lunedì 5 ottobre 2009

web :la conoscenza adotta non solo modelli partecipativi. Ma cerca il senso

da Nova del 1 ott. 09 di GUIDO VETERE direttore del Centro Studi Avanzati Ibm di Roma
http://guidovetere.nova1oo.
La conoscenza è conoscibile? E se non lo è, come lo sappiamo? scherza Woody Allen. Su cosa sia la conoscenzasipotrebbe discutere a lungo, ma qualsiasi cosa essa sia, non v"è dubbio che oggi la si ricavi per lo più dal web. Il web è un oceano di parole, dati, immagini e suoni in crescita, solcato daibastimenti dell'industria, dei servizi, del commercio, della pubblica amministrazione. È un mare su cui galleggiano ricerca, cultura, intrattenimento, partecipazione e vita sociale, acque nelle quali milioni di persone pescano il sapere. Ma se oggi si getta l'amo nel web quello che si pesca è informazione. Qualcosa che si deve interpretare, valutare, mettere in relazione, se si vuole accrescere lo stato delle conoscenze. Spesso il pesce della conoscenza se ne resta tranquillo negli abissi dei milioni di pagine per lo più inutili con cui i search engine rispondono alle nostre domande. Un search engine è come una lenza: non prende impegni sul risultato della pesca E se si vuole del pesce, si va in pescheria, non sul molo a pescare. Per questo, cresce nel web l'interesse per i sistemi che offrono il pesce della conoscenza già pescato, esposto sul bancone in cassette ordinate. La conoscenza sul web è, per eccellenza, la Wikipedia. Si tratta di un'enciclopedia di oltre tre milioni di articoli (nella versione inglese) assemblata da una moltitudine di anonimi collaboratori, con un processo la cui mirabolante virtù è ancora da comprendere a fondo. Ma perfino la ragguardevole estensione della Wikipedia non è che un bicchier d'acqua nell'oceano della conoscenza. Non sempre ciò che abbiamo bisogno di sapere nella vita ha dignità enciclopedica, e molti piccoli fatti veri non accendono la virtù del wikipediano.
Le infinite cose che vogliamo sapere sono disperse nei multiformi sistemi del web. Tuttavia, in linea di principio (e talvolta anche di fatto), esse sono a portata di una semplice domanda. Il sito sul quale farete le vostre domande vincerà la competizione del web. Google fa miracoli nel rispondere alle interrogazioni ignorando cosa queste (e le risposte) vogliano dire. Ma il giorno in cui un knowledge erigine sarà in grado di capire là relazione semantica tra le domande degli utenti e la conoscenza che c'è nel web, quei miracoli sembreranno miseri trucchi.
Molti hanno pensato che quel giorno fosse il 15 maggio di quest'anno, quando debuttava Wolfram Alpha, computational knowledge erigine, invenzione del geniale Stephen Wolfram. La credibilità dell'inventore faceva passare in secondo piano l'incredibilità dell'invenzione: un sistema intelligente in grado di computare la "conoscenza sistematica" del web. L'idea di Wolfram è quella di applicare a un ampio spettro di conoscenze certi noti algoritmi per il trattamento dei dati tecnico-scientifici. Ma se ci si guarda dentro, nel knowledge erigine si trovano, più che algoritmi, tante persone in carne e ossa che si dedicano umilmente a scovare e vagliare basi di dati pubbliche, convertirne e ripulirne i dati per alimentare il sistema. Un lavoro certosino che - spiega Wolfram - è solo all'inizio, ma di cui non si vede la fine, il che solleva qualche interrogativo sulla sostenibUità del progetto.
Diverso è l'approccio di sistemi come Freebase e TrueKnowledge che, sull'onda di Wikipedia, sfruttano il crowdsourcing, cioè la forza-lavoro che larete mette a disposizione. A differenza di Wikipedia, dove il sapere è rappresentato ancora in forma iper-testuale, in questi sistemi ci sono ricche trame di concetti e relazioni, facilmente manipolabili, sulle quali è possibile, per le macchine, fare ragionamenti non banali. Risolto il problema della sostenibilità, il crowdsourcing lascia aperti quelli dell'affidabilità e della completezza. Problemi non lievi, che Hakia affronta con una strategia diversa. Come Google, questo semantic search erigine attinge dal web. Ma non ne ricava un semplice indice di parole-chiave, bensì, attraverso certe analisi ontologiche e linguistiche, resoconti significativi su enti e fatti. Sia chiaro: queste analisi consentono di capire solo un frammento di tutte le cose oscure e vaghe che cipiace evocare col linguaggio. Tuttavia, Hakia salva la capra della sostenibilità e il cavolo della completezza. E conserva, nel bene e nel male, quel "disimpegno epistemico", caratteristico dei motori di ricerca: il sistema riferisce più o meno accuratamente ciò che dei fatti si dice. La verità, che è alla base di ogni sapere, resta un problema"di coscienza dell'utente.
ilsole24ore.com

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