lunedì 31 agosto 2009

Farmacoterapia a lungo termine delle sindromi depressive ; lo studio Prevent

dalla rivista L'Altro , n°2 magg.-ago., 09 , di Guido Di Sciaselo, Azienda Ospedaliero Universitaria "Policlinico Consorziale " - Bari, Rossella Melpignano", Scuola di Specializzazione in Psicologia Cllnica -Università di Bari : stralci dell'articolo, "Le previsioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità segnalano per il 2020, il passaggio della Depressione .........(oggi) si persegue... la..  scomparsa della sintomatologia ma anche il pieno recupero della funzionalità sia personale che sociale della persona ammalata e la minimizzazione dei rischi di ricaduta o recidiva della malattia. Ricordiamo a tal proposito che l'uso di questi ultimi termini (ricaduta e recidiva) è quello derivante dal classico schema di Kupfer che assegna al primo il significato della riacutizzazione della sintomatologia nel corso dello stesso episodio di malattia (nella stragrande maggioranza dei casi per un'inadeguata condotta terapeutica) ed al secondo il valore di un nuovo episodio di malattia che compare a distanza di tempo dalla precedentemente ottenuta guarigione. La maggior parte dei pazienti che presenta un episodio di Depressione Maggiore, avrà nel corso della vita almeno una recidiva. Il rischio di recidiva aumenta con l'avanzare del tempo e con ciascun episodio depressivo successivo; inoltre, con l'aumentare del numero di recidive, gli episodi depressivi tendono a divenire più frequenti e i loro sintomi più gravi. La durata dell'episodio depressivo prima dell'inizio del trattamento, e la permanenza di sintomi residui dopo la risposta al trattamento stesso, rappresentano ulteriori fattori che possono essere associati con una maggiore probabilità di recidiva. I sintomi residui peraltro, sono considerati da alcuni autori il più importante fattore di rischio di recidiva depressiva, in un elenco che comprende gli eventi stressanti, il sesso femminile, una anamnesi personale e familiare di depressione, la precocità dell'età di esordio, lo stato civile di "single", e l'interruzione della terapia antidepressiva. Benché la terapia di mantenimento antidepressiva a lungo termine possa non risultare necessaria per tutti i pazienti affetti da Depressione Maggiore, essa è fortemente raccomandata per i pazienti che abbiano manifestato episodi depressivi ricorrenti. La maggior parte delle linee guida, tuttavia, non fornisce indicazioni precise e stringenti in merito alla durata specifica del trattamento, lasciando quindi al clinico la possibilità di stabilirla di volta in volta, basando la propria scelta sull'anamnesi e sulle caratteristiche cliniche del paziente. Il carattere recidivante della Depressione Maggiore rappresenta oramai un dato scientificamente molto solido. Studi naturalistici riportano percentuali di recidiva del 40% nel corso del primo anno di malattia e lo studio "Collaborative Program on thè Psychobiology of Depression" del National Institute of Mental Health indica nell'85% la percentuale di recidive a quindici anni dal primo episodio. Tra i pazienti eutimici per cinque anni, questa percentuale, secondo i dati emersi dallo stesso studio, raggiunge il 58%...........i sintomi residui dopo una risposta al trattamento, la presenza di comorbidità mediche o psichiatriche e la persistenza di fattori negativi di carattere psicosociale...........raccomandano  di continuare la somministrazione di terapia antidepressiva, dopo la risoluzione della fase acuta, per un periodo di mantenimento non inferiore ad un anno. Questa procedura è indicata soprattutto nelle situazioni cliniche caratterizzate dalla permanenza di sintomi residui dopo una risposta al trattamento o dopo una remissione, e dalla pre-esistenza in anamnesi di episodi depressivi ricorrenti. Per ottenere dati nel lungo termine sull'efficacia della terapia farmacologica nella prevenzione delle recidive, è stato disegnato e condotto lo studio PREVENT (Pre-vention of Recurrent Episodes of depression with venlafaxine for Two years study). I punti di partenza essenziali dello studio PREVENT sono così riassumibili:

-- la Depressione Maggiore ha tassi di recidiva del 40% a un anno e dell'85% a quindici anni; -- le recidive sono associate all'aumento della disabilità funzionale, della morbilità e della       mortalità; -- solo pochi studi hanno valutato l'efficacia di antidepressivi oltre il termine di un anno sulla prevenzione delle recidive. Il disegno dello studio è multifasico e prevede un confronto di Venlafaxina RP con Fluoxetina e placebo. Il trial ha incluso pazienti con almeno due episodi di Depressione Maggiore negli ultimi 5 anni, con sintomatologia depressiva presente da almeno un mese ma a distanza di almeno tre mesi dalla fine del precedente episodio ed esclude pazienti con depressione bipolare e/o resistente. Lo studio è condotto su pazienti che, nella fase acuta del trattamento (che non prevede l'uso del placebo), abbiano ottenuto risposta o remissione con i due composti attivi. Dopo le dieci settimane di trattamento in acuto, anche nei sei mesi di continuazione il trattamento è stato condotto solo con farmaci attivi. Nel primo anno della fase di mantenimento, il gruppo dei pazienti trattati con Venlafaxina RP si divide al 50% tra il farmaco attivo ed il placebo; nel secondo anno quel 50% di pazienti trattati con Venlafaxina RP si suddivide ulteriormente con il passaggio di un altro 50% al trattamento con placebo. I pazienti trattati con Fluoxetina continuano invece stabilmente il farmaco per l'intero periodo dei due anni. Naturalmente i pazienti che presentino ricadute o recidive nel corso dello studio, o che esperiscano severi eventi avversi, escono dallo stesso. La probabilità di recidiva durante l'intera fase di mantenimento di due anni è apparsa significativamente inferiore nell'ambito dei pazienti che hanno continuato il trattamento con Venlafaxina RP rispetto ai pazienti passati a trattamento con placebo. Le percentuali di risposta e di remissione sono state significativamente più elevate tra i responders che hanno continuato il trattamento con Venlafaxina RP che non tra quelli passati a trattamento con placebo. I risultati di ulteriori valutazio-ni di efficacia secondaria e di qualità di vita hanno riflesso la significativa superiorità di Venlafaxina RP rispetto al placebo. Un ulteriore periodo di trattamento di mantenimento, di dodici mesi, con Venlafaxina RP si è rivelato efficace nel prevenire la recidiva della depressione in pazienti con Depressione Maggiore già trattati con successo con Venlafaxina RP durante la fase acuta, di continuazione e di mantenimento iniziale (primi 12 mesi). Pertanto il trattamento di mantenimento continuo con Venlafaxina RP per 24 mesi si è dimostrato efficace per i pazienti che avevano risposto favorevolmente alla Venlafaxina RP nel corso del trattamento della fase acuta e di continuazione. Il dosaggio di impiego di Venlafaxina RP nel corso dello studio è stato di circa 220 mg/die. I dati di tollerabilità e sicurezza appaiono estremamente rassicuranti anche per ciò che riguarda l'effetto collaterale specifico più temuto, specie con utilizzo di dosi quotidiane superiori ai 200 mg, e cioè l'aumento dei valori pressori, che naturalmente bisogna continuare a mo-nitorare nei soggetti a rischio: quindi nei pazienti già ipertesi e quelli in età avanzata. I risultati dello studio PREVENT evidenziano in modo assolutamente convincente la maggior efficacia della Venlafaxina RP rispetto al placebo nella prevenzione delle recidive depressive nei due anni di terapia di mantenimento continuata. I dati pubblicati evidenziano in modo particolare come il rischio di recidiva risulti dell'8% per la Venlafaxina RP rispetto al 44,8% per il placebo. Dallo studio emerge inoltre anche l'ottimo profilo di tollerabilità della Venlafaxina RP, che ha mostrato effetti indesiderati sovrapponibili a quelli evidenziati nel gruppo di pazienti trattati con placebo. Le interruzioni dello studio dovute a eventi avversi sono state addirittura più rappresentate nel gruppo trattato con placebo. Quest'ultimo elemento è tanto più importante quando si pensi che nei sempre più frequenti trattamenti a lungo termine della depressione, la tollerabilità di un antidepressivo finirà probabilmente col divenire il fattore di scelta più determinante per il medico al momento della prescrizione della cura.

orso castano : a caso dal sito Farmacovigilanza.org (clicca) un articolo tra i molti sugli effetti secondari degli antidepressivi e sulle precauzionioni  che devono essere  usate :

"Fluvoxamina. Avvertenza del Ministero della Salute canadese (maggio 2004) La Solvay Pharma ha inviato una “Dear Health Care Professional letter” agli operatori sanitari per comunicare importanti informazioni sulla sicurezza riguardanti la possibilità che gli SSRI e altri nuovi antidepressivi possano essere associati ad alterazioni comportamentali ed emozionali, compreso il rischio di autolesionismo. Di seguito è riportato il contenuto dell’avvertenza inserita nel foglietto illustrativo: Potenziale associazione con l’insorgenza di alterazioni comportamentali ed emozionali, compreso l’autolesionismo Bambini: Dati dei trial clinici placebo-controllati  Recenti analisi dei database sulla sicurezza nei trial clinici placebo-controllati riguardanti SSRI e altri nuovi antidepressivi suggeriscono che l’impiego di tali farmaci nei pazienti con meno di 18 anni può essere associato ad alterazioni comportamentali ed emozionali, compreso un aumento del rischio di idee e di comportamenti di suicidio superiore rispetto al placebo.  Il piccolo denominatore nel database dei trial clinici, così come la variabilità della frequenza associata a placebo, impediscono di arrivare a conclusioni affidabili sui relativi profili di sicurezza fra questi farmaci. Adulti e bambini: dati aggiuntivi  Nei trial clinici e durante il periodo post-marketing sono state riportate segnalazioni di eventi avversi tipo agitazione severa associata ad autolesionismo o a danno verso altri in seguito a terapia con SSRI e a nuovi antidepressivi in bambini e in adulti. Gli eventi tipo agitazione comprendono: acatisia, agitazione, comportamento disinibito, labilità emotiva, ostilità, aggressione e depersonalizzazione. In alcuni casi, gli eventi si sono verificati nell’arco di diverse settimane dall’inizio del trattamento. Nei pazienti di tutte le età, si consiglia un monitoraggio clinico rigoroso per le idee di suicidio e per altri indicatori dei possibili comportamenti di suicidio. In particolare si consiglia di monitorare le alterazioni emozionali e comportamentali tipo agitazione. Sintomi da sospensione I pazienti che stanno assumendo fluvoxamina NON devono interrompere bruscamente il trattamento, a causa del rischio della comparsa di sintomi d’astinenza. Quando si decide di sospendere la terapia con SSRI o con altri nuovi antidepressivi, si raccomanda di ridurre la dose gradualmente e di non sospendere il farmaco bruscamente. E’ da notare che non è stato stabilito un ruolo causale degli SSRI e degli altri nuovi antidepressivi nell’induzione di autolesionismo o danno verso altri. La possibilità di tentato suicidio è insita nella depressione e negli altri disturbi psichiatrici e può persistere finché non si verifica la remissione. Pertanto, i pazienti ad alto rischio devono essere attentamente valutati per tutta la durata della terapia considerando in modo appropriato la possibile necessità di ospedalizzazione. L’avvertenza informa i medici che tutti i pazienti in trattamento con SSRI e altri nuovi antidepressivi devono essere monitorati in modo rigoroso per il peggioramento clinico o per insorgenza/peggioramento di eventi avversi tipo agitazione o per altri indicatori per possibile comportamento di suicidio. La fluvoxamina non è indicata per l’impiego nei bambini."

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