sabato 24 agosto 2013

Che cos'è l'Economia della Conoscenza?

orso castano : articolo molto interessante , da leggere per intero e , poi, rifletterci sopra. Il web e' una risorsa incredibile che si sta diffondendo a macchia d'olio in tutto il mondo. Facebook lo propone apertamente, le connessioni mondiali dovranno arrivare al 99%. La diffusione delle "conoscenze" scientifiche e tecniche cresce in maniera esponenziale e l'autore dell'articolo pone l'urgenza di una comprensione approfondita delle modalita' attraverso cui questo avviene . Pone altresi' di  trovare un equilibrio tra la diffusione libera e compartecipata , e la difesa della proprieta' intellettuale . Raccomandiamo la lettura integrale dell'articolo cui dovrebbe, speriamo, seguire una discussione aperta ed approfondita .

......................Le risorse economiche classiche si caratterizzano per essere scarse (hanno valore perché ogni uso le sottrae ad usi alternativi), divisibili (ogni risorsa ha un valore determinato, disgiungibile dagli altri valori coinvolti nel processo produttivo sociale, perché può essere associata a costi e ricavi ad essa imputabili) e strumentali (le risorse sono puri mezzi, da ottimizzare, calcolando le allocazioni migliori per soddisfare fini dati). Ebbene, la conoscenza è una risorsa che, per sua natura (e specialmente se è conoscenza riproducibile) non è scarsa (avendo un costo di riproduzione nullo o quasi), non è divisibile (essendo i suoi costi e i suoi ricavi associati a processi sociali che legano passato e futuro e che intrecciano l'economia di un operatore con quella degli altri), e non è strumentale(perché il conoscere non elabora solo i mezzi, ma cambia le relazioni e le identità degli attori in gioco, modificando i fini, ossia le preferenze degli stessi).
Attenzione: la conoscenza produce valore propagandosi e rinnovandosi, con nuovi investimenti in apprendimento, proprio grazie a queste anomalie. Ossia proprio perché è moltiplicabile (non scarsa), è condivisibile (non divisibile) ed èriflessiva, potendo retroagire sui fini, invece di essere banalmente strumentale.
L'economia teorica tradizionale sta oggi riconoscendo l'importanza della conoscenza con due secoli di ritardo. Ma, in questo riconoscimento, rischia di fare più danni di quanto abbia fatto la sua secolare disattenzione. Infatti, una volta detto che la conoscenza è una risorsa produttiva fondamentale, l'economia tradizionale ha il riflesso condizionale di voler "normalizzare" le anomalie che la conoscenza presenta in quanto risorsa non scarsa, non divisibile e non strumentale. Senza pensare che sono proprio queste anomalie che la rendono una straordinaria fonte di valore economico, mettendo in moto una propagazione che sarebbe gravemente ostacolata una volta che la conoscenza - sottoposta alla terapia della normalizzazione - fosse diventata scarsa, divisibile e strumentale.
Si rischia, per questa incomprensione di fondo, di buttare via il bambino con l'acqua sporca: una conoscenza divenuta artificiosamente scarsa, divisibile e strumentale non sarà capace di propagarsi e di rinnovarsi con la stessa velocità e con la stessa qualità della conoscenza "anomala", che violava i principi classici dell'economia. Si tratta allora di percorrere la strada esattamente opposta, ossia di organizzare le proprietà anomale della conoscenza per renderle compatibili con la sostenibilità del processo di investimento nella produzione di nuova conoscenza. Ciò può essere fatto organizzando, con regole appropriate e in contesti adeguati, la moltiplicazione, la condivisione e la riflessività della conoscenza, in modo da utilizzare fino in fondo le proprietà generative che derivano da queste anomalie..................Le cose cambiano con Internet e con la New Economy: per la prima volta si ha la possibilità di una propagazione istantanea e globale, di tipo non proprietario, ma aperta alla divisione del lavoro tra molti attori autonomi, anche di piccola dimensione. Sembra la quadratura del cerchio (massima propagazione possibile), ma non lo è: il limite è dato dal fatto che la propagazione è massima e a costo minimo solo se le conoscenze che vengono propagate da Internet sono codificate e automatizzate.
Negli ultimi anni, gli usi di Internet si sono evoluti rispetto a questo modello iniziale, che era in parte illusorio, perché non teneva conto del fatto che la conoscenza è utile soprattutto in situazioni complesse (varie, variabili e indeterminate), che sono quelle in cui la codificazione e l'automazione risultano spesso difficili o controproducenti. L'uso di Internet si evolve per tener conto della crescente complessità del mondo contemporaneo a tutti i livelli, affiancando ai canali in cui corre conoscenza codificata o banale, canali in cui invece si utilizzano le facoltà dell'intelligenza umana, l'apprendimento interattivo, la condivisione di progetti e di innovazioni.
Di qui la conseguenza a cui allude la distinzione tra e.learning e net.learning: la rete può essere vista in due modi abbastanza diversi. Ossia, come strumento per distribuire a costo zero e in tempo reale conoscenza pre-codificata (informazione), indifferente al contesto di uso; o come strumento per mettere in comunicazione, ad un costo più alto e in tempi non nulli, persone che si attrezzano - mentalmente, operativamente, fiduciariamente - per interagire tra loro nonostante la barriera della distanza.....................Creatività, significa, in questo caso, capacità di rendere compatibili due aspetti ugualmente importanti della propagazione delle conoscenze: usando una distinzione proposta da Jim March, occorre legare l'esplorazione del nuovo (exploration) con la replicazione degli usi (exploitation). In questo senso, non è creativo (nella produzione di valore economico), l'inventore, l'artista o l'intrattenitore che si cura solo dell'exploration, pensando al "pezzo unico" (utilizzabile solo  na volta); e non è creativo il burocrate, l'amministratore, l'esecutore che bada soprattutto all'exploitation, replicando simboli procedure e codici già assestati. E' invece creativo colui che - qualunque posizione occupi nella filiera - ricerca soluzioni che consentono di avanzare su ambedue questi fronti, o almeno su uno di essi senza sacrificare l'altro. Per completezza, la creatività andrebbe integrata con la capacità di trovare soluzioni che rispettano anche il terzo requisito della propagazione: la sostenibilità degli investimenti in produzione di nuova conoscenza. Le soluzioni trovate dall'operatore creativo, nella filiera, devono essere in grado di legare elasticamente exploration (del nuovo), exploitation (ri-uso) ed extraction (del profitto), in modo che il "motore" della produzione di valore a mezzo di conoscenza possa girare senza intoppi.
Ma chi sono gli operatori creativi in questo senso?.....................Come abbiamo detto, la conoscenza non è mai una risorsa soltanto strumentale. Dunque, c'è sempre un problema di senso per chi lavora, a qualsiasi titolo, in un processo cognitivo. Creatività allora significa anche legare la funzione utile svolta per il consumatore finale al senso del proprio lavoro: il cantante riceve un valore dal suo lavoro non solo perché è pagato (dal consumatore finale), ma anche perché assegna valore ad un lavoro che fa per passione e non solo per denaro. Lo stesso vale, in una certa misura, per tutti i lavori dotati di contenuto cognitivo: il ricercatore fa ricerche utili (per gli altri), ma assegna valore anche al suo ricercare perché lo considera un lavoro dotato di senso dal punto di vista della sua personalità e della sua visione del mondo. Il calciatore, l'attore, il poliziotto, l'amministratore pubblico ecc. fanno lo stesso: un po' lo fanno per denaro, un po' per il senso (più complesso) che danno al loro lavoro. Non c'è un modo precostituito che tenga insieme exploration, exploitation, extraction e senso. Chi sta nella filiera cognitiva (compreso il consumatore) deve procedere senza soluzioni fisse e prefabbricate, ma ricercando creativamente percorsi non immediatamente visibili e non certi. Creatività significa anche assunzione di rischio: rischio di investire in percorsi ciechi o in perdita, rischio di non trovare interlocutori validi, rischio di stufarsi per strada dopo aver fatto gli investimenti iniziali. In questo senso, la creatività non può essere solo una qualità individuale, ma piuttosto diventa una proprietà dei processi di condivisione: si crea insieme, condividendo un progetto, e se ne assume il rischio insieme..................Da questo punto di vista non bisogna essere pessimisti: la società aperta di stile popperiano, che coltiva l'intelligenza critica della falsificazione, è rimasta sulla breccia in tutta la storia della modernità non solo perché c'è chi l'ha difesa, ma anche per la sua intrinseca capacità di usare bene la conoscenza, meglio dei sistemi autoritari o dei sistemi mercantili allo stato puro.
Ciò detto, non bisogna trascurare il fatto che il mercato - dando la possibilità di comprare una conoscenza da chi si vuole, in funzione del prezzo - è anche un potente fattore di liberazione delle soggettività individuali e sociali, che, proprio grazie al mercato, possono - se vogliono - superare l'orizzonte del contesto in cui le ha incasellate la storia o l'origine anagrafica. Il mercato è un ottimo propagatore delle conoscenze quando la propagazione non ha bisogno di usare legami e comunicazioni interpersonali. E' sbagliato considerarlo l'unico mezzo moderno di propagazione, ma è anche riduttivo considerarlo un male in sé. Piuttosto, possiamo vederlo come un solvente che continuamente scioglie i precedenti legami e le precedenti formazioni sociali, ma anche come un collante che, in parte, ricostruisce legami alternativi, sia pure standardizzati e poveri di significato.
Il problema, dunque, deve essere visto non tanto in termini di difesa dalle pressioni della mercificazione, stabilendo un'opposizione di principio tra conoscenze mercantili e conoscenze di altro genere, ma in termini pragmatici, in modo da conciliare l'interesse statico alla massima propagazione della conoscenza con l'interesse dinamico all'incentivazione degli investimenti in conoscenza. ........................C'è da chiedersi se i proprietari originali di reti e di standard che si affermano sul mercato possano sfruttare liberamente il monopolio che si viene a creare in questo modo, o se reti e standard, una volta che diventino di interesse pubblico, non siano da considerare beni collettivi, da regolare o da pubblicizzare, magari con adeguati indennizzi ai privati che vengono privati della loro libera disponibilità...............Se l'obiettivo non è quello di "tutelare la proprietà", ma quello - assai più relativo - di garantire le premesse per la propagazione dinamica delle conoscenze (rendendo conveniente investire nella produzione di nuove conoscenze), allora il diritto di esclusione deve essere limitato a quanto serve per raggiungere questo obiettivo, escludendo tutti i casi in cui l'esclusione avrebbe un effetto controproducente (limitando la propagazione statica e dinamica, invece di incentivarla)..................Accanto a questo, c'è da portare avanti un lavoro che punta alla creazione di rapporti di condivisione consapevole e dialogica di conoscenze, linguaggi, regole, progetti. Questo lavoro è insostituibile se si vuole uscire dalla logica della scarsità e abbracciare quella della moltiplicazione organizzata. 

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