da Brain Factor del 6/8/09Non stiamo parlando delle scuole italiane... In USA gli insegnanti hanno capito che le nuove scoperte delle neuroscienze nel campo dell'apprendimento possono essere di grande aiuto nell'impostazione di metodi più efficaci di "trasmissione del sapere". Ne discute Aalok Mehta sull'ultimo numero di Brain Work, la newsletter di neuroscienze di Dana Foundation (Mehta A, Neuroeducation emerges as insights into the brain and learning grow, Brain Work, Vol. 19, N. 3, Summer 2009). “L'interesse degli insegnanti per le neuroscienze è enorme: a questo punto il bisogno di neuroscienziati nelle scuole è reale”, ha dichiarato a Brain Work Ken Kosik, docente alla University of California di Santa Barbara (UCSB). “Il neuroinsegnamento (neuroeducation) è un campo interdisciplinare che vede una stretta collaborazione fra neuroscienze, formazione artistica e strumenti di insegnamento per sviluppare metodi educativi potenziati”, spiega Metha su Brain Work, richiamando i temi discussi nel recente congresso di Baltimora su “Learning, Arts, and the Brain”, tenutosi presso la prestigiosa Johns Hopkins University, e nel meeting di Washigton “Learning and the Brain”. I rapporti fra educazione artistica, creatività e abilità attentive, la modifica “fisica” dei circuiti neuronali del cervello dovuta all'apprendimento (plasticità cerebrale), le cause dei disturbi dell'apprendimento che colpiscono una buona parte degli studenti, sono stati gli argomenti che hanno visto il maggiore interesse dei neuroscienziati e degli insegnati intervenuti, che – come riporta Mehta - “hanno manifestato grande entusisasmo per le neuroscienze, richiedendo a gran voce studi e ricerche capaci di tradursi direttamente in nuove tecniche di insegnamento, da utilizzare in classe”. In questa direzione vanno le ricerche di Mariale Hardiman, fra i relatori del congresso di Baltimora, che ha messo a punto un modello di insegnamento che fa leva su strumenti neuroscientifici e psicologici di sicura efficacia sul cervello dell'adolescente, illustrato nel libro “Connecting Brain Research with Effective Teaching: The Brain-Targeted Teaching Model”. Sei i punti chiave del modello Hardiman: stimolare relazioni emozionali fra gli studenti, creare ambienti arricchiti di stimoli utili all'apprendimento, progettare indirizzi di studio basati su concetti chiave importanti, insegnare come applicare la conoscenza, valutare periodicamente i risultati educativi, infine “insegnare a imparare”. Agli incontri ha preso parte anche Michael Posner, famoso docente della Oregon University, che ha sostenuto l'importanza dello studio dell'arte nel miglioramento delle capacità di attenzione degli studenti, componente fondamentale dell'intelligenza generale. Ultimo aggiornamento ( Giovedì 06 Agosto 2009 12:52 )
orso castano: del libro, oltretutto fuori pubblicazione , non esistono recensiono ne' in italiano ne' in inglese.Per chi volesse approfondire l'argomento :Metha su Brain Work, richiamando i temi discussi nel recente congresso di Baltimora su “Learning, Arts, and the Brain”, tenutosi presso la prestigiosa Johns Hopkins University, cliccare (riporta una sintesi di quanto avvenuto nel congresso della Johns Hopkins University. Va solo tenuto conto che se e' vero che le neuroscenze possono molto aiutare, non ne va fatta una mitizzazione e vanno messe sempre sotto l'occhio critico della filosofia della scienza
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