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Allegoria del cattivo governo? Ripartiamo dall’economia sociale
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Che dire di fronte alla realtà che stiamo vivendo? Non mi sembra che le cose siano molto cambiate. le vittime del cattivo governo sono ssempre i cittadini, che il governo se lo sono scelto. Il nostro adesso è un governo tecnico: imposto. E fare le vittime è forse più facile. Ma se siamo arrivati a questo punto dobbiamo cercare le cause nelle scelte precedenti, tutte comunque sbagliate.
Rileggendo un libro del 1993, relativo alle riflessioni emerse durante un convegno del 1991, dedicato al tema della Costituzione economica, ho trovato degli spunti interessanti per affermare che qualcosa si è fermato nell’evoluzione del pensiero economico italiano. Se i partecipanti di Ferrara si interrogavano sul tema dell’economia mista per il “buon governo dell’economia di mercato”, significa che già vent’anni fa si erano poste le premesse per un modello di sviluppo sostenibile, che ci avrebbe evitato la tempesta in cui stiamo navigando a vista. Si legge a pag. 24: “Scontata la già detta intensa connotazione del sistema, è facile ravvisare in esso, infatti, per così dire, un capitalismo in acre salsa partitocratica. Attraverso la robusta componente pubblicistica, si è innestato sul nostro sistema economico un vastissimo dominio dei partiti politici, i quali, fuoriuscendo dal loro ruolo ideale di raccordo tra società civile e stato, si sono espansi nella società civile e si sono appropriati di larghe fette dell’economia, asservendole a loro vantaggio. Hanno ribollito la pietanza capitalistica in un brodo condito con spezie e droghe tutte loro. [..] la conseguenza: avere resi inefficienti interi comparti dell’economia; avere i partiti politici, immischiandosi negli affari e pretendendo per sè illeciti profitti pecuniari e d’altro genere, introdotto la corruzione in larghi settori della società” . Le stesse considerazioni le possiamo fare oggi, nel 2012. Solo che oggi stiamo lottando per salvare il bilancio e la faccia di fronte all’Europa che pare essere diventata il sovrano di turno. Mi chiedo: chi vuole che le cose vadano così? Quante sono le persone che ci guadagnano? Non è una domanda ingenua; essa nasce dal mio continuo confronto con la gente comune che conosco, con cui parlo, che mette sempre l’accento sulla inesorabile sorte del nostro paese, quasi che tutto questo malaffare venisse da un tiranno misterioso di cui nessuno conosce il nome o il volto. In UK, il mio paese d’adozione, le cose vanno diversamente perchè la gente ha imparato a confrontarsi sui temi e a fare obiezione rispetto alle cose che non vanno. Una volta scelto il governo di turno le cose non vanno come prospettate? Allora tutti i mezzi sono leciti per farlo crollare (anche lo scandalo).Ho assistito a Cambridge a più di una riunione di quartiere per contestare le decisioni del comune in merito alla costruzione di nuovi centri commerciali o la chiusura di attività in declino. Ho partecipato alla marcia per la difesa della chiusura del centro urbano (assurdo vero?) con richiesta di potenziamento dei mezzi pubblici anche la notte. Forse la possibilità deriva dal non avere una legge pesante e scritta come invece la nostra, che risulta spesso impossibile da leggere se non si è già iniziati alla manualistica del giuristi. Anche in Germania le cose funzionano più o meno allo stesso modo: i tedeschi sono attivisti “dentro” e si mobilitano per le cose in cui credono (ora. Non così fino al crollo del muro di Berlino). la loro battaglia per l’ambiente, per il risparmio delle risorse, per il consumo responsabile, per lavorare meno e lavorare tutti, li ha portati a dominare la scena europea, con buona pace di tutti noi, coinvolti solo in una battaglia a difesa di chi ha già da solo le armi per difendersi. Del resto la colpa è del sistema d’istruzione universitario, che dedica poco, pochissimo spazio al confronto onesto sull’economia. Gli atenei propongono la loro versione del mercato, quasi che l’altra faccia della medaglia non esistesse. Sono pochissimi i professori prepararti e onesti intellettualmente che si dedicano ala formazione delle menti.Voglio ricordare ancora una volta il prof Leonardo Becchetti perchè l’ho conosciuto, ho letto i suoi libri e credo che sia una delle menti più brillanti di questo Paese. Invito tutti a prendere atto delle sue riflessioni sull’economia della felicità perchè da qui può partire una nuova strada per il mercato italiano (e mondiale) che non ha più teorie a cui fare riferimento (hanno tutte fallito) e deve riaggrapparsi a quello che aveva malinteso: la teoria dei sentiment morali di Adam Smith, e quello che aveva finto di non sapere: gli studi di economia del beato Toniolo (di cui neanche a Pisa si è fatto mai cenno…).Credo che oggi sia arrivato il momento per i cittadini di fare una seria riflessione sulle politiche da adottare per uscire dallo stallo in cui si trova il sistema economico del paese. In primo luogo per ritrovare la fiducia in noi stessi. Non dimentichiamo mai di essere il primo paese al mondo per arte, architettura, musei, paesaggi e culture locali. Abbiamo un mare bellissimo da difendere, montagne lussureggianti da non riempire di pale eoliche, campi vasti coltivabili da non destinare ai pannelli solari. Dobbiamo cominciare a usare massicciamente la politica delle decisioni partecipate, dell’open space technology, perchè non avvenga più che il governo di turno deturpi ciò che è patrimonio di tutti, ciò che è il nostro futuro e il futuro dei nostri figli.
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