martedì 14 maggio 2013

DNA non codificante: una pianta carnivora può farne a meno


Gli scienziati hanno sequenziato il genoma di una pianta carnivora. Dai risultati emerge un sorprendente risultato: il genoma non codificante non sarebbe necessario per la vita complessa

ll DNA non codificante costituisce la stragrande maggioranza del DNA, solo il restante 2% è costituito da geni. Gli scienziati da anni si chiedono quale sia la reale funzione di questo dna denominato “spazzatura”.
Crediti: Enrique Ibarra-Laclette, Claudia Anahí Pérez-Torres and Paulina Lozano-Sotomayor
Crediti: Enrique Ibarra-Laclette, Claudia Anahí Pérez-Torres and Paulina Lozano-Sotomayor
Questo nuovo studio, pubblicato sulla rivista Nature, suggerirebbe che la gran parte del DNA non codificante non è necessaria per la vita complessa. La scoperta è stata effettuata sequenziando il genoma della pianta carnivora Utricularia gibba.
Il genoma della Utricularia gibba è il più piccolo genoma in assoluto ad essere stato sequenziato da una pianta complessa. I ricercatori che lo hanno sequenziato hanno spiegato che il 97 per cento del genoma è costituito da geni – frammenti di DNA che codificano le proteine ​​- e piccoli pezzi di DNA che controllano quei geni.
Secondo gli scienziati la pianta ha eliminato, su un lunghissimo periodo di diverse generazioni, il DNA non codificante dal suo materiale genetico.
Il team di ricerca internazionale è stato guidato dal Laboratorio Nacional de Genómica para la Biodiversità (LANGEBIO) in Messico e dall’Università di Buffalo.
Lo studio è stato diretto dal Professore Luis Herrera-Estrella e dal professore di Scienze Biologiche Victor Albert, con il contributo di scienziati da Stati Uniti, Messico, Cina, Singapore, Spagna e Germania.
“La novità è che solo il 3 per cento del materiale genetico della pianta consiste nel cosiddetto DNA ‘spazzatura’”, ha detto Albert. “In qualche modo, questa pianta si è ripulita dalla maggior parte di ciò che costituisce i genomi vegetali. Cosa che ci fa capire che può esistere una pianta perfettamente multicellulare con diverse cellule, organi, tipi di tessuto e fiori, senza il DNA spazzatura che non è necessario.”
Il DNA non codificante non codifica alcuna proteina, ma può copiare o tagliare e incollare se stesso in nuove posizioni del genoma.
Recentemente il progetto ENCODE ha tentato una spiegazione, affermando che la maggior parte del DNA non codificante , circa l’80 per cento, svolge un ruolo in funzioni biochimiche come la regolamentazione e la promozione della conversione del DNA in RNA, che produce proteine.
Secondo gli esperti autori di questa nuova ricerca, invece, ci sarebbero specie che intrinsecamente “scelgono” di mantenere il DNA non codificante e altre invece che decidono di disfarsene. Questo non vuol dire che un modo sia più utile dell’altro, ma dipende piuttosto da come le singole vicende evolutive influiscano su queste distorsioni iniziali.
La pianta carnivora esaminata ha una struttura molto complessa per il funzionamento, ma consiste “solo” di 80 milioni di coppie di basi del DNA – un numero molto piccolo rispetto ad altre piante complesse e secondo i ricercatori è proprio la cancellazione del DNA spazzatura che spiegherebbe questa discrepanza numerica.
La piccola dimensione del genoma della Utricaria gibba è ancora più sorprendente dato il fatto che la specie ha subito tre replicazioni complete del genoma da quando il suo lignaggio evolutivo si è scisso da quello del pomodoro.
Cioè, la pianta, in tre momenti distinti nel corso della sua evoluzione, ha duplicato il suo genoma. “Questa storia sorprendentemente ricca, insieme con l’attuale piccola dimensione del genoma, è un’ulteriore prova che la pianta ha eliminato il DNA non essenziale, ma al tempo stesso sta mantenendo un insieme funzionale di geni simili a quelli di altre piante simili “, hanno spiegato gli esperti.

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