sabato 15 dicembre 2012

fonti energetiche

da   AGI ENERGIAorso castano : Italia il governo Monti , formato da grandi professori, capaci ed intelligenti, non e' stato capace di formulare un piano energetico nazionale, sicche' siamo completamente nelle mani di un mercato instabile ed esposto ai ricatti dei paesi produttori. Eppure di fonti alternative al fossile  (carbone, gas , petrolio) ne avremmo tante: dall'eolico, ai vulcani, al mare, ai fiumi grandi e piccoli, ma questo governo di professori, figlio dell'alta finanza , non puo'" fare la guerra" ai "genitori" ed ha accentuato la dipendenza energetica (non costruendo neppure i rigasificatori che avrebbero permesso un libero acquisto di gas dove meglio conveniva!!!). Questo governo nasconde accordi presi in ambito euro-americano? Si cominci a parlare a fondo e da sinistra di questo problema!!Forza Bersani, dicci quello che sai! La situazione internazionale ci fa rischiare grosso , di scivolare in un baratro di dipendenza. I ricercatori italiani della fusione a freddo e dello sfruttamento/produzione sono sottofinanziati e bloccati, i cittadini continuano ad arricchire  volere o volare  gli sceicchi del gas e del petrolio. Bersani dicci cosa vuoi fare quando andrai a Montecitorio. La destra del passo dell'oca non scherza, i finanzieri internazionali hanno paura di non controllare il paese e si raccomandano a S. Monti. Il piduista B. figlio dichiarato di Gelli lo sa bene. Dove stiamo andando? Bersani, fa un cenno!

La sicurezza delle infrastrutture energetiche

martedì 13 settembre 2011

A cura di Filippo Clô (RIE)


Le rotte di trasporto terrestri e marittime – prevedano esse cisterne o petroliere ovvero terminali o pipelines – sono obiettivi altamente vulnerabili in quanto bersagli sensibili nonché facili da colpire, soprattutto se passanti per zone (geo)politicamente instabili.

Ne sono esempio gli Stati cosiddetti “falliti”, ove non vi è una vera e propria autorità sovrana detentrice del “monopolio dell’uso legittimo della forza” ma una caotica spartizione del potere a livello regionale e tribale. Una situazione che, di fatto, li rende rotte impraticabili anche se potenzialmente molto utili. Tra questi troviamo l’Iraq e l’Afghanistan, paesi chiave per gli equilibri energetici globali, ma anche le ex repubbliche sovietiche Tagikistan e Kirghizistan o lo Yemen, meno celebri ma non per questo meno rilevanti.

Sotto questo aspetto, la presenza in paesi sia produttori che di transito di regimi autoritari dal pugno di ferro ha spesso offerto alla comunità internazionale un certo livello di garanzia sull’integrità delle strutture – fisse o di passaggio – presenti nei loro territori e quindi sulla continuità dei flussi. Un servizio importante per l’economia mondiale che ha spesso risparmiato critiche ai loro cruenti dittatori contribuendo alla loro permanenza al potere.
L’incedere nell’ultimo anno dei tumulti in Nord Africa e in Medio Oriente, oltre aver incalzato i già elevati timori per la sicurezza energetica “classica” (ovvero i rischi per la continuità di un’ offerta congrua ed economicamente accessibile a causa delle interruzioni della produzione in paesi come Libia, Algeria, Egitto o Yemen…), ha alzato le attenzioni relative la sicurezza delle infrastrutture energetiche, la cui situazione di incertezza è probabile si protragga ben oltre la fine – ufficiale – delle crisi.

Queste regioni sono infatti percorse da kilometri e kilometri di oleodotti e gasdotti (vedi mappe pipelines Nord Africa e Medio Oriente) che in situazione di (semi)anarchia diventano bersagli allettanti per dissidenti e gruppi armati: pertanto attentati ed non meglio definiti incidenti sono all’ordine del giorno.



TUNISIA - LIBIA - ALGERIA 



Il luglio scorso, un tratto del gasdotto Transmed  è stato sabotato nei pressi di Zaghouan, a sud di Tunisi. Il gasdotto collega le riserve metanifere del deserto algerino con la Val Padana. Tali rifornimenti sono cruciali per l’Europa e soprattutto per l’Italia che in questo momento già subisce la carenza delle forniture libiche. I flussi non sono stati interrotti, ma la situazione resta incerta, almeno fino a quando il 23 ottobre l’elettorato tunisino non verrà chiamato a eleggere la propria assemblea costituente, e forse anche dopo. Lo stesso vale anche per i vicini Algeria e Libia; quest’ultima  ha già visto attaccare l’oleodotto, che trasporta il greggio dal campo Awbari nel sud del paese alla raffineria di Az-Zawiya fuori Tripoli, e il gasdotto che rifornisce di elettricità la capitale. 







                                                                                                                                                    EGITTO - ISRAELE


In sei mesi il gasdotto Arab Gas Pipeline (AGP) è stato soggetto a ben 5 attentati – tre dei quali nei soli ultimi trenta giorni – nel suo tratto egiziano in cui attraversa la penisola del Sinai causando l’interruzione dei flussi verso Giordania, Israele e Libano. È il caso certamente più delicato sia per la ripetitività dell’atto che per le pressioni che va ad aggiungere alle già tese relazioni tra i paesi arabi e lo stato ebraico
                                                                                                             






         
           TURCHIA-IRAN
                                                                                                                                                            
L'11 agosto scorso il gasdotto Tabriz-Ankara è stato sabotato per mano dell’organizzazione terroristica curda PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) nella provincia turca di Agri, prossima al confine con l’Iran. L’atto è rivolto alle economie di entrambi i paesi. Il 29 luglio un simile attentato era avvenuto a Bazargan, in Iran, causando danni contenuti e rallentamenti, ed il 3 agosto in una zona a sud-ovest della Turchia. Il gasdotto rifornisce la Turchia tra i 15 e i 18 miliardi di metri cubi di gas al giorno. Il momentaneo ammanco, durato circa una settimana, è stato compensato da forniture russe e azere via Bluestream.




                                                                                  IRAN



Le infrastrutture oil and gas del paese sono spesso soggette ad esplosioni, perché: datate, carenti di manutenzione, soggette ad errori
tecnici ed atti di sabotaggio (soprattutto nelle regioni a nord-ovest). Tra febbraio e aprile esplosioni in un gasdotto (nei pressi della città sacra di Qom,) nel centro del paese, hanno interrotto i rifornimenti dai giacimenti del sud alle raffinerie del nord. Il 5 agosto è stata registrata un’esplosione nell’oleodotto (4.000 bbl/g dalla vicina Ahvaz oil processing unit) passante per la provincia petrolifera di Khuzestan nel sud-ovest del paese, prossimo al confine iracheno e al Golfo. Un’indagine parlamentare è stata aperta per conoscere la natura dell’esplosione. La provincia – a prevalenza araba in un paese non-arabo – non è infatti nuova ad episodi di violenza.
(si veda ingrandimento mappa)







                                                                                                                    
  PAKISTAN

Le zone maggiormente colpite sono i confini nord con l’Afghanistan, dove i militanti attaccano di sovente i tanker NATO, ed il Baluchistan, zona metanifera del paese, dove i ribelli Baloch  sabotano i gasdotti. Lo scorso agosto è stato dato fuoco a 16 oil tankers nell’oil terminal di Peshawar, dove la NATO si rifornisce di carburante. Dal 2009, il passo Khyber che connette Peshawar (Pak.) con Torkham (Afgh.) è sempre più soggetto ad attentati. Sempre in agosto, vi sono stati due attentati ad un gasdotto vicino a Quetta, Baluchistan. Il secondo, 15 agosto, ha provocato danni significativi e l’interruzione delle forniture in vari distretti della regione. Esplosioni di gasdotti avvengono anche nelle città: Gujranwala, (Punjab, 5 giugno e 3 agosto), Charsadda (North West Frontier Province, 30 agosto)
(si veda ingrandimento mappa)






                                                                                                           SIRIA



Gli attentati alle pipeline hanno interessato anche i disordini in Siria che proseguono da marzo. Il 12 luglio due esplosioni hanno interessato due gasdotti minori vicino a Deir al-Zour, nell’est del paese presso il confine con l’Iraq. Fonti ufficiali hanno imputato le condizioni climatiche, altre le stesse forze armate. Il 29 luglio è stato invece sabotato un oleodotto vicino a Homs diretto alla raffineria di Baniyas. In questo caso sono reciproche le accuse tra dimostranti e forze governative.

                                                                                                                                                      


                                       YEMEN

                                                                 
        
 
                               
                      Come in tutta l’area MENA, anche lo Yemen è stato scosso dalle proteste. In marzo il principale oleodotto del paese è stato sabotato da gruppi tribali. L’oleodotto ha una capacità di 200.000 barili al giorno e trasporta per 438 km il greggio dai campi di Ma'arib and Shabwa al  terminal Ras Isa, nella provincia Hodeida. Da quando è stato riparato, a metà luglio, la Ma’arib pipeline ha subito altri due attacchi causando la quarta sospensione dovuta a sabotaggi.
(si veda ingrandimento mappa)





                                                                                                               KAZAKHSTAN-TURKMENISTAN



L’8 agosto 2011 un incendio ha interessato un tratto del gasdotto CAC-4 (Central Asia Center) nel distretto Zhylyoi, regione Atyrau. Il CAC è un impianto mastodontico anche se un po’ datato che interconnette tutto il Centro Asia (ex-Unione Sovietica), ma sempre sospetti paiono gli incidenti lungo le sue rotte. Soprattutto quando in mezzo ci sono gli interessi russi. Nell’aprile 2009 un simile incidente avvenne in Turkmenistan proprio quando il gigante russo Gazprom era intenzionato a modificare al ribasso i contratti di take or pay di acquisto del gas turkmeno.

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