giovedì 22 agosto 2013

"L'Economia della Conoscenza"

orso castano : difficile sintetizzare gli interventi, un po' datati, di questo interessante workshop. Invitiamo aleggerli, il web offre ed offrira' sempre di piu' molteplici opportunita' di ampliare il livello delle conoscenze di ciascuno. Preservare questa opportunita' impedendo che gruppi interessati la limitaino o la contrllino e' un dovere di tutti, per evitare che alla fine , come prospettava Orwel , spunti un Grande Fratello , un "occhio" che vede tutto , che indirizzi a fini predisposti. 
Conferenza economica - identità innovazione - tra locale e globaleAtti del workshop "l'Economia della Conoscenza"

Interventi
PDF iconPowerPoint iconMassimo Minguzzi (due relazioni, una in formato PDF ed una in formato PowerPoint)
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Verso la nuova economia fondata sulla conoscenza
Il futuro sarà sempre più segnato dalla produzione, accumulazione, circolazione, valorizzazione della conoscenza. Ogni processo produttivo (agricoltura, industria, turismo, tutela del territorio, welfare, amministrazione) deve essere visto come processo di produzione e circolazione di conoscenza.
E' importante sottolineare che nella nuova frontiera dell'economia della conoscenza non esistono pregiudiziali su quali siano i settori merceologici vincenti o perdenti. Ciò che conterà sarà sempre più la capacità di utilizzare le proprie basi di conoscenza, in genere costruite su un ambito locale caratteristico, per creare competenze distintive in grado di entrare nelle reti di formazione della conoscenza globale e della formazione globale del valore.
Da qui discende la necessità di una grande attenzione ai processi formativi complessi, ma anche una grande attenzione ai risvolti cognitivi delle attività caratteristiche, qualunque sia il settore merceologico, qualunque sia il processo tecnico che le attiva.
A ciò si aggiunga la necessità e la effettiva possibilità di attrarre nel territorio ravennate capitali esterni ad alto contenuto cognitivo.
Quando si parla di economia basata sulla conoscenza il dato che oggi appare con più evidenza è quello della diffusione delle nuove tecnologie della comunicazione. Tutte le attività oggi presenti nel territorio sono direttamente o indirettamente interessate a rileggersi in questa nuova dimensione.
Il bisogno di relazioni dei settori industriali, la visibilità delle proposte turistiche, la valorizzazione dei beni culturali e naturali, la creazione delle reti informatiche in relazione allo sviluppo del welfare e al controllo dell'ambiente, l'acquisizione di best practices per le pratiche di governo istituzionali, sono tutti esempi di ibridazione fra le tradizionali attività e la loro riformulazione in termini di network di comunicazione.
Va tuttavia messo in evidenza che il cablaggio tecnologico del territorio è una precondizione indispensabile per ingigantire le possibilità comunicative all'interno del territorio e verso l'esterno. Questa precondizione va attivata sviluppando una capacità innovativa di introdurre servizi nei supporti tecnologici e per favorire la formazione di nuove professionalità o far evolvere le professionalità consolidate
Il primo passo da fare per entrare nella dimensione dell'economia della conoscenza è puntare l'attenzione sulla formazione del capitale umano.
L'Italia detiene un considerevole patrimonio in quel settore delle conoscenza che viene definito "conoscenza tacita". Si tratta di quei patrimoni cognitivi che si formano nell'esperienza lavorativa ed è detenuta dalle singole persone: artigiani, piccoli imprenditori, operai specializzati, insegnanti, amministratori. Questa conoscenza ha anche un aspetto collettivo, in quanto in genere si produce a contatto con ambienti locali ricchi di relazioni e di codici comunicativi specifici.
Per contro, in Italia, è generalmente carente un altro tipo di conoscenza: la conoscenza codificata astrattamente, cioè la conoscenza formalizzata. Si tratta di quel tipo di conoscenza tecnico-scientifica o anche umanistica, che proprio in virtù della sua formalizzazione è indipendente dal luogo e dall'esperienza diretta e quindi può circolare a livello mondiale o essere attinta dal livello mondiale.
La globalizzazazione non cancella le conoscenze locali tacite, ma necessariamente esalta le conoscenze formalizzate.
Per usare i nuovi mezzi tecnologici di comunicazione (che fanno ormai parte integrante del vantaggio competitivo di ogni situazione locale) è necessario apprendere conoscenza formalizzata, al fine di veicolare i propri saperi "locali" distintivi e di farli evolvere a contatto con saperi locali esterni.
E' bene sottolineare che non si tratta solo di favorire la cosiddetta alfabetizzazione informatica (che pure è una precondizione). Si tratta altresì di mettere in grado gli attori locali di apprendere e comunicare nel sistema globale tecniche produttive, tecniche commerciali, schemi organizzativi, opportunità di partnership che in esso circolano.
Un ulteriore notevole riflesso si ha nel ricambio dei contingenti di forza-lavoro. I contingenti locali di giovani che entrano nel mercato del lavoro sono molto meno numerosi dei contingenti che ne escono per ragioni di età e ciò costituisce un serio punto di criticità.
Ora si può sottolineare che comunque entrano contingenti ad alta scolarizzazione ed escono contingenti con un basso livello di istruzione formale.
Nel passato si è spesso sottolineata la contraddizione fra un tasso crescente di scolarizzazione della forza lavoro entrante e una domanda di lavoro per lo più dequalificata oppure professionalizzata (cioè formata nell'esperienza lavorativa specializzata).
Se sono corrette le considerazioni relative alla nuova frontiera dell'economia basata sulla conoscenza e al ruolo, in particolare, della conoscenza formalizzata, in futuro il livello di istruzione dovrebbe svolgere un ruolo ben più propulsivo che nel passato.
Allargando l'orizzonte si tratta dunque di aprire una nuova stagione che abbia al centro i processi di formazione di conoscenza.
Vanno dunque potenziati in un quadro articolato, ma integrato i processi di qualificazione della formazione professionale, i processi di utilizzazione dell'autonomia scolastica in chiave di potenziamento cognitivo, i processi di ricaduta locale delle reti di saperi scientifici e tecnologici attivati dalla presenza universitaria.
La parola d'ordine che si lancia è dunque la formazione di una rete di saperi che colleghi i patrimoni cognitivi locali all'economia della conoscenza globale.
Si tratta dunque di agire a due livelli:
- un livello di progettazione mirata alla qualificazione dei programmi relativi a ciascuno dei singoli attori, formazione professionale, istruzione scolastica, istruzione universitaria e ricerca;
- un livello di interfacciamento fra gli enti deputati all'istruzione formale e le realtà produttive e sociali locali, anche in vista della formazione di nuova imprenditoria.
Per quanto riguarda il primo livello si tratta di tenere conto delle diverse funzioni sociali che i tre istituti (formazione, scuola, università) svolgono, senza che ciò significhi "segregazione sociale". Dal punto di vista dell'economia della conoscenza si tratta cioè di specializzare diversi contenuti di formazione della conoscenza. Per esempio oggi perfino una qualsiasi microimpresa di produzione o di servizio, anche tradizionale, è costretta ad avere un patrimonio di conoscenze tecniche, gestionali e commerciali eterogenee e complesse.
Dunque la differenza fra questi settori di apprendimento deve essere proposta più in termini di differenze fra comunità virtuali di riferimento, che di gerarchie sociali. In tutti questi settori l'uso delle nuove tecnologie della comunicazione deve essere intensivo e rivolto a comunità virtuali diversificate (di carattere territoriale o tematico).
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