sabato 15 agosto 2009

OSSERVANDO LA RESISTENZA DEL MONDO : SCIENZA ED ARTE COME GIOCHI COGNITIVI TRA METAFORE E MODELLI , clicca

Il manifesto di Res Cogitans , clicca

Riportare la filosofia ai problemi delquotidiano ,Essere critici costruttivi , Suscitare discussioniContrastare l'irrazionalità , Osteggiare il conformismo accademico , Guardare al futuro, Individuare nuovi problemi filosofici , Trasformare i linguaggi , Associare punti di vista diversi, Non cedere ai luoghi comuni , Stanare testi filosofici dimenticati

di Ignazio Licata , da Res Cogitans , clicca........... Gran parte dell’epistemologia classica (la cosidetta Received View,  che dai greci arriva fino a Popper, vedi Coniglione, 2008) considera il mondo come “lì”, e“già dato” e la scienza come un avvicinamento asintotico verso la descrizione finaleattraverso la successione di una catena teorica convergente verso il nucleo ultimo, quelloche la retorica delle “teorie del tutto” ha paragonato alla “Mente di Dio”. Se Dio gioca o meno a dadi con il mondo (dibattito Einstein-Bohr sulla fisica quantistica), se non solo gioca a dadi ma «li getta là dove non possiamo vederli» (Hawking), se il bosone di Higgs cer-cato oggi al CERN è “la particella di Dio”: sonotutte espressioni retoriche di una scienza anco-rata ad un oggettivismo naive e al mito delladescrizione “finale”. Nell’arte, invece, è statasempre dominante la consapevolezza cheogni rappresentazione del mondo è frutto diuna scelta deliberata dell’osservatore, e che ogni opera è inscritta dentro una serie di convenzioni che ne assicurano l’efficacia proprionella misura in cui selezionano, amplificano edinterpretano certi aspetti del mondo e ne escldono altri. Quasi tutto il dibattito sulla prospettiva- su cui spesso si incentrano molte trattazionistoriche sul rapporto scienza ed arte ne nascondeun altro assai più radicale, che riguarda l’impos-sibilità di accedere all’«Occhio di Dio» (TiborVamos, 1993), ossia ottenere rappresentazioniasettiche ed assolute, ed espellere la radicalecentralità dell’osservatore............In modo ancora piùradicale lo studio recente dei sistemi complessi ha invece posto in primo piano il problemadelle scelte metodologiche dell’osservatore, poiché si ha a che fare con sistemi che mostrano,in un senso piuttosto tecnico, aspetti diversi a seconda della “prospettiva” con cui vengonoosservati. Anche in questo caso più che una rappresentazione unica e ultima, esistono piùrappresentazioni efficaci a seconda dell’obiettivo dell’osservatore, e si può ben parlare diarte della scienza (Licata, 2008a, 2008b), ossiadelle strategie cognitive per costruire modellicomplementari in grado di cogliere aspettidiversi del fenomeno in esame. E la validità delmodello è profondamente connessa alle scelteiniziali. Nei modelli di sistemi complessi,insomma, il costruttore del modello e le suescelte sono parte integrante della costruzioneteorica, proprio come lo è Velasquez nel celebreLas Meninas. La visione classica dell’epistemologia come “Metodo” universale ed unicoattraverso cui estrarre informazione dal mondoùfino alla “fotografia” ultima è il figlio di un Logos occidentale ormai stanco, che lascia il posto ad una pluralità di approcci possibili in cui giocano un ruolo chiave gli obiettivi culturali, politici, economici ed anche le scelte estetiche della comunità scientifica. Persino il criterio sperimentale non basta più a dirimere la questione sulla “verità” di una teoria. Einstein diceva giustamente che una teoria è sotto-determinata dai dati sperimentali ed è, alla fin dei conti, una libera creazione della mente umana. Oggi potremmo aggiungere che una teoria è sovra-determinata dagli attrattori culturali dominanti della comunità scientifica.Tutto questo non deve far pensare che la scienza contemporanea abbia perso effi-cacia e potenza. A cadere è solo l’illusione che il costruttore di rappresentazioni potesse restare il fantasma dietro la teoria, invisibile e distaccato dalle sue narrazioni. Questa complessità di posizioni è ben nota all’arte contemporanea, che ha teorizzato e praticato, soprattutto dopo la dissoluzione del “soggetto” nel ‘900, un rigore che è immerso nella storicità dellescelte culturali e formali possibili. In modo analogo, la dissoluzione del “Metodo” ipotizzato dal rapporto classico tra scienza e mondo in una pluralità di strategie è l’ultimo atto del processo di liberazione della scienza dalla metafisica e la piena consapevolezza che ogni teoria rimanda sempre, in definitiva, all’inesauribilità del mondo davanti alle nostre costruzioni, e dall’esperienza decisiva che la conoscenza è un “bersaglio mobile” (Anto-marini, 2007; Longo, 2008). Questa condivisione del giocare con filtri cognitiviche non vanno confusi con la “verità”ultima del mondo ma ci richiamano piuttosto alla responsabilità delle nostre scelte e dei nostri linguaggi è ciò cheunisce, a monte, il lavoro di scienziati edartisti. Cosa si può dire invece di quegliartisti che effettivamente percorrono le vie di un incontro tra scienza ed arte a valle, nel confronto quotidiano con le narrazioni della scienza? L’aspetto interessante e fecondo di questi artisti consiste nel ritrasformare le parole dei modelli scientifici (spazio, tempo, multidimensionalità, energia, informazione, buco nero, auto-organizzazione, attrattore, frattali, rottura di simmetria, genomica, mutazione, clonazione, naturale-artificiale) in nuove metafore, de-mistificando la scienza come panorama onnipresente della nostra contemporaneità tecno-burocratica ed al contempo, per usare la bella espressione di J. M. Lévy Leblond, «re-mettre la science en culture» (Lévy-Leblond, 2004), richiamandola con il gesto estetico al gioco originario delle sue suggestioni cognitive ed epistemologiche e re-invitandola allo stupore della resistenza del mondo alle nostre narrazioni.

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