martedì 10 aprile 2012

cure primarie e territorio : modelli (1)

Cercare sul portale "Saniter":  "I Piani di zona distrettuali per la salute e
il benessere sociale 2009-2011:
una prima analisi dell’integrazione 
della programmazione 
nei documenti e nei processi "
il modello dell'Emilia-Romagna propone uno stretto intreccio tra dinamicher sociali ed assistenza sanitaria, linea di indirizzo classica ormai per quella Regione. Le analisi della situazione sociale , e quindi Sanitaria, precedono e costituiscono la base per organizzare la risposta dei Servizi Socio-Sanitari. : 

"I Piani di zona distrettuali per la salute e
il benessere sociale 2009-2011:
una prima analisi dell’integrazione 
della programmazione 
nei documenti e nei processi " poi vedi anche : "Parma, 21-22 ottobre 011Percorsi di innovazione nelle cure primarie"
il modello dell'Emilia-Romagna propone uno stretto intreccio tra dinamicher sociali ed assistenza sanitaria, linea di indirizzo classica ormai per quella Regione. Le analisi della situazione sociale , e quindi Sanitaria, precedono e costituiscono la base per organizzare la risposta dei Servizi Socio-Sanitari. : 
..........2.4 Il target degli interventi: alcune riflessioni .Le “tabelle 1” prevedono uno specifico campo in cui indicare
un target o più target a cui afferisce l’obiettivo in oggetto. 
La possibilità di indicare più target
contemporaneamente, al di là del
mero fatto formale di per sé di poco
conto, ha rappresentato per la Regione una delle sfide per la nuova stagione programmatoria distrettuale
integrata: infatti, così facendo, si è voluto dare la possibilità di “superare” la
stretta logica programmatoria – tipica del settore sociale –
per specifici target di popolazione, logica che aveva dominato
la passata stagione di programmazione sociale consolidatasi
nei Piani di zona sociali fino al 2008. 
Non va inoltre dimenticato che una delle novità più sostanziali
della nuova programmazione distrettuale di ambito sociale e socio-sanitario rispetto alla passata stagione era costituitadalla possibilità di programmare avendo come riferimento finanziario il Fondo sociale locale e non più i singoli Programmi
finalizzati che, come noto, richiedevano una programmazione per target “in senso stretto”. 
Il passaggio è stato innovativo ma non traumatico introducendo un nuovo modello di programmazione fondato sull’equilibrio tra “target”,“trasversalità” e “flessibilità” delle
programmazioni locali Il Fondo Sociale locale da un lato ha mantenuto una specifica
attenzione ai target tradizionali (minori e famiglie,povertà ed esclusione sociale, immigrazione ecc..) attraverso la individuazione a livello regionale di percentuali minime di risorse da
assegnare a ciascun target mediante la ripartizione ai singoli
ambiti territoriali.Ma per la prima volta il Fondo Sociale Locale era compostoanche da una assegnazione di risorse “indistinta” che consentiva una programmazione di azioni trasversali e/o una maggiore flessibilità con le specificità dei bisogni territoriali.   Come si può intuire da questi brevi accenni la sfida perciò andava oltre questioni formali, ma richiedeva ai territori – che,non si dimentichi, avevano tempi stretti di programmazione
e molte novità sostanziali da implementare – un cambiamento sostanziale di visione programmatoria: da compartimentale ad integrata. Nella consapevolezza che non è certo sufficiente uno strumento affinché le politiche si integrino, si è tuttavia voluto lasciare la possibilità ai territori – anche a partire dallo strumento – di avvicinare le prassi programmatorie fra settore sociale e socio-sanitario, giustamente rivolte a target specifici di popolazione – e altre politiche - sanitarie in primis, maanche ambientali, della mobilità, urbanistiche - vocate a programmare interventi per tutta la popolazione. 
Questo aspetto, quello dei destinatari delle politiche integrate, è certamente uno dei più importanti da considerare nella presente analisi ed è anche un aspetto sul quale si misurerà il
reale impatto delle novità programmatorie promosse dalla Regione Emilia-Romagna per il triennio 2009-2011; è altrettanto.......

certo che l’analisi documentale non può che suggerire parziali
riflessioni e valutazioni sull’effettivo realizzarsi di politiche integrate. Ecco perché nei focus valutativi con gli Uffici di piano
l’aspetto della “tenuta” della programmazione per target è
stato ripreso e considerato. Di quanto emerso in quella sede
si darà conto nel capitolo conclusivo del presente rapporto. 
L’analisi condotta e riportata in dettaglio nell’Allegato 1 ha
sollecitato alcune riflessioni che si sono poi confrontate in
sede di focus group con gli Uffici di piano distrettuali. 
In buona sostanza, l’analisi documentale delle scelte operate dai
distretti ha posto in evidenza come l’individuazione degli obiettivi
strategici di una programmazione distrettuale che si vuole ed è
sempre più “integrata” renda in alcuni casi un po’ limitata la logica programmatoria - tipicamente sociale - per target. 
Ovviamente, l’affermazione che l’impostazione “per target”
stia diventando un po’ “stretta” non vuol dire che deve essree superata la programmazione di interventi specifici rivolti
ad una parte di popolazione emiliano - romagnola soprattutto in termini promozione di politiche di integrazione o di
sostegno a particolari situazioni di diseguaglianza (si pensi ad
esempio al tema della povertà o dell’integrazione sociale dei
cittadini stranieri). 
E in questa sede va ricordato come è importante finalizzare
gli interventi a livello locale su alcune specifiche aree che altrimenti sarebbero difficilmente considerate come prioritarie
nelle agende degli amministratori locali, soprattutto in alcune
zone della Regione. 
Probabilmente il tema strategico da esplorare – prima ancora
a livello regionale e poi, a cascata, a livello locale – è come
rendere la programmazione  sempre più integrata tra politiche
mirate per rispondere a specifiche forme di svantaggio, e politiche di qualificazione complessiva del sistema di welfare. 
Analoghi ragionamenti si potrebbero fare per altre aree delle
politiche sociali e socio-sanitarie. Forse il percorso promosso dal
Fondo per la non autosufficienza che ha – per l’appunto – unificato due target tradizionalmente separati – anziani e disabili
– potrà essere esteso anche ad altri ambiti: sostegno alla genitorialità e sostegno ad infanzia e adolescenza rappresentano
altre aree in cui – ovviamente – i punti di contatto e di discrimine
sono sempre più sfumati, anche tenendo conto del fatto che
oggi aiutare e sostenere la genitorialità appare essere la via
maestra per aiutare e sostenere i bambini e gli adolescenti. 
Uno dei rischi dell’unificazione dei target è che si perda di
vista la realizzazione di alcune azioni considerate come prioritarie, soprattutto in tempo di crisi economica, ma importanti
nel lungo periodo: ci si riferisce agli interventi di promozione
dell’agio, del lavoro di comunità, tipicamente sociale, che aiutano a rinsaldare relazioni di auto e mutuo aiuto, solo per citare alcuni esempi. Ma anche a tal proposito non va
dimenticato che molto è stato fatto dalla Regione in questi
ultimi anni e pertanto si può sperare che alcuni obiettivi delle
politiche più promozionali e meno riparative siano entrate nel
lessico e nelle prassi degli interventi locali. 
Almeno in alcuni settori delle politiche – quali la non autosufficienza o l’area famiglie e minori – interventi normativi “forti”
sostengono e monitorano la realizzazione di questi interventi
(ad esempio le DGR 509 e 1206 del 2007 e seguenti sul FRNA,
la legge 14/2008 sulle giovani generazioni). Per la presente e
per le future valutazioni del livello di integrazione delle politiche
occorrerà verificare se i territori sono riusciti a dare corpo ad
una nuova idea di programmazione integrata, i cui obiettivi si
trovano così emblematicamente tracciati in un Piano di zona a
proposito delle politiche giovanili: 
“è necessario superare alcune visioni stereotipate che ci portano a distinguere in due grandi filoni gli interventi rivolti ai
giovani: la promozione di stili di vita sani e la prevenzione del
consumo di sostanze o di comportamenti a rischio, passando
così dalle politiche riparative o redistributive ad un approccio
che ricomponga in un’unica visione strategica i diversi ambiti
e che meglio favorisca la messa in valore del capitale sociale
del territorio e della cittadinanza attiva e favorisca la costruzione di connessioni, lo sviluppo delle reti, per rinsaldare un
patto fra giovani e comunità, per sviluppare un’attività di prevenzione e di accompagnamento alla crescita, in un processo
di integrazione con le politiche sociali e sanitarie. miglie e/o le figure genitoriali, talvolta evidenziano situazioni
di affaticamento, solitudine, criticità, si trovano oggi maggiormente disorientate e in difficoltà a gestire le fasi della crescita dei loro figli, a sostenerne i processi educativi e le
specifiche esigenze in presenza di comportamenti a rischio
legati all’uso di sostanze e non solo (es. disturbi alimentari)”
5[…] Le famiglie................

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