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Al secondo posto troviamo Milano, con un debito pro-capite di 2.967 euro e al terzo posto Siena, con 2.515 euro. Tra i meno virtuosi anche Carrara (2.375 euro pro capite), Genova (2.207 euro) e Catania (2.167 euro). I più fortunati, invece, sono ancora una volta i bresciani (con un debito di soli 92 euro pro-capite), gli aquilani (84 euro), i residenti di Vibo Valentia (68 euro) e, infine, i nisseni (42 euro). “Con questa analisi – esordisce il segretario della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi – non vogliamo dare nessun giudizio di merito sull’operato dei Sindaci. Nel caso di Torino, ad esempio, sarebbe veramente ingiusto criticare Sergio Chiamaparino visto che buona parte del debito che grava sull’Amministrazione comunale, è riconducibile al costo delle grandi opere che si sono rese necessarie per realizzare le Olimpiadi invernali tenutesi in città nel 2006”.
Dall’analisi di questi dati, concludono alla Cgia, emerge però un dato politico molto chiaro: “Negli ultimi 15 anni – conclude Bortolussi – ai Comuni sono stati progressivamente tagliati i trasferimenti dallo Stato centrale che, solo in parte, sono stati compensati dalle compartecipazioni ai tributi erariali. Nel frattempo, però, sono aumentate le funzioni e le competenze in capo ai Sindaci, con il risultato che questi ultimi hanno dovuto, per mantenere la qualità e la quantità di questi servizi offerti ai cittadini, od indebitarsi od aumentare le tasse e le tariffe locali. Ora, con il federalismo municipale, questo circolo vizioso va interrotto. Altrimenti, c’è il rischio - almeno nella prima fase di applicazione che consentirà lo sblocco delle addizionali comunali Irpef, l’applicazione della tassa di soggiorno o delle tasse di scopo - che i Sindaci diventino dei nuovi gabellieri per conto dello Stato centrale. Insomma, bisogna scongiurare l’ipotesi che una cattiva riforma costringa i cittadini a pagare più tasse”.
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