sabato 16 marzo 2013

Epigenesi Enciclopedia della Scienza e della Tecnica (2008)


orso castano: il problema , anzi la questio epigenetica va inquadrata alla luce delle teorie della complessita (ci occuperemo di questo "focus"

Epigenesi

epigenesi 
Concetto posto al centro del dibattito storico sulla generazione e l’embriogenesi iniziato nella seconda metà del XVII sec. e durato fino alla fine del XVIII. Alla teoria embriologica dell’epigenesi (secondo la quale vi è uno sviluppo che consiste nella successione di nuove strutture differenziate derivate da materia non differenziata), si opponeva la teoria del preformismo (secondo la quale non c’è un vero e proprio sviluppo in quanto la formazione di un organismo consiste nella manifestazione mediante accrescimento di qualcosa che era già perfettamente delineato sotto forma germinale). Il termine epigenesi fu ripreso con nuovi significati nel XX sec. dal genetista ed embriologo Conrad H. Waddington. Con esso, egli intese sia l’insieme dei processi di differenziamento cellulare, sia le modificazioni, canalizzate durante lo sviluppo, che connettono i geni al fenotipo adulto. Oltre a legare l’epigenesi allo sviluppo, Waddington tratta anche diversi fenomeni di trasmissione ereditaria, a livello sia germinale sia somatico. A essi egli si riferisce impiegando il sostantivo epigenetica, attualmente definita come lo studio delle modificazioni del funzionamento dei geni trasmissibili mitoticamente o meioticamente e non spiegabili con modificazioni della sequenza del DNA. Le nuove acquisizioni della genetica molecolare consentono di connettere epigenesi ed epigenetica perché si verifica un fenomeno epigenetico solo quando l’espressione di un gene è sotto il controllo di meccanismi non genetici ma epigenetici. L’aggettivo epigenetico si riferisce ai meccanismi e a quanto altro ricade nel campo di studi dell’epigenetica. Quest’ultima non è necessariamente legata allo sviluppo. I meccanismi epigenetici riguardano in generale il controllo dell’espressione dei geni non influenzato da differenze nelle sequenze del DNA, ma da fattori come la conformazione della cromatina. I meccanismi più indagati sono le modificazioni locali o estese della struttura della cromatina a opera di molecole che si legano al DNA, e le modificazioni del DNA stesso come la metilazione (addizione di gruppi metile). A parte lo sviluppo embrionale, situazioni in cui si hanno effetti epigenetici dovuti a variazione dello stato di metilazione del DNA sono la trascrizione (per la maggior parte dei geni il controllo più importante è il controllo della trascrizione, che assicura che non vengano sintetizzate molecole intermedie superflue), l’inattivazione di un cromosoma X nelle femmine dei Mammiferi, l’imprinting genomico e la stabilità cromosomica.............
Complessita' biologica
Nei sistemi viventi l'informazione è conservata e organizzata negli acidi nucleici che specificano in maniera non lineare i vari fenotipi, i quali, a loro volta, manifestano complessità biologica gerarchizzata. Nel decennio successivo al 1953, dopo che James Watson e Francis Crick ebbero scoperto la struttura a doppia elica del DNA, alcuni ricercatori formularono in maniera rigorosa il problema dell'esistenza di un 'codice genetico' (l'insieme delle regole con cui una sequenza di nucleotidi di un gene viene tradotta nella sequenza di amminoacidi di una proteina). La prossimità temporale tra la scoperta dell'esistenza di un tale codice e l'elaborazione teorica della nozione di informazione, sviluppata nel contesto di problemi tecnologici di ingegneria delle comunicazioni a opera di Claude E. Shannon e Warren Weaver nel 1949, concorsero a suggerire l'accostamento tra l'informazione biologica e l'informazione quale è intesa nella teoria omonima. Precisamente, vennero cercate correlazioni e analogie sulla misura del contenuto di informazione di sequenze (normali e mutanti per una o più variazioni) e sulla misura dell'entropia di informazione.
In questo approccio, le sequenze nucleotidiche vengono considerate sequenze di simboli dell'alfabeto a quattro lettere proprie degli acidi nucleici. La formazione di una data sequenza Ik di lunghezza n avviene allora con probabilità pk=4n, e il contenuto di informazione, espresso in bit, della sequenza è Ik=2n, indipendentemente dalla particolare sequenza considerata. In effetti l'informazione di Shannon considera solo la componente statistica dell'informazione, senza riferimento al suo contenuto, dunque al significato, che è invece estremamente importante per i sistemi viventi, dato che è il significato del messaggio a determinare le conseguenze dell'informazione erogata. Approcci successivi dovuti a Andrei Nikolaevich Kolmogorov e Gregory J. Chaitin considerarono la struttura interna delle sequenze. Nella teoria algoritmica dell'informazione il contenuto informativo di un messaggio è pari alla lunghezza del più piccolo programma di computer che, una volta eseguito, è in grado di produrre l'oggetto. Ne deriva che messaggi periodici o molto ridondanti possiedono basso rapporto di informazione algoritmica/complessità biologica, mentre sequenze casuali hanno un alto rapporto di informazione algoritmica/complessità biologica, non potendo in alcun modo essere create attraverso un programma che sia più breve delle sequenze stesse.
Tuttavia il fatto che una sequenza casuale sia dotata di alta complessità biologica contraddice la realtà biologica, nella quale i sistemi altamente complessi non hanno strutture e comportamenti governati dal caso, ma sono invece altamente organizzati al loro interno. Anche se la nozione di complessità biologica algoritmica, essendo interessata alla struttura interna del messaggio, risponde meglio alle esigenze dei biologi, tuttavia non consente di affrontare il problema cruciale del significato. Quanto sia importante questo punto è chiaro considerando, per esempio, che i geni strutturali dell'uomo e dello scimpanzé sono identici al 99% e che basta solo una frazione piccola, ma altamente significativa, di geni diversi per determinare differenze biologiche di grande rilievo. Le differenze di sequenza nel DNA tra uomo e scimpanzé consistono prevalentemente nell'uso del codice per quanto riguarda le sequenze tradotte e di variazioni nelle sequenze non trascritte. La distanza genetica media tra le due specie, stimata su circa 50 geni strutturali, è risultata essere addirittura inferiore a quella tra specie sorelle, che sono per definizione anatomicamente poco distinguibili. Tali piccole differenze, capaci però di generare diversità organizzative tra le due specie, vanno quasi certamente ricondotte a cambiamenti a carico di pochi geni regolatori.
Il passaggio critico nella gerarchia della complessità biologica corrisponde ovviamente all'incremento di questa nei sistemi viventi, particolarmente intenso durante le transizioni evolutive più importanti (per es., il passaggio da cellula procariotica a cellula eucariotica, da sistema unicellulare a sistema pluricellulare, da individuo a colonia). Pur in mancanza di una teoria generale dell'incremento di complessità biologica, questo fenomeno ha iniziato ad avere una sua spiegazione circoscrivendo l'analisi a sistemi molto semplici come i virus. A cavallo tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta del Novecento Manfred Eigen e Peter Schuster hanno proposto un modello teorico, detto 'dell'iperciclo', di notevole interesse euristico, in cui sono specificate le condizioni minime che permettono di conservare e accumulare informazione biologica: un passo indispensabile per l'aumento di complessità biologica di un sistema. L'iperciclo di Eigen e Schuster è un concatenamento chiuso di cicli di reazioni in cui enzimi e acidi nucleici promuovono reciprocamente le loro sintesi (figg. 5 e 6). Dato che le molecole replicanti sono dipendenti le une dalle altre (c'è cooperazione), cambia la dinamica di popolazione e gli individui molecolari non competono (come invece accade con la replicazione indipendente delle molecole, che provoca competizione e produzione di 'quasispecie': una distribuzione di individui mutanti centrata su una o più sequenze dominanti, analoga al tipo selvatico della genetica classica), ma si integrano a un livello più elevato.
Nel modello dell'iperciclo la transizione al gradino superiore avviene in più fasi: i replicatori indipendenti competono per le risorse e ottimizzano la propria fitnessindividuale; l'interdipendenza riproduttiva riduce, fino a eliminarla, la competizione tra replicatori; la riproduzione fra replicatori cooperanti ha come effetto la formazione di un'unità funzionale dove sono integrate le diverse funzioni di fenotipi differenti; la compartimentalizzazione dei replicatori crea, attraverso l'integrazione spaziale, una nuova unità di selezione; l'integrazione dei replicatori produce una nuova classe di individui replicatori passibili di evoluzione autonoma: i genotipi dei replicatori inizialmente autonomi formano un genoma unico, più grande. Tra l'altro, il modello prevede l'interazione con individui molecolari 'parassiti', che traggono vantaggio temporaneo dalla nuova organizzazione senza integrarvisi, e individua nell'abbondanza di risorse la condizione più favorevole all'integrazione. L'incremento della complessità biologica di un sistema può avvenire anche per altre vie. La duplicazione genica e genomica, per esempio, è un meccanismo che consente ai geni duplicati di sviluppare eventuali nuove funzioni. In condizioni ambientali favorevoli (risorse abbondanti e di basso costo energetico), le varianti nuove con genoma accresciuto competono con successo contro le varianti più piccole ma ottimizzate. Le condizioni da soddisfare perché vi sia incremento di informazione e di complessità biologica nell'evoluzione, riguardano la componente relazionale e sono: l'esistenza di un meccanismo per la 'simbiosi' (come nel caso della produzione della cellula eucariote, che può essere vista anche come una cellula 'pluricellulare') e l'esistenza di un meccanismo per l'epigenesi.4. SELEZIONE NATURALE
In larga misura l'evoluzione dei sistemi viventi è la storia dei passaggi da un livello di complessità biologica all'altro, ovvero, secondo molti ricercatori, da un'unità di selezione all'altra. L'avvio del processo evolutivo ha coinciso con l'originarsi di molecole autoreplicantesi; queste vengono poi incorporate in unità cellulari assai ben delimitate, capaci successivamente di integrare al loro interno i genomi di organelli dotati di autoreplicabilità, e poi in grado di sfruttare (come popolazioni, non come individui), grazie alla sessualità, l'enorme vantaggio della ricombinazione genetica, con l'incorporazione e la rapida diffusione delle combinazioni più vantaggiose. A questo punto del processo evolutivo, con la comparsa del sesso e delle specie, la selezione naturale assume la forma, che è più familiare ai biologi, di riproduzione differenziale di genotipi. Il modello esplicativo elaborato con la 'teoria sintetica dell'evoluzione' è appunto centrato sulla riproduzione differenziale di varianti individuali all'interno di una variazione intrapopolazionale di caratteri ereditabili. Tuttavia, è opinione diffusa che questo modello esplicativo vada ora modificato per accogliere le moderne acquisizioni della biologia a livello molecolare, cellulare e dello sviluppo. I dati sperimentali portati da queste discipline hanno cominciato a chiarire, individuandone in molti casi i meccanismi, le fasi del processo di incremento di complessità biologica precedente la comparsa del livello di popolazione-specie.
Sebbene tutte queste conoscenze mancassero all'epoca della formulazione della teoria sintetica (1936-1947), e siano continuate a mancare ancora per alcuni decenni, molti biologi, sulla base di risultati di ricerche condotte con metodi tradizionali, avevano sollevato già negli anni Sessanta la questione della probabile esistenza di livelli di azione multipli della selezione naturale, sia al di sopra sia al di sotto del livello individuale. Il quadro generale che sta dietro all'idea della molteplicità delle unità di selezione è che al nascere di un nuovo livello organizzativo si verifica un cambiamento nel bersaglio e nella forma della selezione. In un primo momento la selezione viene esercitata soltanto dall'ambiente esterno; con la nascita del nuovo livello strutturale (se esso contiene fisicamente il livello strutturale più antico) l'ambiente esterno agisce direttamente solo sull'unità di questo nuovo livello: la selezione sull'unità gerarchicamente inferiore non è più esercitata dallo stesso ambiente di prima (quello che precedentemente era esterno) ma dall'unità neoformata, che pertanto funzionerà come ambiente per l'unità più vecchia e gerarchicamente inferiore. Questa concezione prevede un controllo verticale, dall'alto, dell'unità maggiore sull'ambito delle possibili variazioni dell'unità minore. E anche se, in effetti, i cambiamenti dell'unità di livello inferiore possono arrivare a influenzare la replica dell'unità del livello immediatamente superiore, tale azione dal basso è consentita nella misura in cui questi cambiamenti non sono svantaggiosi per l'unità maggiore che interagisce con l'ambiente esterno. In questa visione, all'incremento di complessità biologica è associato lo slittamento della selezione dal vecchio al nuovo livello di organizzazione, che quindi perde gradi di libertà trasformandosi in vincolo interno al sistema.
Un esempio convincente di incremento della complessità biologica strutturale con importanti effetti di regolazione funzionale è offerto dal fenomeno del linkage disequilibrium (disequilibrio da associazione). Si è constatato che geni strettamente associati sul cromosoma tendono a trovarsi in uno stato di disequilibrio da associazione. In questo caso l'organizzazione del cromosoma riduce la probabilità che, dentro i gameti, alleli di siti variabili si trovino associati a caso: tale organizzazione rappresenta un vincolo per questo fenomeno. Questo controllo può essere esercitato dall'alto, come risultato di una storia evolutiva con una forte componente deterministica: è il caso delle inversioni paracentriche polimorfiche del terzo cromosoma di Drosophila pseudoobscura. Tali inversioni cromosomiche, ben note ai genetisti, opponendosi ai normali meccanismi di ricombinazione, rappresentano una forma di organizzazione spaziale del cromosoma, selettivamente premiata, nella quale si trovano riuniti alleli che di per sé possono non fornire elevatissimi vantaggi, ma che nella forma associata interagiscono tra loro conferendo un vantaggio selettivo all'individuo portatore.
L'inversione paracentrica conferisce vantaggio al gruppo perché, riducendo la frequenza dei genomi ricombinanti, protegge gli assortimenti aploidi vantaggiosi. Se l'inversione fornisce un vantaggio selettivo al suo portatore, non è necessario che la selezione su ogni singolo locus genico sia forte (con bassa ricombinazione, infatti, il coefficiente di accoppiamento tra geni può essere molto grande, senza che vi siano grosse differenze negli effetti medi degli alleli ai loci separati, detti 'fitnessmarginali'). Fenomeni come quello descritto dimostrano che i singoli geni non evolvono indipendentemente. Da qui, ancora una volta, l'impossibilità di prevedere la dinamica evolutiva di singoli geni se questi sono organizzati in un'unità evolutiva di ordine superiore. Nel caso del coadattamento genetico, quindi, l'unità di selezione non coincide con singoli geni, ma con più ampie frazioni di genoma. Più in generale, nei sistemi viventi l'unità di selezione dovrebbe essere identificabile, almeno in linea di principio, a diversi livelli purché essa si replichi e conservi la propria identità col passare delle generazioni..........

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