martedì 8 settembre 2009
La separazione come processo psicologico
stralcio da "L'affido condiviso..." di A. Spadaccini,L Bandelloni, I, Caponnetto, L. Castigliolo , in Minori Giustizia n° 2/09..........................Per comprendere la separazione bisogna partire dall'idea di matrimonio e dai bisogni che attraverso di esso ciascuno cerca di soddisfare. Il matrimonio infatti costituisce un tentativo di dare risposta alle proprie tematiche interne attraverso il rapporto con l'altro e per questo presenta un peculiare intreccio tra variabili intrapsichiche e relazionali.La vita a due colloca i partner nella fitta filigrana delle immagini interne di padre e di madre che ciascuno ha costruito e di cui è portatore inconsapevole, cosicché la vita a due può assumere così una valenza riparativa o diventare occasione di dolore e disillusione a seconda o meno che le dinamiche relazionali diventino complementari, almeno in una certa misura, con le figure significative interne che i partner hanno costruito e con i bisogni che rispetto ad esse i coniugi esprimono.
Possiamo perciò leggere la perdita delle parti idealizzate del partner non come l'effetto fisiologico del tempo che ne usura inevitabilmente la sopravalutazione romantica, ma come la caduta dell'aspettativa che l'altro sia in grado di assolvere al suo ruolo secondo un modello che corrisponde al mondo interno del compagno/a.
Questa caduta dell'idealizzazione può provocare incomprensioni, conflitto e rancori che però vengono normalmente stralciati dal mondo interno ed attribuiti esclusivamente ad una modalità inadeguata del coniuge di rispondere ai compiti di sviluppo o alle normali esigenze della vita quotidiana ed emotiva della coppia.
Il fatto che i partner diventino, l'uno per l'altro, gli ospiti stabili del reciproco scenario affettivo consente di vedere la coppia interagente come l'unità da considerare non solo nelle varie fasi della vita coniugale, ma anche nel momento della separazione e perciò di superare il noto schema vittima-colpevole.
In sostanza, nelle coppie che falliscono, risulta particolarmente intensa l'aspettativa che, per dirla con le parole di Dicks, costituisce l'obiettivo ultimo o se vogliamo primario del corteggiamento e del matrimonio, vale a dire il desiderio "di un compagno che prometta di estinguere la propria sete di accettazione, di garanzia di affetto e cura, di affermazione e crescita reciproca".
Da un certo punto di vista, quindi, le dinamiche più profonde della vita emotiva individuale costituiscono uno dei carburanti dell'aspirazione di ciascuno alla vita di coppia e al desiderio di figli e in queste stesse dinamiche possiamo anche individuare le ragioni della stabilità di tanti rapporti disfunzionali, all'interno dei quali i partner possono trovare delle opportunità per "prendersi la rivincita" rispetto ai primi legami emotivi rimasti irrisolti.
Anche la conflittualità di coppia risulta, in parte, espressione delle vicissitudini dell'affido al partner di aspetti vitali della propria vita emotiva. Al momento della separazione queste parti devono essere protette e riprese dentro di sé per mantenere intatte le quote di autostima relative al Sé che nella fase più dolorosa della separazione può sentirsi minacciato nella sua integrità e nel suo valore.
Rispetto ai figli, la coppia si trova ad affrontare il compito di trasmettere la portata simbolica del legame che aveva costruito, per mantenere una connessione tra le famiglie (le famiglie di provenienza del padre e della madre e le generazioni (i nonni ed in senso più ampio le ascendenze che restano le stesse anche se i coniugi costitiranno una nuova famiglia).
La rottura della coniugalita' richiede anche di ridefmire i confini tra sé, gli eventuali legami propri e de partner e la propria storia familiare, i nuovi figli e/o quelli del partner, ritarando all'interno di quesii confini il nuovo profilo delle relazioni.
i figli nella separazione
II tema delle conseguenze della separazione sui figli costituisce da sempre un interesse clinico ed è considerato uno degli eventi critici nell'ambito delle possibili esperienze in età evolutiva lar to per i suoi effetti immediati che per le sue influenze a lungo termine.
Dobbiamo precisare, preliminarmente, che l'orientamento degli studi sugli effetti della separazione sui figli ha superato da tempo la concezione deterministica della separazione come elemento di rischio tout court, per valutare invece l'interazione tra variabili diverse, quali il genere, l'età, il temperamento e il grado di conflittualità tra i genitori e per individuare quali siano i processi che spiegano l'associazione tra questi fattori e i diversi esiti evolutivi nei figli delle coppie separate.
Una prima linea di ricerca coltivata negli anni settanta e ottanta aveva considerato gli effetti negativi della separazione soprattutto in relazione al cambiamento della struttura familiare, inteso come la perdita delle funzioni normalmente esercitate dalla figura genitoriale non affidataria e del clima familiare come collante delle funzioni affettive e di sostegno normalmente esercitate dalla famiglia.
Altri studi hanno proposto la prospettiva divorzio-stress-adattamento, introducendo una linea di riflessione che considera la separazione una delle possibili esperienze negative a cui possono andare incontro i minori, che può trasformarsi in un fattore di rischio evolutivo solo quando è associato ad aspetti quali: il grave conflitto coniugale tra i genitori durante e dopo la separazione, la capacità individuale di far fronte all'evento da parte del genitore presso il quale il bambino vive, la qualità della relazione tra genitori e bambino prima dell'evento separativo, la qualità dell'inserimento scolastico, il temperamento del bambino, il cambiamento delle condizioni economiche della famiglia.
Questa prospettiva ha introdotto la considerazione che la qualità della relazione tra bambino e genitori è una variabile cruciale in grado di moderare l'impatto della separazione e del conflitto.
La presenza di conflitto durante e dopo la separazione risulta come uno dei fattori maggiormente in grado di incidere sull'adattamento dei figli, e sembra costituire un persistente fattore di rischio anche per i soggetti che vivono in famiglie unite, ponendosi come elemento discriminante del loro grado di benessere-malessere.
Nel considerare il peso dei fattori di rischio, dobbiamo anche distinguere la diversa condizione rispetto all'esposizione al conflitto, che può essere dìretta quando il disaccordo dei genitori riguarda direttamente la gestione della vita del figlio e in un certo senso "la sua posizione" tra i due, al punto da dargli la sensazione di essere al centro di una contesa "senza sbocchi", o indiretta, quando cioè, pur non essendo direttamente esposto alla conflittualità genitoriale, il figlio ne vive gli effetti a livello del climi familiare, della qualità del parenting, dello stato emotivo del genitore convivente.
Per quanto riguarda gli effetti, la conflittualità coniugi de sembra avere conseguenze sia dirette che indirette sull'adattamento dei figlì provocando in loro stress e vari gradi d'attivazione psicologica, tuttavia va detto che un certo grado di conflittualità coniugale è considerato fisiologico fino a due anni dopò la separazione e che la persistenza di un conflitto acceso oltre tale limite sembra indicativo di una conflittualità coniugale che esisteva anche durante la vita di coppia e che risulta quindi meno collegata agli aspetti contestuali della separazione, ma esprime semmai un effetto sommativo tra le due condizioni.
Nella valutazione degli effetti della separazione non va quindi posta in primo piano la questione della presenza o meno di conflitto tra gli ex coniugi, quanto la sua pervasivivita' e l'incapacità degli adulti di chiedersi in che misura la nuova situazione e il loro disaccordo incidano sullo stato dei figli.
Un aspetto moderatore dello stress legato alla conflittualità genitoriale a costituito dal modo con cui i genitori lo esprimono e lo gestiscono; intendiamo riferirci alla capacità degli ex coniugi di usare modalità riparative fino a rendere possibile una ripresa del contatto tra loro (maching/mismaching), con la finalità specifica di trasmettere ai figli un senso d'unità parentale che può rinforzare la loro fiducia nella solidità dei legami. Questa capacità degli adulti sembra rivestire una cruciale funzione di protezione verso i figli.
Va detto che la rottura della vita coniugale, anche nei casi in cui la situazione relazionale risultava fortemente deteriorata, rompe uno schema adattivo ed un assetto sul piano degli investimenti affettivi, familiari, sociali ed economici e che la fatica del riposizionamento degli ex coniugi in una situazione nuova, sia essa di solitudine o all'interno di nuovi legami, richiede un lavoro emotivo tanto intenso che ha indotto molti autori a considerare la separazione come un processo piuttosto che un evento circoscritto.
Come già sopra delineato, il conflitto, all'interno delle relazioni umane può essere considerato una componente normale nella misura in cui è inevitabile confrontarsi con una pluralità di punti di vista che si contrappongono, pur basandosi tutti su elementi validi e logici. Il conflitto nasce, dunque, dalle differenze e dalla difficoltà che ogni individuo incontra, in misura diversa a seconda delle proprie caratteristiche e delle proprie esperienze, nel "riconoscere, accettare e tollerare tutto ciò che non ha caratteristiche assimilabili o so-vrapponibili a quanto gli appartiene o gli è noto"33. Partire dal presupposto................che la dimensione del conflitto non potrà mai essere eliminata dalla vita delle persone e dalle loro relazioni, non significa credere che non sia possibile imparare strategie per ridurne l'entità e trasformarlo in potenziale elemento evolutivo.
Interrompere una relazione di coppia, significativa e duratura, porta ad inevitabili conseguenze di tipo personale, relazionale e familiare, spesso associate a profondi stati di sofferenza sia per i componenti della coppia sia per chi assiste da vicino alla vicenda familiare; risulta quindi evidente l'utilità di un supporto specializzato, volto a facilitare la comunicazione relativa agli aspetti salienti della separazione e ad affrontare, qualora ci sia, il conflitto di coppia.
Inoltre, la presenza di figli nella famiglia che si separa è l'elemento che quasi sempre espone a maggiori difficoltà e sofferenza (sia i genitori che i figli) e, quindi, la principale finalità che generalmente si individua analizzando i percorsi di supporto familiare riguarda il raggiungimento di una consapevole co-genitorialità nonostante la scissione.
Il termine mediazione richiama la possibilità di trovare uno spazio di accordo tra due o più parti che hanno posizioni divergenti; Kruk34 la descrive come un "processo collaborativo di risoluzione di conflitto", in cui le due parti contendenti sono supportate nel percorso e nella presa di decisioni da operatori imparziali, che aiutano a costruire nuove soluzioni accettabili per entrambi. La mediazione familiare rappresenta quindi uno spazio neutrale e protetto in cui il conflitto può essere, oltre che agito, anche affrontato e risolto, con l'obiettivo di creare una nuova condizione di stabilità e benessere per chi è coinvolto nella separazione in atto35.
Generalmente, quando le coppie arrivano a richiedere un intervento di mediazione familiare, il conflitto ha assunto caratteristiche che lo rendono difficilmente gestibile all'interno del sistema familiare, causando conseguenze gravi e creando scenari in cui è ormai impensabile trovare soluzioni adeguate, senza l'aiuto di un esperto.
Quando ci si separa ognuno si autoconferma nella propria testa una storia che giustifica e rinforza la propria posizione, una storia deve l'altro è irrimediabilmente colpevole e che conferma se stesso nelle proprie erm iziani e nelle proprie ragioni. Il "malvagio" è l'altro. L'interruzione dell'idea di a- ere un progetto comune provoca sofferenza. In genere i genitori arrivano in mediazione offuscati dalla rabbia; rivendicazioni e rancore definiscono un alto livello ii conflittualità che si centra..........sulla conclusione della storia di coppia. Non si ascoltano. Le narrazioni ind *ddua-li invadono e annullano l'area genitoriale36.
Da un altro punto di vista, però, è possibile affermare che nel proce; se separativo, a fianco alle spinte distruttive ed alla sofferenza, troviamo anche potenzialità evolutive sia a livello individuale sia a livello di gruppo famiglia: la possibilità di sbloccare pattern relazionali fissi e disfunzionali, che generano sofferenza e disagio, diventa reale soltanto nel momento in cui avviene una cliia::a comunicazione tra genitori e figli rispetto a ciò che sta succedendo nella coppia.
Si può descrivere la mediazione familiare evidenziando un'apparente contraddizione che la caratterizza: due persone, che stanno definendo la fine della propria relazione sentimentale e che si stanno separando, chiedono ad un professionista di aiutarli a trovare un punto di incontro che non tenga conto degli elementi che hanno condotto al conflitto, ma che li porti a re-incontrarsi in una veste già conosciuta - il genitore - ma che necessita di essere riscoperta e ridefinita in maniera nuova.
È come se la coppia, consapevole della scarsa lucidità in questo momento di cambiamento, chiedesse supporto per riappropriarsi delle proprie responsabilità rispetto alla gestione dei figli; la responsabilità genitoriale, invece che essere limitata e messa sotto indagine, viene stimolata a rinnovarsi ed a trovare nuove soluzioni basate sulla profondità dei legami già esistenti. Cigoli37 parla di sacralità della relazione genitoriale, per sottolineare che i soggetti che si rivolgono ad un mediatore devono condividere almeno questo assunto e si devono impegnare nel recupero delle risorse, proprie, dell'ex-partner e delle famiglie allargate, al fine di strutturare un nuovo contesto familiare sanato da spinte distruttive e squalificanti. In quest'ottica, risultano necessarie le condizioni di collaborazione e volontarietà nell'affrontare il percorso di mediazione: entrambi i genitori devono essere convinti che la nuova riorganizzazione familiare debba includere anche l'altro, con i significati e le relazioni di cui è portatore; inoltre, entrambi i genitori devono essere d'accordo nell'affrontare questa tipologia di percorso sicuramente più impegnativo dal punto di vista emotivo rispetto ad una gestione della separazione esclusivamente di tipo giuridico che può venire avvertita, al contrario, come de-re-sponsabilizzante e amplificatrice del conflitto.
La finalità della mediazione familiare, dunque, è quella di aiutare i due expartner a trovare il miglior modo possibile per interrompere la loro relazione di coppia preservando quella genitoriale; per raggiungere questo obiettivo i soggetti e il mediatore dovranno impegnarsi per creare un contesto di ascolto,attento e rispettoso, all'interno del quale potranno essere discusse le questioni focali della separazione. Come già detto, il meta-obiettivo della mediazione familiare è la gestione del conflitto in corso e può essere articolato in finalità più specifiche a seconda dei singoli casi: spesso il mediatore familiare deve lavorare per far riprendere il flusso della comunicazione tra i separandi che ormai si relazionano soltanto sulle questioni legate alla rottura del loro rapporto; altre volte deve occuparsi della futura riorganizzazione delle relazioni, soprattutto di quelle genitoriali dove l'obiettivo principale è riuscire a raggiungere degli accordi, condivisi e duraturi, che definiscano il nuovo assetto familiare.
Ancora, è possibile attribuire a questo tipo di intervento una valenza educativa: il contesto della mediazione diventa un modello di come sia possibile regolare la relazione e la comunicazione in caso di disaccordo; durante il percorso dovrebbe verificarsi, per la coppia, un processo di apprendimento relativo alle modalità più funzionali per affrontare e gestire occasioni di conflitto. Delbert38 scrive:
la mediazione familiare è quel processo attraverso cui i conflitti che nascono nel contesto familiare sono gestiti con il supporto di un professionista "neutrale" e qualificato - il mediatore - il cui compito non è quello di risolvere i problemi, ma, ancora una volta, di aiutare gli individui a raggiungere degli accordi e, soprattutto, una modalità di gestione dei rapporti tale da permettere di convivere con il conflitto stesso, mettendo in luce le potenzialità evolutive dei singoli individui e del sistema, o dei nuovi microsistemi che si vanno a formare con le loro diverse forme di interazione. Il terzo neutrale - il mediatore - interviene per aiutare la famiglia a individuare per proprio conto le basi per un accordo: non propone alcuna soluzione ma fornisce degli input, degli stimoli che aiutano la famiglia ad approfondire tutte le possibilità - le diverse "soluzioni" prospettate, insieme a possibili alternative - per arrivare ad un accordo condiviso.
Non meno importante è la componente emotiva che accompagna il conflitto, le fasi di presa di decisione, il percorso di separazione ed il raggiungimento dell'accordo finale: una finalità della mediazione è senza dubbio quella di accogliere e permettere l'espressione di stati emotivi intensi, anche violenti, che le persone sperimentano in queste situazioni. La presenza del mediatore e le sue competenze sono utili affinchè non si verifichi un semplice 'sfogo' di queste emozioni, ma si crei piuttosto un contesto dove far emergere punti di vista diversi, utili per trovare strade alternative possibili; le emozioni possono trasformarsi in informazioni significative per chi partecipa alla mediazione (separandi e professionisti), agevolando la comprensione a livello empatico della sofferenza dei soggetti e permettendo di affrontare la difficoltà in senso completo, non esclusivamente da un punto di vista 'strategico' e razionale...........II mediatore dovrà quindi possedere e utilizzare tecniche volte alla creazione di un contesto di ascolto reciproco, offrendolo in prima istanza egli stesso e agendo attivamente per evitare imposizioni e squilibri di una parte sull'altra. Dovrà inoltre impegnarsi per far emergere, tra le due persone, un'immagine condivisa dell'altro come soggetto degno di rispetto e di attenzione; per far ciò sarà utile lavorare sulla storia della coppia, evidenziandone aspetti positivi, competenze e punti di forza, connotando positivamente le aree di accordo, a partire dall'interesse condiviso per il benessere dei figli.
In molte situazioni, le persone arrivano alla mediazione familiare ormai esasperate da un conflitto intenso e senza fine; riuscire a ripristinare una comunicazione tra le parti è un requisito fondamentale per procedere alla ricognizione dei problemi e delle aree critiche che dovranno essere prese in considerazione.
L'esperienza della mediazione familiare dovrebbe rappresentare un esempio di come, a partire da una situazione di conflitto e di crisi relazionale, sia possibile ricostruire una competenza collaborativa di gestione dei rapporti, in particolare per quanto concerne la genitorialità. Il superamento del conflitto, dunque, rappresenta uno degli obiettivi principali della mediazione, in quanto i partner riescono a definire realmente degli accordi per il futuro soltanto se prima modificano le loro premesse epistemologiche, quelle che portano a definire la crisi coniugale come fallimento personale e la separazione come scontro: devono raggiungere un accordo di fondo sulla prevalenza dell'interesse per i figli rispetto al loro disaccordo; devono riuscire ad integrare i sentimenti e le percezioni di entrambi in una storia terza in cui, effettivamente, si riesca a riaprire uno spazio mentale per i figli, perché ognuno possa di nuovo considerare l'altro come punto di riferimento rispetto alla genitorialità.
5. Il Laboratorio dei Conflitti della Asl 3 "Genovese"
II costante aumento della richiesta di supporto alle famiglie in fase di separazione registrato dai servizi pubblici a livello nazionale e regionale, ha fatto sorgere negli operatori dell'"area famiglia" dei servizi consultoriali dell'Asl 3 Genovese, l'idea che fosse opportuno strutturare uno spazio, definito e dedicato, per l'accoglienza di questa tipologia di utenti. Il Laboratorio dei Conflitti nasce nel 2000 da un progetto di sostegno e supporto alle famiglie in fase di separazione, elaborato dagli operatori e fortemente sostenuto dalla dire-zione del servizio.
La possibilità di offrire alle famiglie più in difficoltà una consulenza specialistica per ridurre in maniera significativa il dolore associato alla fine della relazione di coppia rappresenta di per sé un obiettivo di grande valore; se a ciò si aggiunge la possibilità, incontrando questi nuclei, di prevenire quanto più possibile la cronicizzazione di dinamiche distruttive che vedrebbero inevitabilmente coinvolti anche i figli della coppia, sia come testimoni della vicenda sia come oggetto della contesa, è facile intuire il valore di tale progetto.
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