da "L'affido condiviso.....di A.Spadaccini , L. Bandelloni , I. Caponnetto, L. Costigliolo , su Minori Giustizia n° 2/09 , Come già sopra delineato, il conflitto, all'interno delle relazioni umane può essere considerato una componente normale nella misura in cui è inevitabile confrontarsi con una pluralità di punti di vista che si contrappongono, pur basandosi tutti su elementi validi e logici. Il conflitto nasce, dunque, dalle differenze e dalla difficoltà che ogni individuo incontra, in misura diversa a seconda delle proprie caratteristiche e delle proprie esperienze, nel "riconoscere, accettare e tollerare tutto ciò che non ha caratteristiche assimilabili o so-vrapponibili a quanto gli appartiene o gli è noto". Partire dal presupposto che la dimensione del conflitto non potrà mai essere eliminata dalla vita delle persone e dalle loro relazioni, non significa credere che non sia possibile imparare strategie per ridurne l'entità e trasformarlo in potenziale elemento evolutivo. Interrompere una relazione di coppia, significativa e duratura, porta ad inevitabili conseguenze di tipo personale, relazionale e familiare, spesso associate a profondi stati di sofferenza sia per i componenti della coppia sia per chi assiste da vicino alla vicenda familiare; risulta quindi evidente l'utilità di un supporto specializzato, volto a facilitare la comunicazione relativa agli aspetti salienti della separazione e ad affrontare, qualora ci sia, il conflitto di coppia. Inoltre, la presenza di figli nella famiglia che si separa è l'elemento che quasi sempre espone a maggiori difficoltà e sofferenza (sia i genitori che i figli) e, quindi, la principale finalità che generalmente si individua analizzando i percorsi di supporto familiare riguarda il raggiungimento di una consapevole co-genitorialità nonostante la scissione. Il termine mediazione richiama la possibilità di trovare uno spazio di accordo tra due o più parti che hanno posizioni divergenti; Kruk la descrive come un "processo collaborativo di risoluzione di conflitto", in cui le due parti contendenti sono supportate nel percorso e nella presa di decisioni da operatori imparziali, che aiutano a costruire nuove soluzioni accettabili per entrambi. La mediazione familiare rappresenta quindi uno spazio neutrale e protetto in cui il conflitto può essere, oltre che agito, anche affrontato e risolto, con l'obiettivo di creare una nuova condizione di stabilità e benessere per chi è coinvolto nella separazione in atto.Generalmente, quando le coppie arrivano a richiedere un intervento di mediazione familiare, il conflitto ha assunto caratteristiche che lo rendono difficilmente gestibile all'interno del sistema familiare, causando conseguenze gravi e creando scenari in cui è ormai impensabile trovare soluzioni adeguate, senza l'aiuto di un esperto. Quando ci si separa ognuno si autoconferma nella propria testa una storia che giustifica e rinforza la propria posizione, una storia deve l'altro è irrimediabilmente colpevole e che conferma se stesso nelle proprie emozioni e nelle proprie ragioni. Il "malvagio" è l'altro. L'interruzione dell'idea di avere un progetto comune provoca sofferenza. In genere i genitori arrivano in mediazione offuscati dalla rabbia; rivendicazioni e rancore definiscono un alto livello ii conflittualità che si centra sulla conclusione della storia di coppia. Non si ascoltano. Le narrazioni individuali invadono e annullano l'area genitoriale. Da un altro punto di vista, però, è possibile affermare che nel processo separativo, a fianco alle spinte distruttive ed alla sofferenza, troviamo anche potenzialità evolutive sia a livello individuale sia a livello di gruppo famiglia: la possibilità di sbloccare pattern relazionali fissi e disfunzionali, che generano sofferenza e disagio, diventa reale soltanto nel momento in cui avviene una chiara comunicazione tra genitori e figli rispetto a ciò che sta succedendo nella coppia. Si può descrivere la mediazione familiare evidenziando un'apparente contraddizione che la caratterizza: due persone, che stanno definendo la fine della propria relazione sentimentale e che si stanno separando, chiedono ad un professionista di aiutarli a trovare un punto di incontro che non tenga conto degli elementi che hanno condotto al conflitto, ma che li porti a re-incontrarsi in una veste già conosciuta - il genitore - ma che necessita di essere riscoperta e ridefinita in maniera nuova. È come se la coppia, consapevole della scarsa lucidità in questo momento di cambiamento, chiedesse supporto per riappropriarsi delle proprie responsabilità rispetto alla gestione dei figli; la responsabilità genitoriale, invece che essere limitata e messa sotto indagine, viene stimolata a rinnovarsi ed a trovare nuove soluzioni basate sulla profondità dei legami già esistenti. Cigoli parla di sacralità della relazione genitoriale, per sottolineare che i soggetti che si rivolgono ad un mediatore devono condividere almeno questo assunto e si devono impegnare nel recupero delle risorse, proprie, dell'ex-partner e delle famiglie allargate, al fine di strutturare un nuovo contesto familiare sanato da spinte distruttive e squalificanti. In quest'ottica, risultano necessarie le condizioni di collaborazione e volontarietà nell'affrontare il percorso di mediazione: entrambi i genitori devono essere convinti che la nuova riorganizzazione familiare debba includere anche l'altro, con i significati e le relazioni di cui è portatore; inoltre, entrambi i genitori devono essere d'accordo nell'affrontare questa tipologia di percorso sicuramente più impegnativo dal punto di vista emotivo rispetto ad una gestione della separazione esclusivamente di tipo giuridico che può venire avvertita, al contrario, come de-re-sponsabilizzante e amplificatrice del conflitto. La finalità della mediazione familiare, dunque, è quella di aiutare i due expartner a trovare il miglior modo possibile per interrompere la loro relazione di coppia preservando quella genitoriale; per raggiungere questo obiettivo i soggetti e il mediatore dovranno impegnarsi per creare un contesto di ascolto, attento e rispettoso, all'interno del quale potranno essere discusse le questioni focali della separazione. Come già detto, il meta-obiettivo della mediazione familiare è la gestione del conflitto in corso e può essere articolato in finalità più specifiche a seconda dei singoli casi: spesso il mediatore familiare deve lavorare per far riprendere il flusso della comunicazione tra i separandi che ormai si relazionano soltanto sulle questioni legate alla rottura del loro rapporto; altre volte deve occuparsi della futura riorganizzazione delle relazioni, soprattutto di quelle genitoriali dove l'obiettivo principale è riuscire a raggiungere degli accordi, condivisi e duraturi, che definiscano il nuovo assetto familiare. Ancora, è possibile attribuire a questo tipo di intervento una valenza educativa: il contesto della mediazione diventa un modello di come sia possibile regolare la relazione e la comunicazione in caso di disaccordo; durante il percorso dovrebbe verificarsi, per la coppia, un processo di apprendimento relativo alle modalità più funzionali per affrontare e gestire occasioni di conflitto. Delbert scrive:la mediazione familiare è quel processo attraverso cui i conflitti che nascono nel contesto familiare sono gestiti con il supporto di un professionista "neutrale" e qualificato - il mediatore - il cui compito non è quello di risolvere i problemi, ma, ancora una volta, di aiutare gli individui a raggiungere degli accordi e, soprattutto, una modalità di gestione dei rapporti tale da permettere di convivere con il conflitto stesso, mettendo in luce le potenzialità evolutive dei singoli individui e del sistema, o dei nuovi microsistemi che si vanno a formare con le loro diverse forme di interazione. Il terzo neutrale - il mediatore - interviene per aiutare la famiglia a individuare per proprio conto le basi per un accordo: non propone alcuna soluzione ma fornisce degli input, degli stimoli che aiutano la famiglia ad approfondire tutte le possibilità - le diverse "soluzioni" prospettate, insieme a possibili alternative - per arrivare ad un accordo condiviso. Non meno importante è la componente emotiva che accompagna il conflitto, le fasi di presa di decisione, il percorso di separazione ed il raggiungimento dell'accordo finale: una finalità della mediazione è senza dubbio quella di accogliere e permettere l'espressione di stati emotivi intensi, anche violenti, che le persone sperimentano in queste situazioni. La presenza del mediatore e le sue competenze sono utili affinchè non si verifichi un semplice 'sfogo' di queste emozioni, ma si crei piuttosto un contesto dove far emergere punti di vista diversi, utili per trovare strade alternative possibili; le emozioni possono trasformarsi in informazioni significative per chi partecipa alla mediazione (separandi e professionisti), agevolando la comprensione a livello empatico della sofferenza dei soggetti e permettendo di affrontare la difficoltà in senso completo, non esclusivamente da un punto di vista 'strategico' e razionale. II mediatore dovrà quindi possedere e utilizzare tecniche volte alla creazione di un contesto di ascolto reciproco, offrendolo in prima istanza egli stesso e agendo attivamente per evitare imposizioni e squilibri di una parte sull'altra. Dovrà inoltre impegnarsi per far emergere, tra le due persone, un'immagine condivisa dell'altro come soggetto degno di rispetto e di attenzione; per far ciò sarà utile lavorare sulla storia della coppia, evidenziandone aspetti positivi, competenze e punti di forza, connotando positivamente le aree di accordo, a partire dall'interesse condiviso per il benessere dei figli.
In molte situazioni, le persone arrivano alla mediazione familiare ormai esasperate da un conflitto intenso e senza fine; riuscire a ripristinare una comunicazione tra le parti è un requisito fondamentale per procedere alla ricognizione dei problemi e delle aree critiche che dovranno essere prese in considerazione. L'esperienza della mediazione familiare dovrebbe rappresentare un esempio di come, a partire da una situazione di conflitto e di crisi relazionale, sia possibile ricostruire una competenza collaborativa di gestione dei rapporti, in particolare per quanto concerne la genitorialità. Il superamento del conflitto, dunque, rappresenta uno degli obiettivi principali della mediazione, in quanto i partner riescono a definire realmente degli accordi per il futuro soltanto se prima modificano le loro premesse epistemologiche, quelle che portano a definire la crisi coniugale come fallimento personale e la separazione come scontro: devono raggiungere un accordo di fondo sulla prevalenza dell'interesse per i figli rispetto al loro disaccordo; devono riuscire ad integrare i sentimenti e le percezioni di entrambi in una storia terza in cui, effettivamente, si riesca a riaprire uno spazio mentale per i figli, perché ognuno possa di nuovo considerare l'altro come punto di riferimento rispetto alla genitorialità.
1 commento:
Salve, il suo articolo sulla mediazione familiare era molto interessante.
Io frequento il penultimo anno di giurisprudenza e una volta laureata vorrei affiiancare alla professione di avvocato quella di mediatrice familiare ma non è ben chiaro quale sia il percorso formativo per accedere a tale professione.
è possibile che per ottenere una formazione professionale in mediazione familiare sia necessario ricorrere a Master spesso molto costosi e che non danno nanche la possibilità di usufruire di borse di studio?
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