confucio indicava la nobiltà di sangue, è piuttosto quella della nobiltà d'animo (spesso junzi è tradotto come uomo superiore), acquisita con la pratica delle virtù. Il suo insegnamento, dunque, benché principalmente orientato alla formazione dei futuri uomini di potere, era aperto a tutti, non solo ai figli della nobiltà. Gli insegnamenti di Confucio furono raccolti e organizzati dai suoi discepoli nei Dialoghi. per saperne di piu' : clicca qui'

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