lunedì 24 agosto 2009

sviluppo delle scienze cognitive..... una gara che si sposta sempre in avanti...senza fine. Un aggiornamento

Un'impresa senza precedenti». Il tono con cui Ibm ha presentato al mondo il suo nuovo progetto di "cognitive) computing" non lascia spazio a1, equivoci: i ricercatori di Big Blue - in collaborazione con cinque prestigiose università - prove­ranno a costruire un computer che simuli il comportamento del cervello umano. Raccogliendo così una sfida che viene da lonta­no e che da tempo eccita le menti più fervide. «Perfino i pionieri della rivoluzione informatica co­me George Boole, Alan Turing e John von Neumann furono pro­fondamente interessati al funzio­namento del cervello e a come fosse possibile emularlo», dice a Nòva24 Dharmendra Modha, re­sponsabile Ibm del team dedica­to al cognitive computing. Fu la stessa casa di Armonk, nel 1956, a effettuare per la prima volta al mondo una simulazione cortica­le su larga scala (512 neuroni). Di recente, servendosi degli algorit­mi di calcolo cognitivo e del­l'enorme potenza di elaborazio­ne del supercomputer «Blue Ge­ne», Ibm ha simulato in tempo (quasi) reale il cervello di un pic­colo mammifero. Ma questa volta si punta all'uo­mo, alla sua mente, al suo modo unico di pensare e ragionare. Un cambio di prospettiva epocale. Fi­nora confinato a qualche film di fantascienza e poco più. Ora si fa sul serio. Ci si prova davvero. A testimoniarlo, cinque importan­ti università che hanno aderito al progettò (Stanford, Columbia, California-Merced, Wisconsin-Madison e Cornell), cinque mi­lioni di dollari messi sul piatto dalla Darpa (Defense advanced research projects agency) per la sola prima fase dell'iniziativa Sy-Napse (Systems of Neuromor-phic Adaptive Plastic Scalable Electronics) e l'entusiasmo con cui Modha & Co. rivendicano l'unicità della sfida: «La mente ha la misteriosa capacità di inte­grare informazioni da diversi sensi quali vista, udito, tatto e ol­fatto e può creare facilmente cate­gorie di spazio, tempo e interrela­zioni - dice il manager Ibm -. At­tualmente non c'è alcun compu­ter che possa anche solo lontana­mente avvicinarsi alle capacità della mente umana». Non c'è. Ma faremo in modo che ci sia. È tempo di provarci. Questo il messaggio che emer­ge a chiare lettere dal team di Big Blue. Già, ma perché pro­prio ora? «Ci sono tre ragioni per co­minciare proprio adesso - dice a Nòva24 Modha -. Innanzitutto, per i progressi della neuroscien­za, disciplina che sembra ormai matura e che offre una quantità di dati sufficiente a formulare ipotesi sul funzionamento e le dinamiche del cervello. Poi per il supercomputing, ora pronto a intraprendere simulazioni su larga scala. Infine, per le nano-tecnologie. Si sono evolute a tal punto da metterci in grado di ri­versare nell'hardware le princi­pali funzioni computazionali delle sinapsi e dei neuroni, riu­scendo a competere con la poten­za e le dimensióni del cervello». E proprio le nanotecnologie sembrano essere la chiave di vol­ta per il successo dell'esperimen­to: alla grande concentrazione di sinapsi e neuroni presenti nel cervello, infatti, si contrappongo­no il suo basso consumo energe­tico e le sue dimensioni ridotte. Ricorrendo ad appositi dispositi­vi in nanoscala, tali performance sono oggi emulatóri. Fino a che punto, vien da chiedersi. È possi­bile - cioè - che superino quelle umane, rendendo una macchina più intelligente dell'uomo e ma­gari, un giorno, capace di sosti­tuirlo? «Non potremmo mai avvi­cinarci completamente alla com­plessità e alla sofistìcatezza della nostra mente - chiarisce Modha -. Il cervello umano è una prodi­giosa meraviglia della Natura con una superficie di soli 2.400 centimetri quadrati, uno spessore di circa 3 millimetri e un con­sumo pari a 20 Watt di potenza. Ma - al di là dell'abbondanza di sinapsi e neuroni - nasconde se­greti finora mai svelati da far ap­parire palesemente inadeguati i modelli relativamente semplici attraverso i quali oggi tentiamo di simularne il funzionamento. Concettualmente, qualsiasi si­mulazione o implementazione hardware è sempre e soltanto un'approssimazione (una spe­cie di cartone animato) basata su determinati presupposti». «Don't panic», dunque. Non stiamo andando verso una socie­tà di computer pensanti. Nes­sun rimpiazzo dell'uomo, nes­suna sfida alla sua intelligenza. Solo il tentativo di «emulare le funzioni computazionali della mente». Solo e soltanto quelle. Individuando un nuovo paradig­ma computazionale che - rom­pendo quello di macchina programmabile convenzionale - in­dirizzi l'umanità verso la risoluzione di problemi e bisogni tec­nologici reali. Primo fra i quali, la crescita esponenziale dei dati digitali: +60% all'anno, secon­do Idc. Un flusso d'informazio­ni finora in gran parte inutilizza­to per l'impossibilità di analiz­zarlo e reagire a esso in tempo reale. Problema che il cognitive computing, consentendo tanto alle imprese quanto ai singoli di gestire le ambiguità e risponde­re in relazione al contesto, po­trebbe risolvere da par suo attra­verso decisioni automatiche, istantaneee, soprattutto, "intelli­genti". E il momento, dice Mo­dha, è particolarmente propizio: «Viviamo nel periodo ideale per iniziare a costruire chip cogniti­vi. Il processo di costruzione ci porterà faccia a faccia con nuove incognite. Saranno queste a de­terminare gli sviluppi futuri del cognitive computing».

Nessun commento: