sabato 24 marzo 2012

La tecnocrazia liberista della UE (una riflessione tutta da leggere, molto articolata, clicca)


UN PROCESSO DI INTEGRAZIONE IN CHIAVE LIBERISTA
Le classi dirigenti europee - fin dall’immediato dopoguerra - hanno concepito il suddetto processo in chiave liberista e l’hanno utilizzato - specie dagli anni Ottanta - per conformare gli assetti istituzionali ed economici degli Stati membri alle esigenze di “un’economia di mercato aperta ed in libera concorrenza”. L’Unione europea è stata costruita come una realtà puramente economica caratterizzata dall’«egemonia delle cifre» e dall’«ossessione del calcolo», cui sfugge la sfera dell’esistenza reale delle classi popolari e medie. Le astrazioni della teoria “monetarista” sono state inscritte sul frontespizio dei trattati comunitari e sono state varate, sulla base delle prescrizioni rigide della BCE, politiche deflazionistiche imperniate sulla privatizzazione delle imprese e dei servizi pubblici e sulla precarietà dei rapporti di lavoro. Non è un caso, quindi, che l’ostilità delle popolazioni verso i vincoli antisociali imposti dai trattati comunitari sia sfociata negli esiti negativi dei referendum francese, olandese e irlandese. I cittadini hanno manifestato - ogni qual volta sono stati chiamati a pronunciarsi sulle tappe del processo di integrazione - avversione o indifferenza per una costruzione europea ridotta a luogo stantio di intese politiche fra esecutivi e poteri economico-finanziari e a variabile dipendente di un’economia di mercato assunta come «matrice unica e performativa di ogni ambito della vita sociale» [De Fiores, p. 62 sgg.]..........................IL RUOLO CONTRADDITTORIO DELLA BCE
La BCE deve usare la cd. leva monetaria (politica di controllo dell’offerta di moneta) per conseguire l’obiettivo istituzionale della stabilità dei prezzi nell’ambito dell’area europea, ma non può non utilizzare, nel corso delle crisi finanziarie internazionali, una serie di strumenti collaudati (immissione di liquidità nei mercati; abbattimento del costo del denaro) per scongiurare il rischio di crolli sistemici. Nelle spire della crisi, questa istituzione possente ha erogato - a dispetto dei suoi principi informatori - somme ingenti per garantire la continuità dei profitti delle imprese finanziarie ed industriali appartenenti al polo geoeconomico europeo, rivelando come essa svolga la funzione di croupier del casinò finanziario globale pronto a fornire liquidità ai giocatori rimasti privi di risorse o di «intellettuale collettivo del capitalismo » proteso a salvaguardare le condizioni dell’accumulazione all’interno dell’area europea. La sua “autonomia” e la sua “indipendenza” risultano massime nei confronti del potere politico, ma assai ridotte nei confronti degli interessi degli oligopoli industriali e finanziari. L’immissione di somme enormi di denaro pubblico nel sistema finanziario ha fornito una rete di protezione ai soggetti responsabili della crisi e ha rivelato la stretta connessione che sussiste tra le istituzioni monetarie e le dinamiche speculative che hanno attirato, nel gioco d’azzardo finanziario, i lavoratori precari e le famiglie con reddito basso.............SOCIALIZZAZIONE DELLE PERDITE, PRIVATIZZAZIONE DEGLI UTILI, Le politiche monetarie ed economiche realizzate nell’ultimo ventennio si sono tradotte, del resto, nel controllo stringente sui salari e sulle pensioni e, parallelamente, nella legittimazione dell’inflazione proveniente dal turbinare vorticoso dei flussi finanziari..............Il processo di integrazione europea continua a muoversi lungo le direttrici del Trattato di Maastricht e, pertanto, nell’ambito di un programma politico di forte stampo liberista, la cui realizzazione è affidata all’azione di poteri tecnocratici “indipendenti” e, quindi, politicamente irresponsabili. Gli strumenti e i contenuti della politica monetaria restano quelli definiti nella cittadina belga diciassette anni addietro e gli accordi successivi sulla conduzione della politica economica europea (Patto di stabilità), costituiscono la prosecuzione e l’articolazione del disegno strategico sotteso all’istituzione della UEM........L'INGANNO DELLA "ECONOMIA SOCIALE DI MERCATO"
La locuzione “economia sociale di mercato” appare, del resto, «promozionale e propagandistica», perché, tentando di «coniugare la protezione delle categorie deboli con lo sviluppo capitalistico», utilizza due concetti (l’economia di “mercato” e quella “sociale”) che sono reciprocamente contraddittori ed inconciliabili. L’aggettivo “sociale”, interposto alla locuzione “economia di mercato”, non esprime un’adesione alla visione delle Costituzioni del secondo dopoguerra, ma serve, piuttosto, ad occultare una distanza. Le finalità sociali sono considerate, pertanto, residuali rispetto alla precondizione inderogabile dello sviluppo dell’“economia di mercato fortemente competitiva”. Si assiste, quindi, all’abbandono completo della concezione della “programmazione democratica dell’economia”, ossia di quella forma di potere pubblico-sociale che consente una visione globale dei problemi dell’economia e costituisce una premessa indispensabile per fornire una risposta adeguata ai bisogni sociali dei cittadini-lavoratori.....................

Nessun commento: