mercoledì 26 dicembre 2012

IL “METODO ALLA SALUTE” CENTRO DI MEDICINA SOCIALE DI FOGGIA Resoconto della visita del professor Alain Goussot , docente di pedagogia speciale presso la Facoltà di Psicologia di Cesena (Università di Bologna) - 28, 29, 30, 31 luglio 2009


...................Mi ha colpito molto l’uso contemporaneo che viene fatto di una molteplicità di mediazioni e 
(http://metodoallasalute.blogspot.it/)linguaggi per creare il contatto vitale tra le persone; pure usando un altro tipo di terminologia, mi 
ritrovo abbastanza nell’idea che sviluppa il dottor Loiacono nella sua epistemologia dell’esistenza 
di un fondo comune a tutti gli esseri umani che li lega al ciclo della vita: facciamo notare che sono 
cose che troviamo in filosofia nel pensiero di Henri Bergson che parla di ‘slancio vitale’, in 
pedagogia nell’esperienza di educatori come il belga Ovide Decroly con il suo metodo globale di 
apprendimento, di crescita e nell’esperienza dell’educatore francese Célestin Freinet che parla di 
sperimentazione nella vita e con la vita. Possiamo anche trovare delle connessioni con la psicologia 
e psicoterapia umanistica di Maslow e Rogers nonché con l’approccio antropologico dello 
psichiatra Ludwig Binswanger che guarda la persona come processo globale legata alla sua storia. 
Un altro aspetto importante mi sembra essere l’importanza attribuita alla costruzione di uno spazio 
affettivo in cui avvenga un contatto: nozione questa sviluppata a lungo dal grande psichiatra 
fenomenologo francese E. Minkowski.
Ma veniamo a quelli che ritengo essere gli aspetti validi del metodo alla salute:
1) Un approccio globale, direi quasi ecologico dello sviluppo umano: l’idea che ogni essere 
umano non solo è legato agli altri ma anche al ciclo vitale (sia sul piano biologico che eco 
sistemico). Questo approccio prende in carico un po’ tutti gli aspetti della vita della persona: 
la persona e non la patologia o il disturbo. La persona è coinvolta e accompagnata come 
qualcuno che non può essere ridotta e limitata all’unica dimensione delle manifestazioni del 
disagio che vive; è accompagnata nel rimettere in movimento le sue energie vitali. Questa 
tecnica ha delle affinità con l’approccio della resilienza che fa leva sulla capacità 
dell’individuo di rimbalzare 
2) L’approccio alla salute di Loiacono fa anche leva sul fondo comune che esiste tra tutti gli
esseri umani: un fondo comune fatto di emozioni, sentimenti e bisogno di trovare affettività.
Questa dimensione antropologica e transculturale trascende effettivamente la provenienza
delle persone ma anche quello che classicamente viene chiamato diagnosi psichiatrica: per
cui nel medesimo spazio troviamo persone ‘bipolari’, schizofreniche, depressi, dipendenti da
sostanza, persone con disagio esistenziale. Saltano le classiche frontiere e si va a creare uno
spazio in cui ognuno vive l’esperienza della relazione con l’altro con dei mediatori, o meglio
la mediazione di operatori che hanno il compito in diverse fasi dello svolgimento
dell’attività di favorire il contatto partendo proprio da questo fondo comune.
3) In questo si può affermare che lo spazio comune, di condivisione dell’esperienza emotiva ed 
affettiva , che Loiacono chiama lo ‘spazio utero’ funziona come uno spazio transazionale 
dove avviene una transazione comunicativa tra i diversi partecipanti al gruppo, transazione 
che favorisce una rielaborazione dei vissuti nel confronto con le altre esperienze. Il gruppo è 
il luogo dove si svolge l’attività di accompagnamento, funziona anche come uno spazio 
transizionale cioè (per riprendere l’impostazione di D. Winnicott) come una transizione 
affettiva verso la ricostruzione di legami affettivi partendo dall’elaborazione soggettiva della 
storia di ognuno ascoltata dagli altri. Gli altri hanno questa funzione di oggetti transazionali 
e di contenimento emozionale che permette la maturazione di ognuno. 
4) Lo spazio del gruppo costituisce un luogo emotivo dove è possibile l’incontro con l’alterità 
che vuol dire anche l’incontro con l’altro diverso da sé ma che sta dentro di noi: qui si 
avvera nel confronto dei giorni dell’attività quello che il filosofo francese Jean Jacques 
Rousseau definisce come altro: l’altro è un altro diverso da me. La possibilità di riconoscere 
nei sentimenti che esprime l’altro i propri sentimenti rappresenta un momento di crescita per 
tutti. 
5)  L’uso anche di diversi codici comunicativi ci sembra importante: si usa la parola, ma anche 
la gestualità e il corpo, con i suoi ritmi e i suoi tempi. Il linguaggio del corpo è importante 
perché nella mattinata in cui avviene quello che viene definito ‘il rituale’ dove con il ritmo 
dei tamburi le persone seguono la cadenza dei suoni ad occhi chiusi e si lasciano andare. 
Questo libera delle energie e scioglie anche il clima relazionale abbassando le barriere 
difensive di ognuno.
6) Un aspetto importante è che non viene lasciato nulla all’emotività pura; vi è una ripresa di 
quello che accaduto nelle diverse fasi tramite una rielaborazione e una riflessione di tipo 
epistemologica che tende a costruire una nuova teoria della conoscenza che permette a tutti 
di crescere.
7) Come pedagogo vedo anche le cose con l’occhio di chi osserva quello che si apprende: si
può dire che in quel percorso si ritrovano alcuni concetti chiave delle pedagogie attive che
fanno del soggetto in situazione di apprendimento l’attore protagonista del proprio
autoapprendimento e quindi della propria crescita: troviamo la pedagogia della cooperazione 
(mutuo aiuto, vedi Freinet ), dell’autonomia e della liberazione (coscientizzazione, vedi 
Freire), delle mediazioni (si usano luoghi, spazi, linguaggi, quindi mediazioni e mediatori 
diversi per favorire lo sviluppo della capacità di comprenders i- apprendimento mediato di 
Vygotskij e Feueurstein), di comunità (l’esperienza vissuta in comune è una esperienza di 
socialità nuova che produce senso e significato) 
8) Ultimo punto estremamente positivo è l’esperienza umana che vivono le persone,
l’esperienza umana di relazione: in un mondo dove non esistono più le relazioni, dove v’è 
un vero e proprio deficit comunicativo il metodo alla salute offre la possibilità di 
sperimentarsi come essere di relazione e come soggetto significante. Si potrebbe dire in 
qualche modo che vi è una dimensione esistenziale di fondo che favorisce la produzione di 
valori umani nella misura in cui le persone riscoprono la propria umanità (approccio molto 3 
simile all’esistenzialismo di Kierkegaard e di Sartre). 
9) Sul piano di una ragionamento epistemologico più macro vi è una vicinanza con le posizioni 
della fenomenologia e della critica a tutte le forme di trasformazione della relazione in 
rapporto di dominio. L’esperienza è sicuramente molto trasgressiva e altra rispetto al 
modello medico-psichiatrico dominante che ha come Bibbia scientifica lo strumento 
diagnostico del DSM IV con tutte le sue classificazioni. Modello che osserva per catalogare, 
classificare non per comprendere, incontrare, conoscere e accompagnare.
10) Il metodo alla salute si propone anche di essere totalmente alternativo all’uso degli 
psicofarmaci: già a suo tempo l’antipsichiatria e lo stesso Franco Basaglia avevano messo in 
discussione l’uso massiccio dei farmaci sottolineando che parlare di terapia non può 
limitarsi all’uso e alla somministrazione di psicotropi o neurolettici. Il metodo alla salute si 
propone di andare al di là eliminando completamente l’uso dei farmaci anche nel percorso 
terapeutico: non siamo competenti in materia per valutare ma crediamo dalla nostra 
esperienza diretta e da quello che abbiamo visto a Foggia che si può limitare fortemente se 
non addirittura eliminare del tutto l’uso di psicofarmaci nei percorsi di cura.  
11) Non v’è dubbio che un approccio più umano e relazionale come quello di Loiacono 
introduce una nuova dimensione nel concetto stesso di salute: un concetto che tende a 
mostrare quanto tutti noi siamo potenzialmente ammalati e che passiamo rapidamente il 
confine tra benessere e disagio. 
Vogliamo anche mettere in evidenza alcuni aspetti che andrebbero, dal nostro punto di vista 
seguiti con attenzione: la preparazione e la formazione degli operatori e il decentrare di più 
la gestione dei percorsi.  
Ci vuole forse anche un maggiore lavoro di rete con altre realtà sapendo che il metodo è un 
aspetto importante di un percorso di cura ma non può essere assolutizzato poiché ci vogliono 
altri attori che sappiano rafforzare la crescita ottenuta dalle persone. 
Comunque sia l’esperienza fatta nel Centro del dotto Loiacono è stata per noi positiva e 
contiene molte potenzialità di sviluppo ulteriore e anche di innovazione per chi lavora con la 
sofferenza delle persone e il disagio diffuso. 
Alain Goussot
(docente di pedagogia speciale- Facoltà di psicologia di Cesena-Università degli studi di
Bologna)
Cesena: 21/09/2009

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