giovedì 15 marzo 2012

Ivan Cavicchi , la sua posizione su intramoenia ed altro, da Quotidianosanita'.it

.........Ma allora cosa fare? Per rispondere  sono costretto ad un altro piccolo repechage, questa volta un libro, sulla questione medica, il cui titolo la dice lunga “autonomia e responsabilità” (Dedalo 2007). In questo libro si dimostra che  ogni qual volta nel sistema sanitario c’è un “potenziale di abuso”, molti sono i medici che  finiscono per abusare. E’ successo  con le notule dei  medici di famiglia, quando i medici ospedalieri erano pagati in proporzione ai posti letto, è successo con gli incentivi di produttività, con i DRG, il plus-orario e sta succedendo con l’intramoenia. Ciò non avviene, secondo me, perché la categoria dei  medici è disonesta, tutt’altro, ma perché  non è mai stato sciolto un vecchio nodo giuridico-contrattuale. Prima dell’istituzione del Servizio sanitario nazionale, quindi degli anni 70, la natura contrattuale del lavoro medico era privatistica. Questa natura contrattuale viene mantenuta in parte anche quando i medici diventano dipendenti pubblici, dando luogo al famoso tempo pieno/tempo definito di cui l’intramoenia è semplicemente una reinterpretazione.  Il “potenziale di abuso” primario è in questa promiscuità  perché essa nel momento di essere agita da luogo  a quei fenomeni  di cui oggi ci parlano i nas e purtroppo non solo a quelli. Ma in cosa consiste la promiscuità tra pubblica dipendenza e libera professione? Consiste nel far coesistere due filosofie in contraddizione: una che considera la professione medica come redditizia e una che la considera come lucrativa.Questa contraddizione a partire  dal primo contratto pubblico  dei medici degli anni ‘70 si esaspera nel tempo perché la professione medica diventa per ragioni di risparmio sempre meno redditizia e per compensazione  sempre più lucrativa. Lo Stato in pratica per pagare poco i medici tollera che i medici guadagnino  in qualche modo sui malati. Secondo una certa etica le professioni  si distinguono da altri tipi di impieghi proprio  perché sono redditizie e non lucrative. Un medico non dovrebbe arricchirsi  in un sistema pubblico a spese del malato di contro però  dovrebbe essere ben pagato. Io sostengo che se si pagassero meglio i medici si ridurrebbe il potenziale di abuso. Sostengo anche che se ciò fosse risparmieremmo un sacco di soldi facendo l’interesse generale dei malati e della sanità. Come? I medici dovrebbero accettare il fatto che “redditizio” sia in funzione di un sistema di valori etico-economici, cioè di un bene comune. L’operazione che si dovrebbe fare è: ricondurre i valori del “buon fare” a una funzione di reddito usando la redditività del lavoro come misura di economicità. In pratica si tratta di mettere insieme in modo intelligente l’interesse peculiare con l’ interessi generale. Per fare questo c’è bisogno di un cambiamento, anche di natura contrattuale (penso che sulle forme contrattuali in essere serve una riflessione approfondita). La redditività del lavoro medico oggi non può essere definita continuando a considerare il medico come un ircocervo: metà dipendente pubblico, cioè burocrate, e  metà libero professionista. Penso che le due cose si possono ricomporre in modo trasparente nella figura  di  “auto-re”, (figura che risolverebbe anche il problema delle grandi differenze tra convenzionati e dipendenti), cioè dentro uno scambio di segno nuovo tra auto-nomia e re-sponsabilità, da controllare  attraverso la misurazione degli esiti prodotti.Quindi l’idea di fondo è definire il reddito dei medici funzione della loro operatività, nulla di più. Ora mentre sto chiudendo il mio articolo non posso fare a meno di pensare a coloro che lo leggeranno e ai “crampi mentali” che mio malgrado causerò, cioè  ai problemi  del problem solver prima ancora che a quelli del problem solving. Che dire? Se non risolviamo i primi non si possono risolvere i secondi. Mettiamo insieme le forze, costruiamo una commissione di studio, facciamo delle audizioni, definiamo un percorso, promuoviamo un concorso di idee…tutto quello che vi pare…però sia chiara una cosa: la questione medica non è irrisolvibile essa è resa tale perché  coloro che se ne dovrebbero occupare  sono da oltre trent’anni a corto di soluzioni. Ognuno quindi si prenda le proprie responsabilità.
Ivan Cavicchi 15 marzo 2012
orso castano : pagare di piu' i medici  ed eliminare l'intramoenia. Un salto di qualita' per un problema complesso. Cavicchi solleva la coperta sotto la quale mali antichi hanno avuto modo di crescere ed irrobustirsi: che dire allora dei Prmari "Culi di Pietra" che occupano per decenni posti di potere lottizzati , impedendo qualsiasi innovazione che non corrisponda alla loro visione della medicina e dei problemi scientifici ad essa connessi?. Varrebbe la pena di ricordare il povero (e grande) Dulbecco che per poter continuare a lavorare sul genoma dovette emigrare negli USA, perche' i papaveri primari, e via discorrendo , nostrani , si badi bene, nominati tutti dalla politica ed obbedienti ad essa se vogliono mantenere il loro posto e quattrini connessi, avevano detto "niet". Dulbecco ebbe poi il premio nobel. Perche' Cavicchi non parla di questo nei suoi "pensati" libri? La struttura "aziendale" , che di aziendale non ha neppure l'odore, o meglio, la struttura piramidale di potere sanitario che controlla tutto , fino alla liberta' di scienza , nel nostro paese e' un vero e proprio"mostro" . Lo stanno a dimostrare le , ormai, migliaia di dottorandi, costretti a fuggire all'estero , per poter continuare a studiare !!. E' triste , veramente triste, ricordarlo caro Cavicchi! Ma poco servira' a smuovere i "primari cul di pietra che hanno fregato perfino  Leonid Il'ič Brežnev ,teorico della sovranita' limitata, come permanenza sulle loro poltrone , inavomibili anche se hanno emorroidi sanguinanti!  



per chi vuole approfondire: (clicca)Tutti i Libri di: Ivan Cavicchi,professore di Sociologia dell'organizzazione sanitaria e di Filosofia della medicina presso la facoltà di Medicina di Tor Vergata di Roma


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