mercoledì 25 aprile 2012

marx e la corruzione capitalistica da homolaicus


..................SULLA CORRUZIONE POLITICA, clicca
La nostra epoca è caratterizzata dal dominio del capitale. È nata -come dice il marxismo- nel XVI sec. e, se ogni civiltà dura mediamente un migliaio di anni, essa non morirà tanto presto, anche se i sintomi della sua decadenza si vedono chiaramente sin da ora. Con le due guerre mondiali (soprattutto con l'ultima) abbiamo sperimentato di quanta distruzione sia capace il capitalismo. Una terza potrebbe esserci per una nuova ripartizione delle colonie voluta da eventuali Paesi del Terzo Mondo o dell'ex "socialismo reale" divenuti capitalisti, oppure per impedire che questi Paesi diventino veramente "socialisti".
Si può addirittura prevedere che il futuro capitalismo, alla luce di quanto è già successo col nazismo e col fascismo, che si richiamavano alle idee del socialismo, avrà tratti assai simili allo stalinismo, benché dal punto di vista borghese. Il socialismo occidentale si affermerà come forma di razionalizzazione del capitale. Naturalmente, perché ciò avvenga, occorrerà una base popolare di consenso molto più ampia di quella che riuscì ad ottenere il nazifascismo: non basterà la piccola borghesia, ci vorranno anche gli operai.
Per conseguire un obiettivo del genere sarà necessaria una corruzione particolarmente sofisticata. Attualmente la corruzione dei partiti occidentali che si richiamano, in maniera distorta, al socialismo, facendo gli interessi del capitale, è fondamentalmente di tipo economico, cioè fondata sulla possibilità di ottenere dei vantaggi materiali. In Occidente ancora non si concepisce una corruzione "ideale", senza profitto: se esiste, essa viene considerata o stupida o poco pericolosa.
Con lo stalinismo invece si è inaugurata una nuova forma di corruzione, quella politica, cioè del dominio allo stato puro, del potere per il potere, dell'egemonia assoluta su tutto, anche sul capitale, in nome di un'ideologia apparentemente favorevole alle masse. Lo Stato era uno strumento non della borghesia, ma di un partito. Hitler e Mussolini sono stati il prodotto della classe borghese e senza l'appoggio dei monopoli non avrebbero potuto fare niente. Stalin invece è stato il prodotto di un'idea, che prima si è affermata in seno a un partito di governo e poi è dilagata in tutto lo Stato.
La superiorità della corruzione politica dello stalinismo è dimostrata anche dal fatto ch'essa è durata tantissimo, anche dopo la morte di Stalin e persino dopo la destalinizzazione del XX Congresso del Pcus: praticamente essa ha cominciato a entrare in crisi solo con la filosofia della perestrojka, ufficializzata dall'ex-partito di Gorbaciov nell'aprile del 1985.
Forse gli storici si dovrebbero chiedere se il socialismo di stato non abbia vinto il nazifascismo anche per questa sua più alta forma di corruzione. Spesso infatti si dice che il socialismo ha vinto il capitalismo, nella IIa guerra mondiale, nonostante lo stalinismo. Eppure lo stalinismo ha rappresentato, benché negativamente, una più alta forma di organizzazione statale. Un collettivismo forzato può portare a risultati peggiori dell'affermazione individualistica dell'uomo, ma i fatti hanno dimostrato che ai tempi di Stalin esso costituiva un'organizzazione più razionale.
Il fallimento totale di questa organizzazione si è verificato non in tempo di guerra ma in tempo di pace. La ragione sta nel fatto che nel mentre la si costruiva, gli uomini erano convinti che con essa avrebbero potuto realizzare gli ideali del socialismo. Essi in realtà stavano realizzando gli ideali del socialismo di stato, burocratico e amministrato. Ecco perché oggi, nei paesi est-europei, molti vedono l'affermazione dell'individualismo anche in funzione antisocialista. Ecco perché dobbiamo fare in modo che l'ideale del collettivismo libero non vada perduto. Solo con l'edificazione di questa forma di collettivismo l'umanità potrà risparmiarsi i disastri sia del capitalismo che del socialismo di stato.
IL FORMALISMO BORGHESE
Una caratteristica tipica della morale nella società capitalistica è il formalismo.
Poiché, per principio, ogni criterio di vita, nell’ambito del capitalismo, è antitetico all’umanità delle cose, il limite che generalmente si vuole porre fra un’azione lecita e una illecita è di fatto un limite di circostanza, legato alla convenienza del momento.
Quanto pesino, nella determinazione di tali confini formali di liceità, gli interessi di potere, è facile indovinarlo. La morale capitalistica è essenzialmente il frutto di un compromesso di conflitti antagonistici per natura.
Nel capitalismo tutto è antagonistico, a meno che non sussistano sacche di pre-capitalismo in via di estinzione, o non si formino resistenze di tipo anti-capitalistico, capaci di evolversi verso forme di transizione socialista.
La morale capitalistica è la morale dell’interesse privato prevalente, cioè di quella sfera privata che, a causa della sua forza, tende a ufficializzarsi, diventando sfera dominante. In tal senso, tutte le differenze che si pongono tra azioni lecite e illecite diventano alquanto formali e relative.
L’unica vera differenza possibile, nell’ambito del capitalismo, è quella fra un’azione illecita sanzionata dalle leggi (p.es. l’usura delle banche) o dalla prassi quotidiana (p.es. l’evasione fiscale o i profitti della criminalità organizzata) e l’azione illecita al di fuori delle consuetudini e delle leggi dominanti (p.es. lo scippo di un tossicodipendente).
Normalmente noi consideriamo la mafia un fenomeno illecito, ma solo un ingenuo potrebbe pensare che l’attività di un’impresa capitalistica o di una banca sia sostanzialmente lecita, ovvero che sia illecita solo in casi del tutto particolari.
L’immoralità, cioè la corruzione, l’assenza di valori umani ecc., è la regola, non l’eccezione, nella società capitalistica.
Peraltro tale società è strutturata in maniera così gerarchica e burocratica che il singolo diventa immorale anche contro la sua volontà. Non tanto perché egli sia consapevole di compiere azioni immorali (che non vorrebbe compiere), quanto perché si trova a compierle anche senza saperlo: anzi, normalmente, la sua immoralità più persistente è proprio quella più inconscia, cioè quella maggiormente determinata dalla fisionomia globale del sistema, che porta ad assumere, in maniera del tutto naturale, pensieri e atteggiamenti contrari all’etica umana...............


orso castano : ci si scandalizza sulla corruzione dilagante nell'Italietta post-edonistica-erotica di B. che ha voluto eroticitizzare la corruzione: non piu' soldi , o meglio non solo soldi ,rubati allo stato, occupato dalla finanza internazionale (o da partiti asserviti ad essa) ,ma anche favori, prostitute, barche , nani e ballerine, videocrazia, tutto, anche gli strumenti piu' aggiornati per comunicare, tutto sotto controllo attraverso la corruzione ed il vizio piu' sfrenato, fino alla perversione. Tutto sempre finalizzato al mantenimento del potere contro le classi piu' deboli e povere.Non siamo piu' all'etica borghese luterana, ma al capitalismo onnivoro contemporaneo (vedi post sullacorruzione finmeccanica), che per sopravvivere ha bisogno di un dominio sempre piu' spinto sulle coscienze, come acutamente osservava Marcuse o come piu' blandamente afferma Baumann col suo concetto di "coscienze fluide", junghianamente intese. La crisi mette in discussione questo modello, ma anch'essa e' una crisi ciclica' , non definitiva del modello capitalistico. Al centro viene messa la finanza internazionale , la globalizzazione della stessa finanza ed una trasformazione del modo di produzione che non cambia assolutamente i rapporti di potere sui luoghi di produzione stessi, anzi la concentrazione del potere nelle mani della finanza internazionale viene accelerata, cosi' la razionalizzazione produttiva , la delocalizzazione (per una radicale negazione dei diritti del lavoro) . la crisi e' utilizzata dalla finanza per cercare di sfuggire al controllo delle classi subalterne che dovranno riorganizzarsi a livello internazionale per non "finire a gambe all'ìaria"...
 

Nessun commento: