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RESPONSABILITÀ INDIVIDUALE È sicuramente da apprezzare la centralità che il Libro verde ha assegnato alla persona. Uno degli aspetti più importanti della modernità è senz’altro il passaggio da una concezione della persona come “suddito”, incentrata sui suoi doveri, a quella di individuo, incentrata sui suoi diritti: diritti che non devono ovviamente prescindere dall’assunzione di precise responsabilità, ma che non devono nemmeno più essere compressi nel nome di una mentalità uniformatrice. È un passaggio che, per ragioni storiche e culturali, in Italia non si è mai realmente concretizzato, e che contribuisce fortemente ad ampliare il gap che ci divide da gran parte delle nazioni europee. Non solo la nostra società impedisce frequentemente all’individuo l’espressione compiuta del proprio potenziale: quasi sempre, impedisce addirittura che egli si renda conto di disporre di un suo potenziale. Condividiamo pertanto appieno la tesi (p. 10) che «una società che sia al tempo stesso dinamica e assai più competitiva» debba porre al centro del sistema l’individuo, «con i suoi diritti e le sue potenzialità, ma anche con le sue responsabilità».
.......................COMUNITÀ E INDIVIDUO...................Per questo motivo, parlare di «Welfare fortemente comunitario» (p. 15), a proposito di una società ormai fortemente plurale come la nostra, può indurre a pensare a un’opzione preferenziale per uno scenario di tipo comunitarista, caratterizzato cioè da una scelta privilegiata dello Stato nei confronti delle comunità, anziché dell’individuo: la cui personalità rischia di essere compressa all’interno del gruppo e le cui proiezioni relazionali sono in realtà mediate dalla comunità di appartenenza, siano esse etniche o religiose. È un’interpretazione che può essere suffragata dal riferimento (p. 10) all’esigenza di una «proposta compiuta, ancorata ad una solida visione della comunità», peraltro immediatamente seguita dal riferimento a un «un orizzonte integrale, che abbracci la persona nella sua totalità».............Peraltro, sia l’opzione multiculturalista, sia l’opzione monoconfessionale finiscono per accantonare, per tagliar fuori dall’attenzione delle politiche governative coloro che non appartengono ad alcun gruppo, specialmente se di tipo religioso, venendo meno al principio dell’universalità dei diritti. «La calamità dell’esclusione» – ha scritto il premio Nobel Amartya K. Sen – «può andare a braccetto con la benedizione dell’inclusione»9. L’uomo moderno è al centro di una rete di molteplici interconnessioni ed è caratterizzato da una pluralità di interessi, relazioni e appartenenze, da un’unicità che mal si concilia con l’appartenenza (che si vorrebbe inscritta nel DNA) a un solo gruppo.........................Ricordiamo inoltre come la stessa Unione Europea identifichi come «competenza sociale» la «capacità di comunicare in modo costruttivo in ambienti diversi, di mostrare tolleranza, di esprimere e di comprendere diversi punti di vista, di negoziare con la capacità di creare fiducia e di essere in consonanza con gli altri», individuando come basi della «competenza civica» il «pieno rispetto dei diritti umani, tra cui anche quello dell’uguaglianza quale base per la democrazia, la consapevolezza e la comprensione delle differenze tra sistemi di valori di diversi gruppi religiosi o etnici», creando così i presupposti per un atteggiamento positivo.............................CONCLUSIONI..........La prosperità economica di una società è certo strettamente legata ai livelli di salute e alla possibilità che le nuove tecnologie «garantiscano un futuro competitivo e sostenibile per l’Europa», come ha affermato la Commissione Europea69. Sono tuttavia determinanti anche altri fattori: alti livelli di educazione e di conoscenza, in particolare scientifica; spazi di confronto e di informazione che permettano al maggior numero di cittadini di formarsi una propria opinione, di esporla liberamente e di partecipare ai processi decisionali; riconoscimento delle diversità di genere, di orientamento sessuale, di concezioni del mondo. Una società viva non può più, nel terzo millennio, pensare di fare a meno di queste condizioni.
orso castano : l'articolo andrebbe letto al completo. E' interessante. Da' , ovviamente, una lettura di parte del libro verde. Lo valuta come un tentativo (a suo dire non ben riuscito , pur se positivo) di conciliare i diritti del soggetto che rischia di venire , a suo dire , schiacciato , oltre che da una certa cultura dominante , anche da un welfare totem che impedirebbe addirittura al soggetto di prendere coscienza delle sue potenzialita'. Quindi e' favorevole ad un welfare minimalista , che supporta con sostegni indiretti il soggetto e la sua famiglia. Ma tornando sulla terra ed alle vicende che tutti possiamo osservare : la crisi economica ed ocupazionale e' massiccia e crescente , (al di la' delle parole suggestive del governo), la precarizzazione dilaga e non credo la si possa indicare come inevitale , se non auspicabile , filosofia di vita; gli ammortizzatori sociali all'italiana non funzionano e non puntano ad investimenti massicci nel campo della ricerca , lo stesso concetto di merito si sfarina e passa attraverso le forche caudine del familismo amorale o delle lobby di potere, che sempre piu', nella crisi, si aggrappano ai loro privilegi . E' qui' che queste osservazioni si arenano , non sembrano utili per individuare una strada di uscita dai problemi la cui dimensione e' di massa.
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