martedì 26 febbraio 2013

Genetica del comportamento umano : vexata questio ma non ci sono prove geneticamente certe....

È stato emozionante leggere della recente individuazione, da parte di un gruppo alla Columbia University guidato da ricercatori italiani, di due geni responsabili dell’aggressività del glioma maligno, un tipo di tumore al cervello.  Mi unisco ai complimenti alla équipe di ricercatori in oncologia, immaginando il lungo e attentissimo lavoro che sarà costato arrivare a questo traguardo.
Scoperte simili sono decisamente poco frequenti nello studio del comportamento umano e in neuropsichiatria, la disciplina di cui mi occupo.  Anzitutto perché,come diceva un mio professore ad Harvard, David Pauls (uno dei maggiori esperti al mondo di genetica del disturbo ossessivo-compulsivo e di sindrome di Tourette), ci sono tre problemi fondamentali nella genetica psichiatrica: 1 – il fenotipo, 2 – il fenotipo e (ancora!) 3 – il fenotipo.
Il Dna contiene le informazioni geneticheIn altre parole, è importante mettere in evidenza come la definizione dei fenotipi, che sono gli insiemi di caratteristiche influenzate dai geni, sia una questione di non facile soluzione quando si studia il comportamento. Data la definizione dei disturbi psichiatrici su base fenomenologico-clinica (ovvero a partire dalla registrazione di esperienze soggettive e di manifestazioni comportamentali) e non organica o biologica, è ancora più difficile rispetto, per esempio, alle malattie cardiovascolari o ai tumori indagare la possibile influenza dei geni sulle manifestazioni anormali.

Il Dna contiene le informazioni genetiche
È anche per questo che si sta cercando di identificare cosiddetti endo-fenotipi, ovvero caratteristiche dei disturbi maggiormente oggettive e vicine ai processi biologici coinvolti (es. tratti neuro-psicologici) a cui poter legare laricerca di specifici alleli (particolari varianti geniche). Va aggiunto a questo il fatto, che rende l’indagine genetica in psichiatria ancora più complessa, che per i disturbi dell’umore (quali depressione e disturbo bipolare) e d’ansia (disturbo ossessivo-compulsivo, da attacchi di panico, sindrome post-traumatica da stress, ansia generalizzata, ecc.), così come per le psicosi e le sindromi schizofreniche più comuni, non è stata individuata una trasmissione semplice di tipo mendeliano oppure legata a pochi geni circoscritti e che giocano un ruolo primario. Si pensa infatti che la trasmissione sia nella gran parte dei casi di tipo poligenico: tantissimi geni diversi darebbero ciascuno un contributo molto piccolo alla suscettibilità per uno o più disturbi.
Una delle pubblicazioni in psichiatria più importanti del 2009 riguarda proprio la genetica psichiatrica ed è apparsa su Nature a opera di un gruppo del Broad Institute di Boston in collaborazione con altri centri internazionali, anche europei. Con alcuni degli autori di questo articolo ho studiato durante il corso di laurea ad Harvard, con altri di loro ho pubblicato durante un programma di scambio con studenti del Karolinska Institutet in Svezia mentre lavoravo alla mia tesi di dottorato.  Per cui conosco di prima mano molti dei problemi e la tipologia degli strumenti di ricerca adottati.
Attraverso una serie di analisi statistiche complesse (il primo autore dell’articolo è un esperto di statistica e informatica genetica), il consorzio internazionale di ricercatori ha identificato un’area del genoma umano in corrispondenza della regione del “complesso maggiore di istocompatibilità di classe I” che conferirebbe suscettibilità sia alla schizofrenia che al disturbo bipolare (quello che un tempo si chiamava psicosi maniaco-depressiva).  L’analisi presentata conferma anche la trasmissione poligenica dei distrubi.
Pubblicazioni come questa sono il frutto di molti anni di studio e di ricerca: l’erogazione dei fondi per sostenere le attività e l’organizzazione del consorzio che ha realizzato la scoperta risale alla prima parte del decennio (mentre alcuni tra gli autori hanno completato i loro studi di dottorato negli anni ’90).
La speranza è che l’identificazione di geni legati ai disturbi del comportamento aiuti a comprendere la catena causale e i meccanismi biologici coinvolti e di conseguenza serva a identificare nuovi target molecolari per la terapia farmacologica. L’augurio per il 2010 è che tanto lavoro di preparazione porti a chiarire ulteriormente alcuni tra i possibili fattori genetici che rivestono un ruolo importante nei processi che regolano la salute mentale.



NESSUNA PROVA GENETICA DELLE MALATTIE MENTALI

“Nessuna prova genetica di una condizione psichiatrica è durata nel tempo malgrado i dati falsi in cui comunemente si crede.”Dottor Joseph Glenmullen, psichiatra della Harvard Medical School
“... la psichiatria moderna non è ancora stata in grado di fornire prove convincenti della causa genetico/biologica di un’unica malattia mentale.” - David Kaiser, psichiatra
“In quarant’anni la psichiatria ‘biologica’ non è ancora stata in grado di dimostrare che un’unica condizione/diagnosi psichiatrica sia un’anormalità/malattia, oppure qualcosa di ‘neurologico’, ‘biologico’, ‘chimicamente squilibrato’ oppure ‘genetico’.”- Dottor Fred Baughman Jr., neurologo per bambini, membro dell’American Academy of Neurology



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