domenica 29 aprile 2012

Lettera aperta a Mario Monti


Lettera aperta<br />a Mario Monti

29 aprile 2012



di Claudio Petruccioli
Illustre professor Monti,
da 22 settimane con le mie note su qdR, cerco di capire, cosa potrà esserci dopo l'esperienza di cui Lei è l'interprete più diretto. Del tutto insensato e deprimente mi sembra ridurla a un intervento tecnico necessario per affrontare un'emergenza. Quasi si trattasse dell'allagamento di casa, per cui si deve chiamare un idraulico, l'unico capace di riparare il guasto. O "Mastrolindo", che arriva pulisce e scompare lasciando tutto splendente e profumato, per la felicità della massaia.
Per quanto possa sembrare assurdo e irresponsabile, è più o meno questo l'atteggiamento largamente prevalente nel mondo politico. Mi è sembrato che, nella prima fase di questo Suo inedito impegno, anche Lei abbia usato toni che potevano accreditare una lettura simile. Lo capisco. Il Suo ingresso in scena è stato a tal punto clamoroso da consigliare prudenza eunderstatement.
Con le dichiarazioni durante il viaggio in estremo Oriente, ho avvertito, però un mutamento. La sensazione è diventata certezza lo scorso 18 aprile, nel corso della presentazione del Documento di Economia e Finanza. "Lo spread - ha detto - non dipende solo dai dati della nostra economia. I mercati guardano anche a cosa accadrà dopo". A maggior chiarimento, ha aggiunto che l'affidabilità italiana dipende anche dalla "riforma dei partiti".
Da questa stringente diagnosi, mi sembra discenda una conseguenza necessaria: la crisi con la quale dobbiamo misurarci in Italia, non è solo economica e finanziaria; ha anche rilevanti e decisivi aspetti politici.
Se le cose stanno così, quel "Il dopo non mi riguarda" da Lei ripetuto nella stessa occasione, ha rilevanza solo per le Sue scelte private. Lei ha assunto la responsabilità di formare e guidare il governo esattamente per migliorare le prospettive, cioè il futuro, dell'Italia; che non si presentano affatto bene. Oggi ci dice che l'azione sul terreno dell'economia è necessaria, ma non sufficiente; che si devono affrontare anche le incognite e le preoccupazioni che gravano sul terreno della politica.
Oltre che veritiera (secondo me), la Sua denuncia, pacata nel tono, è drammatica nella sostanza. Se non si mette in moto anche l'altra gamba, quella politica, l'azione del Suo governo, per quanto tecnicamente sapiente, e incisiva nell'ambito economico, non assicura i risultati richiesti e sperati.
Anche il 18 aprile, come tante altre volte, Lei ha rivendicato di aver fatto "solo un discorso di verità". Ma, oltre a quello che Lei va facendo, si impone anche un altro "discorso di verità". Cosa può, cosa deve significare "riforma dei partiti" o "riforma della politica" di cui tutti si riempiono la bocca? E' fondato auspicare, attendersi "riforme" cioè cambiamenti veri, nella politica e in coloro che la interpretano senza definire e realizzare una riforma anche delle istituzioni entro cui prende forma la politica e agiscono i partiti? O può essere prolungato senza guasti irreversibili un sistema di finanziamento statale dei partiti come quello in vigore? Ed è ancora tollerabile mantenere la funzione governativa così dipendente dagli interessi partitici? E ipotizzare, anzi, nuove leggi elettorali che accrescerebbero tale dipendenza?
Mi dirà che non è compito Suo e del Suo governo dare risposte a queste domande. Posso convenirne; ma Lei converrà con me che qualcuno queste risposte deve pur darle. A meno di non fare orecchie da mercante anche con Lei quando dice, con assoluta chiarezza, e a tutti che restando nei limiti non tanto tecnici quanto economici del suo mandato, non c'è da farsi illusioni per il futuro.
E inesatta, forzata, deviante questa mia riflessione? O contiene elementi che lei considera fondati? Non pretendo certo di avere una risposta diretta. Cercherò di capire: dagli atti che farà, dalle parole che dirà. E' probabile, perciò, che torni a scriverle.

Nessun commento: