sabato 5 settembre 2009

La diffusione dell'instabilita' coniugale

di Marina Malagoli Togliatti ,Professore ordinario di Psicodinamica dello sviluppo e delle relazioni familiari, Università La Sapienza di Roma., Anna Lubrano Lavadera, Dottore e assegnista di ricerca, Università La Sapienza di Roma, Liliana Caravelli , Dottore di ricerca, Università La Sapienza di Roma,    La diffusione dell'instabilità coniugale Parlare di separazione coniugale come di un fenomeno che caratterizza fortemente la famiglia attuale significa prendere atto del crescente numero di separazioni e divorzi che ormai da anni si registrano nel nostro Paese. In ambito psicologico, la diffusione dell'instabilità coniugale è testimoniata dal grande interesse di ricercatori e clinici che, inizialmente, si sono concentrati sullo studio delle conseguenze che tale evento può avere sui diversi protagonisti della vicenda: gli ex-coniugi ed i figli in particolare. Soltanto di recente le ricerche si sono indirizzate da un lato a comprendere la dinamica all'origine di questi comportamenti - in un'ottica in un certo senso preventiva -, dall'altro a progettare interventi per la tutela delle relazioni genitoriali e co-genitoriali all'indomani della separazione. Rispetto al primo punto, anche se gli studi in merito sono ancora esigui -soprattutto nel nostro Paese - e presentano diverse problematiche da un punto di vista metodologico, possiamo ricondurre1 i motivi della separazione a due aree principali: 1. l'area del deterioramento della qualità della relazione matrimoniale; 2. l'area delle difficoltà a gestire i cambiamenti all'interno della coppia. In entrambi i casi prevalgono non soltanto i motivi tradizionali -comportamenti problematici di un partner, incastro disfunzionale, infedeltà -quanto una tendenza a privilegiare i bisogni di individuazione e di autorealizzazione dell'indivìduo a scapito dei bisogni di appartenenza familiare. Secondo Bodenmann il divorzio sarebbe la conseguenza di un inadeguato superamento delle sfide quotidiane da parte dei coniugi. Altri studiosi italiani hanno evidenziato che tra le coppie che decidono di separarsi emerge un calo graduale e costante della dimensione affettiva a fronte di un aumento della percezione dell' aspetto del vincolo socio-normativo del legame, cui si associa una maggiore facilità a pensare alla separazione come soluzione della crisi di coppia, un pensiero sempre più accessibile quando nella relazione diventa prevalente la dimensione del vincolo e della pressione socio-normativa. Cigoli e Scabini, secondo il modello relazionale-simbolico, ritengono che un'equilibrata compresenza dei due assi affettivo ed etico (vincolo socio-normativo) garantisce alla coppia la possibilità di costruire il patto coniugale e di saperlo rilanciare nel tempo. Grazie a queste ricerche nei paesi anglosassoni sono stati progettati interventi di prevenzione e rafforzamento delle risorse di coppia, prima dell'istituzionalizzazione del vincolo. Sempre in un'ottica preventiva si collocano gli studi sull'evoluzione delle relazioni tra genitori e figli all'indomani della separazione coniugale: questa volta l'accento non è sull'area coniugale, ma su quella genitoriale. La letteratura concorda nell'individuare la tutela della genitorialità e della cogenitoria-lità dopo la separazione come uno dei principali fattori protettivi per un adeguato sviluppo emotivo e relazionale dei figli di genitori separati. Sono state studiate le evoluzioni che solitamente assumono queste relazioni all'indomani della separazione. Maccoby e i suoi collaboratori, ad esempio, hanno evidenziato che dopo il divorzio è possibile individuare tre pattern di relazione cogenitoriale: cooperativo, disimpegnato, ostile. Il pattern cooperativo riguarda i genitori che non si squalificano e si presentano coordinati nei ruoli, salvaguardando le funzioni genitoriali dagli altri aspetti di conflittualità (un quarto dei soggetti del campione). Il pattern disimpegnato riguarda i genitori che non sono coinvolti e non comunicano tra loro, anche se entrambi mantengono il legame con il figlio: il figlio vive in due mondi separati che non sono legati da alcuna forma di comunicazione interparentale; questo pattern solitamente si verifica in famiglie poco numerose e con figli più grandi e riguarda circa 1/3 delle coppie esaminate. Infine il pattern ostile riguarda i genitori che mantengono i contatti tra loro, ma in modo ostile, confliggono, si sabotano reciprocamente e coinvolgono i figli in conflitti di lealtà (1/3 delle famiglie). Nel corso del tempo, almeno nella realtà americana cui si riferiscono gli studi, il pattern disimpegnato (soprattutto paterno) diventa quello più frequente. Furstenberg e Nord hanno evidenziato che il pattern più comune nelle situazioni in cui i figli continuano a vedere entrambi i genitori è quello della genitorialità "parallela", osservando che non necessariamente l'affidamento congiunto produce un maggior livello di cooperazione. Uno studio più recente8 evidenzia che negli Usa dopo dieci anni dalla separazione circa un terzo dei padri non ha più alcun contatto con l'ex-partner rispetto ai problemi dei figli; una piccola percentuale di genitori resta apertamente ostile mentre soltanto in una percentuale tra il 10 e il 25% i genitori condividono le pratiche educative. In Italia la situazione sembra diversa in quanto in genere i padri sono tendenzialmente più coinvolti nella vita dei figli, forse per un "senso della famiglia" più tradizionale. Rileviamo però che mancano studi recenti, soprattutto a diffusione nazionale, riguardanti questi comportamenti. L'attenzione e la sensibilità alla tutela del ruolo paterno dopo la separazione, nel nostro Paese, è stata recepita anche in ambito normativo con la legge n. 54/2006 Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, entrata in vigore il 16 marzo 2006, che individua nell'affidamento condiviso la modalità di affidamento da privilegiare nei casi di separazione coniugale. Questa legge si pone come obiettivo quello di riallineare i ruoli genitoriali, fortemente squilibrati da una concezione monogenitoriale dell'affidamento dopo la separazione e di superare il vincolo che ha accompagnato l'applicazione dell'affidamento congiunto (legato pregiudizievolmente all'accordo tra i genitori). Come evidenziano......diverse ricerche la tipologia di affidamento non si associa necessariamente ad una cogenitorialità funzionale o ad una minore conflittualità; ciò non toglie l'indicazione che anche dopo la separazione il minore ha il diritto di avere accesso ad entrambi i genitori e che i genitori hanno il diritto-dovere di continuare ad occuparsi dei figli, se non in maniera condivisa, almeno parallela. Il rischio che si ravvisa nella prassi è un'applicazione carente o strumentale di questa legge che da un lato potrebbe restare una mera etichetta, dall'altro potrebbe essere strumentalizzata soprattutto dai padri per valenze rivendicative e questioni economico-patrimoniali; potrebbero essere necessari degli anni affinchè il senso di questa legge possa tradursi in una nuova prassi e in una concezione della cogenitorialità funzionale, ovvero di una continuità del rapporto parentale, non solo possibile, ma necessaria dopo la separazione......Per monitorare il problema dell'affidamento dei figli nei casi di separazione in questo periodo ponte - immediatamente precedente e successivo all'applicazione della nuova normativa -, nell'ambito di uno studio nei principali tribunali italiani10 abbiamo esaminato un campione rappresentativo di sentenze (e i relativi fascicoli) pubblicate nel Tribunale ordinario di Napoli11 prima (2005) e subito dopo (16 marzo 2006/febbraio 2007) l'introduzione della legge n. 54/2006. A tale scopo abbiamo analizzato sentenze di separazioni giudiziarie, in quanto maggiormente legate al pregiudizio della conflittualità che aveva determinato un'applicazione carente della precedente normativa sull'affidamento congiunto. Vanno sottolineati comunque alcuni aspetti: 1. le sentenze sono pubblicate solitamente diverso tempo dopo la loro delibera, per cui è possibile che una sentenza pubblicata nel maggio 2006 sia stata deliberata in camera di consiglio nel febbraio 2006, ovvero quando la legge non era ancora entrata in vigore; 2. nella maggior parte dei casi anche dell'anno 2006/07 si tratta di procedimenti iniziati diverso tempo prima l'introduzione della normativa, in cui le parti hanno quasi sempre posto le loro domande sotto la vecchia normativa e la stessa fase istruttoria si è svolta per alcuni fascicoli sempre sotto la vecchia normativa. Tenuto conto di questi aspetti riteniamo interessante esaminare se sia possibile individuare sin dall'inizio un trend differente nelle decisioni dei giudici......tra i procedimenti sentenziati prima e subito dopo l'introduzione della normativa e se vi sia stata una modifica delle domande eventualmente effettuate dalle parti tramite i loro avvocati. Si tratta di esaminare quanto accaduto in un periodo ponte di applicazione della legge stessa per comprendere eventualmente il passaggio culturale delle parti, giudici e avvocati nel recepire -anticipando o tardando - i principi della nuova normativa. Non ci aspettiamo modifiche rispetto all'istruttoria, trattandosi in tutti i casi di istruttorie condotte prima dell'introduzione della nuova normativa.    

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