martedì 12 febbraio 2013

Egitto : Perché noi rivoluzionari abbiamo perso

La rivoluzione in Egitto è fallita perché soffocata dall’intesa fra militari e islamisti. Le ingenuità dei giovani, eccitati dall’esposizione mediatica. L’"accordo di Vermont". Ma ora che i Fratelli devono gestire il potere, può cominciare il loro declino...............Tuttavia, lo scioglimento del parlamento da parte dello Scaf, che apparentemente metteva fine all’accordo con i Fratelli, permise l’entrata in gioco di uno dei leader della Fratellanza, Hayrat al-Shater, considerato da molti come l’uomo forte, la vera guida suprema e il grande rinnovatore dell’organizzazione islamista. Ma il suo coinvolgimento in vicende giudiziarie gli impedì di candidarsi alle elezioni. Ciò spinse i Fratelli a candidare, con successo, una personalità di riserva, Muhammad Morsi, che per questo motivo fu soprannominanto goliardicamente "la ruota di scorta". Le forze rivoluzionarie non fecero tesoro dei precedenti errori e non si raggrupparono attorno a un solo candidato rivoluzionario. Alle presidenziali si presentarono ben tredici candidati, tra islamisti e rivoluzionari - nelle file di questi ultimi Hamdin Sabbahi e Halid ‘Ali - oltre ad ex dirigenti del regime, a capo dei quali spiccava Ahmad Safiq, il primo ministro di Mubarak che aveva fatto di tutto per reprimere la rivoluzione. Il risultato del primo turno delle elezioni fu scioccante. Al ballottaggio arrivarono Ahmad Shafiq, rappresentante dell’ex regime, e Muhammad Mursi, candidato dei Fratelli musulmani. Chi votare al ballottaggio? Per i rivoluzionari le due opzioni erano una peggiore dell’altra. Sarebbe stato ridicolo aver fatto una rivoluzione per poi votare Ahmad Safiq, già rigettato dai rivoluzionari nei mesi caldi dello scontro con il vecchio regime. L’altro candidato era il rappresentante di un’organizzazione terroristica che si rifiuta di riconoscere il concetto di cittadinanza e la stessa statualità egiziana. Apparve allora sulla piazza un gruppo rivoluzionario chiamato più tardi "i rivoluzionari del pizzicotto sullo stomaco" (2), i quali si schierarono, a malincuore, con Mursi, grazie al cosiddetto "accordo di Vermont", dal nome dell’hotel in cui fu raggiunta l’intesa. La storia ebbe inizio quando Muhammad Biltagi, segretario del partito al-Hurriyya wa-l-‘Adala, invitò Muhammad al-Baradi'i (El Baradei) a preparare un incontro con Muhammad Mursi. L’ex direttore dell’Aiea promise di presentarsi in compagnia dello scrittore di fama internazionale ‘Ala’ al-Aswani e del giornalista Wa’il Qandil, portavoce ufficiale del partito al-Dustur. Al-Biltagi chiamò Ahmad Mahir, coordinatore del Movimento 6 aprile, e Sadi al-Gazali Harb, membro della coalizione rivoluzionaria, oltre alla scrittice Sakina Fu’ad, al giornalista Hamdi Qandil e a Wa’il Gunaym, attivista politico e simbolo della rivoluzione di Tahrir. L’allora coordinatore dell’Associazione nazionale per il cambiamento affermò che bisognava bloccare l’avvento di Shafiq al potere in tutti i modi, anche appoggiando - pur se a malincuore - la candidatura di Muhammad Morsi. Durante l’incontro, ‘Ala’ al-Aswani attaccò Mursi affermando: "Voi siete la causa di quello che succede ora nel paese. Voi ci avete scaricato non appena avete preso il parlamento. Voi sarete la causa della vittoria di Shafiq", affermando di voler restare all’incontro soltanto perché disposto a vendere l’anima al diavolo pur di impedire a Shafiq di assumere la presidenza. Poi aggiunse: "Non sono venuto per amore vostro. Voi ci avete ingannato tutti". I giovani rivoluzionari, che capirono che i Fratelli li avevano contattati perché temevano la vittoria di Shafiq,misero in guardia Morsi dallo scendere a patti con lo Scaf: "Se ciò dovesse succedere, vi metteremo a nudo ovunque". Morsi fu sorpreso dall’attacco durissimo dei rivoluzionari. La riunione sarebbe fallita se non fosse intervenuto Hamdi Qandil, che invocò un accordo nazionale per salvare la rivoluzione. Nonostante le forti divergenze, si riuscÏ a redigere un comunicato congiunto, una sorta di documento per l’unità nazionale, che affermava questo nuovo spirito comune. Morsi promise di rispettare, in caso di vittoria, i seguenti punti: A) Un programma di unità nazionale che rispettasse tutte le componenti della società egiziana, comprese le donne, i copti e i giovani. B) L’Èquipe presidenziale e il governo di salvezza nazionale avrebbero ricompreso e rappresentato al loro interno tutte le correnti nazionali. Il primo ministro sarebbe stato una personalità indipendente. C) La creazione di un’unità di crisi, formata da personalità di spicco, per affrontare la grave situazione del paese e assicurare il passaggio dei poteri al presidente eletto e alla sua Èquipe. D) Il rifiuto della dichiarazione costituzionale supplementare che perpetuava lo stato di emergenza privando il presidente dei suoi poteri e usurpando anche il potere legislativo. Il rifiuto del decreto militare di scioglimento del parlamento come della creazione del Consiglio nazionale di difesa. E) Un’Assemblea costituente equilibrata, che rappresentasse tutti gli egiziani. F) Trasparenza e chiarezza con il popolo. G) L’impegno per la creazione di un moderno Stato civile, democratico e costituzionale, basato sulla giustizia sociale, sulle libertà personali e sulla cittadinanza. Lo stesso giorno in cui lo Scaf promulgava la dichiarazione costituzionale supplementare, avendo percepito che i Fratelli avrebbero potuto ritirarsi dall’accordo dopo aver ottenuto ciò che volevano, ebbe luogo il ballottaggio. I primi risultati del ballottaggio indicavano una sostanziale parità tra Morsi e Shafiq, con un gran numero di voti truccati a favore del primo. Cinque ore dopo la fine delle elezioni e la chiusura dei seggi, alle quattro del mattino, Muhammad Morsi annunciò la sua vittoria. Intanto la Fratellanza minacciava tutti, affermando di disporre di 17 mila combattenti pronti a sparare nel caso venisse annunciata la vittoria di Shafiq. Sicché lo Scaf premette sulla Commissione elettorale per assegnare la vittoria a Morsi, infine annunciata con una percentuale del 51,7%. L’ennesimo accordo Fratelli-Scaf andava a buon fine: Morsi era il nuovo presidente. La vittoria di Morsi segnava la fine della rivoluzione e la vittoria dell’organizzazione radicale dei Fratelli musulmani. Tramontavano i sogni dei laici, l’idea di uno Stato moderno. La Fratellanza crede alla democrazia solo fintanto che le permette di accaparrarsi il potere. Ma alla fine del tunnel, nel popolo egiziano resta un barlume di speranza:i Fratelli hanno tentato di giungere al potere per 84 anni, ma non hanno mai pensato a come governare. Come predisse il grande intellettuale - poi vittima del fondamentalismo islamico - Farag Fuda, "la fine del movimento politico islamista in Egitto avverrà nel momento stesso in cui prenderà il potere". A essere di buon auspicio è la notevole diminuzione di popolarità dei Fratelli e della corrente islamista. Dagli iniziali 18 milioni di voti alle parlamentari, alle presidenziali i voti dei Fratelli sono calati a 13 milioni. Un terzo dei voti in meno, nel giro di pochi mesi, dovuto soprattutto alla pessima gestione islamista del parlamento. La vittoria di Morsi non segna, dunque, solo la fine del sogno rivoluzionario ma anche, si spera, la fine dello strapotere politico islamista in Egitto. Note: (1) Battaglia associata all’espansione dello spazio islamico (n.d.t.). (2) In arabo egiziano suwwar il-lamun ("i rivoluzionari del limone"). "Spremersi un limone addosso" in arabo egiziano equivale a "darsi un pizzicotto sullo stomaco" in italiano (n.d.t.). Per approfondire leggi Limes 1/13 "L'Egitto e i suoi Fratelli", disponibile in edicola, libreria e a prezzo ridotto su iPad
(11/02/2013)

Nessun commento: