martedì 16 aprile 2013

CITOTOSSICITA’ DI SETTE NANOPARTICELLE IN PROGENITORI EMATOPOIETICI ISOLATI DAL MIDOLLO OSSO UMANO


orso castano: non tutto l'oro viene per luccicare. Questo super veloce e supervelocizzato attraverso internet delle ricerche su nuovi biomateriali sensibili alle variazioni dei parametri biologici del corpo umano , non sempre e' innocuo, anzi ci sono forti preoccupazioni sulla sua tossicita' e sulla correttezza dei protocolli che spesso rispondono piu' ad esigenze di desease mongering che ad altro. Questa tesi, molto puntuale ed interessante mostra appunto che occorre una gran orudenza nell'arrivare a false conclusioni pwer magnifiche sorti e progressive

DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE MORFOLOGICHE 
UMANE E MOLECOLARI ,  Presentata da: Dott.ssa Lisa Bregoli , link 

Discussione 

I nanomateriali sono utilizzati nella produzione industriale dei prodotti più disparati, e
stanno entrando sempre più velocemente nella vita quotidiana, tanto che si stima attorno
a 800 il numero di prodotti che contengono nanomateriali e sono presenti sul mercato
oggi. D’altro canto, le nanoparticelle derivanti dalla combustione sono da alcuni additate
come la componente più nociva dell’inquinamento atmosferico che causa malattie
cardiovascolari, ischemia del miocardio, aritmia e infarto . Nonostante questi due
discordanti dati di fatto, la comunità scientifica non ha ancora raggiunto una sufficiente
comprensione del reale rischio dovuto alla presenza di nanoparticelle e nanomateriali
nell’aria che respiriamo, nei cibi che mangiamo, nei cosmetici che applichiamo sulla nostra
pelle, nei dentifrici, nei tessuti, ed in tutti i prodotti che volontariamente o
involontariamente contengono nanomateriali.
La totale mancanza di una presa di posizione della comunità scientifica sulla tossicità delle 
nanoparticelle è dovuta al fatto che le conoscenze di base sulle caratteristiche fisicochimiche 
dei nanomateriali e la loro relazione con i meccanismi biologici sono del tutto 
insufficienti. Le caratteristiche dei materiali a livello “nano” sono ritenute totalmente
diverse dalle caratterisctiche degli stessi materiali in forma molecolare o di massa. Ne
consegue il dubbio, spesso provato da dati sperimentali, che la tossicità dei nanomateriali 
non possa essere semplicemente dedotta né regolata da studi e leggi di tossicità classica e 
che debbano essere costruite norme e protocolli standard su misura, per i nanomateriali.
Il lavoro esposto in questa tesi ha avuto come risultato l’identificazione di un sistema
semplice in cui testare la tossicità delle nanoparticelle, come alternativa alle linee cellulari
immortalizzate utilizzate in molti studi di tossicità classica. Per questo motivo abbiamo
scelto di utilizzare cellule progenitrici umane derivate direttamente dal midollo osseo di
donatori sani. L’esposizione di queste cellule alle diverse nanoparticelle testate ha 
dimostrato che l’effetto tossico di diverse nanoparticelle può essere molto diverso, a 
seconda non solo dalla fonte delle cellule utilizzate, ma anche in relazione alla via 
differenziativa che queste cellule prendono in risposta a diversi fattori di crescita. Ne 
consegue, che per capire l’effetto del contatto tra nanoparticelle e sistema biologico in 
vivo sia fondamentale scegliere il sistema biologico in vitro più idoneo da utilizzare in
laboratorio. In questo scenario, le linee cellulari immortalizzate sembrano la scelta più
lontana dalla necessità di creare un modello in vitro su cui basare protocolli standard per
la predizione della tossicità di nanomateriali in vivo.
E’ stato dimostrato che le nanoparticelle inalate possono passare nella circolazione 
sanguigna entro 1 minuto dall’esposiznione . Considerato che, prima di questo lavoro,
non erano mai stati effettuati studi di citotossicità sui progenitori ematopoietici, che si
trovano sia nel sangue che nel midollo osseo, abbiamo ritenuto rilevante la scelta di
cellule progenitrici ematopoietiche midollari umane come modello sperimentale.
Abbiamo, quindi, testato l’effetto delle 7 nanoparticelle metalliche (Au, TiO2, Fe3O4, Fe2O3,
Ag, Co e Sb2O3) sulla crescita e differenziamento delle cellule progenitrici ematopoietiche
(HPCs) CD34+ del midolo osseo umano. I risultati hanno mostrato che le NP di Au, TiO2,
Fe3O4, Fe2O3 e Ag non hanno effetti tossici alle concentrazioni analizzate, in termini di
formazione di colonie eritroidi (ross) e granculocitiche-monocitiche (bianche). Le NP di Co
e Sb2O3, invece, hanno manifestato effetti tossici che probabilmente seguono meccanismi
separati per i due diversi tipi di NP. Le nanoparticelle di Co, infatti, hanno inibito la
formazione sia di colonie rosse che di colonie bianche, in maniera dose-dependent. La
tossicità delle NP di Co, inoltre, è consistente con osservazioni su linee cellulari umane
(non mostrate) ed è probabilmente dovuta al rilascio di ioni di Co dalle NPs (45).
Le NP di Sb2O3, invece, hanno manifestato un effetto tossico molto più specifico. Infatti, la
presenza di queste NP non ha avuto nessun tipo di effetto sulla formazione di colonie
bianche da parte di progenitori midollari (CFU-GM); al contrario, le NP di Sb2O3 hanno
inibito totalemente la formazione di colonie rosse, derivanti da progenitori midollari
eritroidi (BFU-E). Questo effetto è molto specifico ed altamente consistente: alla
concentrazione di 5 ppm, tutti e 9 i campioni che abbiamo testato, provenienti da 9
donatori diversi, hanno dato lo stesso risultato: nessun effetto sui progenitori CFU-GM,
contro l’inibizione totale di colonie di origine BFU-E.
Gli esperimenti seccessivi hanno dimostrato che l’effetto tossico delle nanoparticelle di 
Sb2O3 si manisfesta durante il processo di proliferazione delle cellule progenitrici eritroidi, 
e non durante il differenziamento di questi progenitori. Inoltre, è stata molto sorpredente
l’osservazione al microscopio elettronico, che non ha evidenziato l’attesa inclusione
intracellulare delle NP di Sb2O3, ma ha mostrato una interazione a livello della membrana 
plasmatica. Il meccanismo, per cui il “solo” contatto tra le NP e la membrana plasmatica 
possa mandare un messaggio di alterazione e morte della cellula, resta da definire ed apre 
un interessante nuona prospettiva di investigazione sui meccanismi di tossicità delle 
nanoparticelle. 
L’analisi del signaling, analizzando la variazione dell’espressione di alcuni geni 6 ore dopo il
trattamento, non ha rivelato alcuna alterazione delle vie di segnalazione delle pathways
analizzate. Forse il tempo di trattamento di 6 ore non è stato sufficiente per notare
differenze a livello genico di queste vie di signaling. Abbiamo scelto questo time point
poiché da osservazione sia al microscopio elettronico che al microscopio ottico, già a 6 ore
si notavano alterazioni morfologiche delle cellule; a 24 ore dal trattamento si osservava
uno stadio avanzato di morte cellulare.
Siccome le NP che entrano nella circolazione sanguigna hanno un immediato contatto con 
le proteine del siero, oltre che con le cellule, abbiamo voluto vedere se la particolarità 
delle NP di Sb2O3 , che sono state le uniche a manifestare un effetto tossico specifico sulle 
cellule del sangue, sia ripetibile anche a livello di interazione con proteine plasmatiche. In 
effetti, in esperimenti di centrifugazione delle nanoparticelle di TiO2, Co e Sb2O3 incubate 
in siero umano, soltanto le NP di Sb2O3 hanno legato un numero indefinito di proteine del 
sangue. I pellet di TiO2 e Co, al contrario, non contenevano proteine. Questo dato 
suggerisce che le NP di Sb2O3 possano avere una maggiore capacità di legame a molecole 
proteiche, rispetto ad altre NP. 
Infine, il paragone con linee cellulari umane della stessa origine ematopoietica rispetto 
alle cellule progenitrici del midollo osseo, ha dimostrato che la risposta in termini di 
tossicità non è rispoducibile in linee immortalizzate. 
Tutti i dati presentati in questa tesi aiutano a delineare i meccanismi di tossicità delle 
nanoparticelle, e dovrebbero essere presi in considerazione quando si disegnano 
protocolli per studi sperimentali in vitro sulla tossicità delle nanoparticelle

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