martedì 3 aprile 2012

conviene il dottorato di ricerca?

Riuscire a conseguire un dottorato ha sempre rappresentato l’opportunità  di poter entrare nell’elitè accademica, in un sondaggio della rivista Nature  effettuato lo scorso anno però è stato evidenziato come i titolari di un dottorato di ricerca sono sempre meno soddisfatti del proprio lavoro rispetto a quelli senza il medesimo titolo di studio. Sempre su Nature è stato pubblicato, utilizzando dati OCSE, un studio sui dottorati nelle aree scientifiche. Nelle aree scientifiche il numero dei dottorati assegnati ogni anno è cresciuto di quasi il 40% tra il 1998 e il 2008, arrivando a circa 34.000, nei paesi che sono membri dell'Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo (OCSE). In molti paesi coloro che conseguono oggi un dottorato di ricerca devono però confrontarsi con una diminuzione del numero dei posti di lavoro a livello accademico, e con un settore industriale che difficilmente riesce ad assorbire i giovani ricercatori. Di tutti i paesi in cui intraprendere un dottorato in scienza, il Giappone è forse uno dei peggiori. Nel 1990, il governo ha impostato una politica per intensificare il reclutamento di dottori di ricerca riuscendo in breve tempo a  triplicarne il numero, tutto ciò per cercare di portare il Giappone a livello dell'Occidente. Si sono così creati un gran numero di ricercatori che però il mondo accademico non può accogliere e nemmeno le industrie che tradizionalmente preferiscono assumere neo laureati da poterli così addestrare direttamente sul posto di lavoro. In Cina il problema invece è la qualità della ricerca ma anche così, la maggior parte dei cinesi con un titolo di dottorato riesce a trovare un lavoro grazie al boom economico che il paese sta attraversando. "E’ molto più facile trovare una posizione nel mondo accademico in Cina rispetto agli Stati Uniti", dice Yigong Shi, un biologo strutturale alla Tsinghua University di Pechino, e lo stesso vale anche nell'industria. Per cercare di aumentare la qualità dei supervisori il governo cinese sta reclutando studiosi dall’estero........... Alcune Università americane stanno  sperimentando nuovi programmi per meglio preparare gli studenti a carriere al di fuori del mondo accademico, offrendo competenze trasversali nel campo della comunicazione e  del lavoro di gruppo. Questa politica di “riqualificazione” è alla base della riprogettazione che negli ultimi 20 anni sta attuando la Germania; che rimane  il maggior produttore europeo di dottorati, con circa 7.000 dottorati di ricerca scientifica nel 2005. Un dottorato di ricerca in Germania viene spesso commercializzato come formazione avanzata, pochi vogliono rimanere nel mondo accademico questo perché il  reddito relativamente basso del personale accademico scoraggia i giovani ricercatori.L’Università può giocare un ruolo chiave per il  reclutamento e lo sviluppo degli studenti, poco meno infatti del 6% dei dottori di ricerca in scienze trova lavoro a tempo pieno nell’università, la maggior parte troveranno lavoro di ricerca nel settore industriale. Alcuni dei paesi dell'ex blocco orientale, come la Polonia, hanno visto un grande incremento. Nel 1990-91, 2.695 studenti avevano borse di dottorato, questo dato è salito a oltre 32.000 nel 2008-09.............L’ Italia? I dati di Nature non prendono in esame il nostro Paese, ma possiamo  facilmente ricavare dei dati grazie alle ricerche condotte dal Cnvsu (Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario) e dall’ISTAT per l’anno accademico 2009/2010. In questi ultimi anni i posti di dottorato in scienza nel nostro Paese sono diminuiti passando dai 1987 del 2006 ai 1810 del 2010. Per la copertura delle borse di studio il MIUR rimane il principale finanziatore con il 45,7%, i fondi di Ateneo rappresentano il 31,4%, la parte restante del finanziamento proviene per il 4,2% da enti di ricerca e per il 9,8% da finanziamenti privati, con il 5,6% proviene da enti pubblici.Gli Atenei del Nord rispetto alla media nazionale dal MIUR hanno un finanziamento inferiore ma ricevono in compenso una quota più alta di contributo da investitori privati.        


orso castano : certo e' che manca un piano di sviluppo della ricerca in Italia e , di conseguenza, mancano i soldi per i dottorati. Quel che colpisce sono i bassi investimenti che l'Industria Maggiore, quella multinazionale, non partecipi ai dottorati , o partecfipi poco, e neppure sviluppa centri di ricerca autonomi convenzionati o meno con l'Universita'. Difficile pensare che in queste condizioni ed in un mondo ormai globalizzato si possano vincere le sfide e le concorrenze di paesi piu' accorti di noi!!

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