venerdì 8 giugno 2012

Continuità assistenziale ospedale-territorio per il paziente con scompenso cardiaco cronico: una rivoluzione e una sfida nella cura ambulatoriale




Sabino Scardi1, Franco Humar1, Andrea Di Lenarda1, Carmine Mazzone1, Carlo Giansante2,
Gianfranco Sinagra1
1Dipartimento Interaziendale di Cardiologia, Trieste e Scuola di Specializzazione in Cardiologia,
Università degli Studi, Trieste, 2S.C. Clinica Medica Generale e Terapia Medica, Università degli Studi, Trieste

Abstract
Healthcare managers are more and more interested in the role of general practitioners (GP) in the
treatment of cardiovascular diseases. Continuing adjustments of the health organization are the
old/new challenge in improving patient care. The European Society of Cardiology guidelines recommend
a disease-man agement program for heart failure (HF); moreover, observational studies and
randomized controlled trials have reported better patient outcomes if patients are in charge of cardiologists
rather than GPs or other physicians.
Patients with chronic HF are often very old and affected by multiple comorbid conditions, by
themselves associated with high rates of morbidity and mortality. Furthermore, too many patients receive
neither a correct diagnosis nor treatment until advanced disease occurs. New treatment approaches,
some of them requiring the expertise of well-trained cardiologists, are ongoing to improve
the clinical outcomes.
The optimal management of patients with HF needs teamwork, i.e. GPs, cardiologists, nurses and
caregivers, since a multidisciplinary program, only, can embody the best answer for outpatients with
chronic HF.
Currently, the Cardiovascular Center in Trieste is performing an experimental trial, so far never
attempted before, in treating patients with chronic HF using a thorough approach with the full involvement
of local cardiologists, GPs and nurses. Such approach is, at the same time, as well a challenge
as an opportunity: a challenge because conventional clinical habits must be changed; an opportunity
because patients can benefit from a proper whole care-group, aimed at prolonging life and
reducing morbidity and symptoms.
(G Ital Cardiol 2007; 8 (2): 83-91)

stralcio del lavoro :......................................Quale futuro per la continuità assistenziale:
presa in cura o presa in carico?
La continuità assistenziale è un sistema integrato di accompagnamento
del malato nelle sue diverse fasi del
bisogno38. È perciò un progetto organico di care, cioè
presa in cura e presa in carico del paziente che deve essere
personalizzato e affrontato in maniera multidisciplinare,
coinvolgendo accanto al personale medico
(MMG e specialisti), anche quello non medico e spesso
anche i servizi sociali20. Se i bisogni degli utenti sono
al centro del sistema assistenziale, le Aziende Sanitarie
devono organizzare un’offerta coerente, centrata
sul paziente e non sulla prestazione, sufficiente per consentire
la presa in carico globale del paziente con SC
cronico assicurando39-43:
- un programma centrato sulla persona (patient/clientoriented)
e integrato fra professionisti diversi;
- la standardizzazione del processo di cura con interventi
di provata efficienza ed efficacia;
- un percorso diagnostico-terapeutico preordinato e
condiviso.
Va sottolineata l’importanza del programma centrato
sulla persona: un paziente con SC non deve avere il
medesimo iter gestionale se giovane o anziano, se vive
solo o in famiglia, in città o in montagna, in una casa al
piano terra o al quinto piano senza ascensore.
Come garantire la continuità assistenziale
tra ospedale e territorio?
Nel nostro paese, l’attuale rapporto ospedale-territorio
è caratterizzato da insufficiente comunicazione tra medici
dell’ospedale, MMG e cardiologi ambulatoriali per
difficoltà di contatti tra gli operatori, per mancanza di
linguaggio comune con le conseguenti difficoltà di discussione
e di partecipazione reciproca, talora anche
per la mancata condivisione dei protocolli diagnostici e
terapeutici44.
Inoltre, l’assistenza extraospedaliera spesso è priva
di un adeguato supporto cardiologico clinico e strumentale,
limitato spesso alla presenza del singolo specialista
ed è “scollegata” dall’ospedale. In sintesi, l’organizzazione
della cura dello SC cronico deve prevedere
la creazione di una rete organizzativa multidisciplinare
che raccordi la cura in acuto con quella a lungo termine,
assicuri il follow-up e la rivalutazione dei malati
ed avvii programmi di continuità assistenziale. Per il
futuro della continuità della cura dei pazienti con patologia
cardiaca (e non solo) è necessario ridisegnare il
confronto alla pari fra MMG e specialista con funzioni
diverse, ma necessariamente integrate per costruire in-
S Scardi et al - Continuità assistenziale nello scompenso cardiaco
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Tabella 2. Carenze nella gestione ambulatoriale dello scompenso
cardiaco.
Scarsa familiarità con le linee guida
Ritardo nella diagnosi
Mancata esclusione di altre cause non cardiache dei sintomi
Mancata valutazione della funzione ventricolare
Mancata identificazione e trattamento delle cause reversibili
Inadeguato trattamento delle malattie concomitanti (ipertensione
arteriosa, angina o malattia ischemica)
Inadeguato uso dei farmaci
Figura 2. La continuità ospedale-territorio. UTIC = unità di terapia intensiva
cardiologica.
TERRITORIO UTIC DEGENZA RIABILITAZIONE
CONTINUITÀ ASSISTENZIALE
sieme un programma di continuità assistenziale. Ma
quale deve essere il ruolo del MMG, dello specialista e
dell’infermiere nell’era del consumismo medico? In altre
parole chi fa, cosa, quando, dove?44
Compiti del medico di medicina generale
Al MMG spetta richiedere le prestazioni, anche perché
ha la titolarità del budget (gatekeeper and case manager),
ed è il fattore fondamentale delle cure perché deve
coordinare la continuità assistenziale.
Il MMG è chiamato a gestire la grande maggioranza
dei pazienti con SC cronico ma, oltre alla cura tradizionale,
i suoi compiti principali sono l’azione di prevenzione
della malattia (ritardandone la comparsa nei
soggetti a rischio)45 e di contrasto alla sua progressione,
proponendo sollecitamente al cardiologo quei casi
in cui sia necessaria una valutazione clinico-strumentale
cardiologica per instabilità o per aggravamento della
sintomatologia, utilizzando una linea di comunicazione
facilitata1. Una volta valutata la gravità dell’episodio in
termini prognostici deve:
- stabilire il follow-up mirato in rapporto alla gravità
della malattia;
- osservare gli effetti indesiderati dei farmaci prescritti
in ospedale;
- valutare l’evolvere delle comorbilità;
- attivare, se necessaria, la gestione domiciliare;
- coordinare le consulenze specialistiche e gli operatori
infermieristici e sociali dell’assistenza domiciliare.
La “vera” continuità assistenziale per il paziente
con SC cronico si realizzerà solo se, al MMG, si affiancherà
personale medico e infermieristico realmente
esperto nelle patologie cardiologiche e quelle correlate.
In altre parole per una cura razionale extraospedaliera
del paziente con SC cronico bisogna assicurare una
competenza cardiologica al sistema delle cure primarie35,44,46,47.
Il nuovo “ruolo” del cardiologo
extraospedaliero nella cura dello
scompenso cardiaco cronico
Il cardiologo, terzo vertice di un triangolo clinico che
comprende il paziente e il MMG, ha un ruolo chiave
nella gestione dello SC cronico per migliorare la qualità
della cura perché, nel protocollo a gradini, assicura
un supporto decisionale in fase diagnostica, di stratificazione
prognostica e di intervento terapeutico, ma anche
imposta il follow-up mirato condividendo con il
MMG il percorso del paziente in stretta continuità assistenziale.
Inoltre il cardiologo extraospedaliero colloquia
con i cardiologi ospedalieri, raccordando la cura
acuta con quella a lungo termine20. Spesso la complessità
di alcuni pazienti (con defibrillatore e/o stimolazione
biventricolare), la cronicizzazione, la fase di refrattarietà
della malattia, la diagnostica sofisticata, la
gestione delle comorbilità e di alcune terapie “difficili”
necessitano di competenze ad elevato contenuto specialistico-
multidisciplinare che un MMG non può, né è
tenuto ad avere46.
La situazione attuale richiede perciò una riorganizzazione
dei servizi specialistici ospedalieri ed extraospedalieri,
in rapporto a criteri epidemiologici, modificando
il sistema di cura, con la creazione del multidisciplinary
teamwork11. Il ruolo di questo team diventa
cruciale in particolare quando si gestiscono pazienti anziani,
con elevata prevalenza e incidenza di malattie
concomitanti (quali la broncopneumopatia cronica
ostruttiva, il diabete, l’ictus, ecc.) per la loro corretta
valutazione diagnostica e stratificazione prognostica e
per la razionale prescrizione della terapia, anche per
evitare il rischio di pericolose interazioni e/o mancata
compliance.

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