lunedì 23 febbraio 2009

Dilaga l'abuso in Italia

vedi il clip : le lobby in Italia , Sadun , direttore Relazioni Istituzionali Unicredit

Dilaga l'abuso , l'Italia fuorilegge di LUCIANO GALLINO da Repuibblica del 21 febb 09 Si possono utilizzare diverse immagini allo scopo di definire il nocciolo del caso Ita­lia. Tra le tante ho ; scelto l'immagine d'una società che con i suoi com­portamenti collettivi si pone molto al di sotto della lex, la Leg­ge con la maiuscola, quel sistema di rapporti tra individui e collet­tività che è considerato un ele­mento essenziale della condizio­ne civile nell'età moderna ed ha il suo sommo nella Costituzione. Nella lunga scala che porta a una condizione civile la società italiana ha salito molti gradini, ma al­tri ne ha discesi. Al presente si colloca forse a uno dei livelli più bassi della sua storia,non foss'altro perché i rapporti che la legge dovrebbe regolare onde far pro­cedere la società verso una idea­le condizione civile diventano sempre più complessi. Vi sono vari modi per restare al di sotto della lex, la legge in gene­rale. Il primo consiste nella viola­zione in massa delle particolari leggi in vigore. Un secondo va vi­sto nell'evitare di elaborare leggi che da generazioni sono pubbli­camente riconosciute come in­dispensabili. Un terzo si mate­rializza nella elaborazione di leg­gi incivili, nel senso che ostacola­no, piuttosto che favorire, la sali­ta della scala che porta una so­cietà a una condizione civile. Un ultimo modo consiste nel non at­tuare le leggi che ove lo fossero porterebbero espressamente in tale direzione, a partire da vari ar­ticoli della Costituzione concer­nenti il lavoro. Tratterò in breve dei primi tre, per soffermarmi poi più ampiamente sull'ultimo*. La violazione di leggi vigenti compiuta in massa dai cittadini abbraccia diversi capitoli. Tra i principali vanno collocati il con­trollo del territorio esercitato dalla criminalità organizzata; la devastazione del territorio stes­so ad opera di comuni cittadini mediante costruzioni abusive; l'evasione fiscale, e la corruzio­ne. Il monopolio dell'uso della forza spetta soltanto allo Stato, ricorda dottamente qualche mi­nistro dopo ogni fatto di sangue. Tuttavia chiunque svolga una qualsiasi attività economica nel territorio a sud del 41° parallelo, si tratti d'un piccolo negozio o d'una grande impresa, d'un can­tiere minimo per riparare un mu­ro o di lavori autostradali, sa be­nissimo che si tratta come mini­mo di un duopolio, e che il se­condo polo è assai più pervasivo, minaccioso e rapido nell'agire punitivamente che non il primo. Ora, la presenza d'un potere ter­ritoriale che si contrappone col­locandosi, in termini di forza, quasi sullo stesso piano allo Sta­to era nota, discussa in Parla­mento e oggetto di leggi, un buon secolo addietro. Domanda: la società, lo Stato, la politica non san­no, oppure bisogna concludere che non vogliono, riappropriarsi di un terzo del territorio naziona­le? Quanto all'evasione fiscale co­me pratica collettiva: da vent'anni è noto che circa il!7percento del Pii italiano è prodotto dall'e­conomia sommersa. Che esiste anche in altri paesi, ma la quota ad essa imputabile da noi è alme­no tripla tra le società sviluppate. Nell'economia sommersa lavorano circa due milioni di persone fisiche in posizione totalmente irregolare, più un milione di "unità di lavoro" statistiche for­mate da tre milioni di persone che svolgono un secondo lavoro non dichiarato. Il 17 per cento del Pii vale oggi 270-280 miliardi. L'evasione fiscale e contributiva è stimabile in circa 90 miliardi sottratti ogni anno a scuola, sa­nità, previdenza, infrastrutture. In realtà l'ammontare dell'evasione è assai superiore, perché ad essa andrebbe aggiunta la quota dovuta al 50 per cento del­le società di capitali che ogni an­no dichiara di non avere avuto utili; alle banche e alle imprese che hanno centinaia di sussidia­rie in paradisi fiscali create per sfuggire al fisco; alla manipola­zione da parte delle medesime dei cosiddetti prezzi di trasferi­mento tra societa' facenti capo ai paesi dell'eurozona, per non parlare degli Stati Uniti, forse .la metà dei contribuenti italiani sa­rebbe sotto processo per frode fi­scale. (...)La devastazione economica e la stessa holding; alle legioni di professionisti, commercianti e artigiani che dichiarano per intero il fatturato della loro microimpresa, e però redditi personali trascurabili. In qualunque altro paese dell'eurozona , per non parlare degli Stati Uniti , forse la meta' dei contribuenti italiani sarebbe sotto processo per frode fiscale....La devastazione economica e civile operata sul territorio sulla criminalità organizzata è visibile - stragi a parte - soltanto a chi de­ve a piegarsi ad essa. È invece visibile a tutti la devastazione fisi­ca e paesaggistica del territorio operata dall'abusivismo edilizio, cui collaborano efficacemente milioni di cittadini e migliaia di imprese. Non v'è quasi regione, tratto di costa, o valle alpina che siano stati risparmiati. Le strade che escono da Roma come da al­tre grandi città sono affiancate per decine di chilometri, in ogni direzione, da case abusive. Sul totale Italia, si presume siano centinaia di migliaia le costru­zioni fuori legge che sono state condonate; altre sono in pazien­te attesa. Tutto ciò ad onta del fat­to che i pubblici poteri non ab­biano mancato di far sentire la loro forza: negli ultimi anni, infatti, circa l'1 per cento delle costru­zioni abusive è stato demolito. La devastazione compiuta da­gli abusi del costruire è stata ac­centuata ed estesa dall'assenza di leggi ad hoc: ossia leggi sulla pianificazione territoriale e sulla la gestione idrogeologica del ter­ritorio. Chiunque percorra la pe­nisola non può che giungere ad una conclusione: gli italiani han­no collettivamente fatto del loro paese il più brutto d'Europa. Lo hanno anche reso il più pericolo­so per quanto riguarda inonda­zioni, allagamenti, incendi, fra­ne e ogni genere di crolli. (...)Tra i dispositivi di legge che, ove fossero attuati, farebbero in­vece salire la società italiana ver­so una condizione più civile vi so­no gli articoli della Costituzione compresi nel Titolo III. Gran parte della legislazione italiana sul lavoro degli ultimi decenni li ha ignorati, se non anzi formalmente violati. La sola proliferazione dei contratti atipici, ormai una quarantina, appare in contrasto con ciascun articolo del predetto titolo. Si prenda l'art.36:« iI lavoratore ha diritto ad una retribu­zione proporzionata alla quan­tità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicura­re a sé e alla famiglia un'esisten­za libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorati­va è stabilita dalla legge». La ridu­zione del reddito conseguente all'alternanza di periodi di occupazione e disoccupazione nel corso dell'anno, propria dei la­vori atipici, e fatta drammatica­mente risaltare dalla crisi in cor­so, contrasta con il primo com­ma di detto articolo, così come la direttiva della Commissione Europea, recepita dai governi italia­ni, la quale non stabilisce, ma lascia intendere che la giornata la­vorativa possa essere allungata sino a 13 ore. Oppure si veda l'art. 41: «L'iniziativa economica pri­vata. .. non può svolgersi in con­trasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicu­rezza, alla libertà, alla dignità umana»; il sistematico venir me­no delle sicurezze dell'occupa­zione, del reddito, della previ­denza e delle altre, connaturato alla diffusione delle occupazioni precarie, è in palese conflitto con tale articolo. O si legga ancora l'art. 46: «Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica rico­nosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limi­ti stabiliti dalle leggi, alla gestio­ne delle aziende». Tale forma di collaborazione dei lavoratori al­la gestione delle aziende è in realtà oggi resa impossibile, in forme pur minime, dalla fram­mentazione dei processi pro­duttivi, e dalla concomitante moltiplicazione delle tipologie di contratto e di categoria d'appartenenza che si oggi ritrova in ogni azienda. Resta da chiedersi quando mai l'attuazione delle indicazioni programmatiche del titolo III della Costituzione troverà posto nell'agenda della politica italiana. ...............Orso castano : Luciano Gallino coglie con precisione alcuni punti deboli della cultura e delle regole del mondo manageriale che dominano in Italia, regole spesso paradossali ed inique , che rischiano di far affondare un sistema in una situazione di concorrenza internazionale che “non perdona”. Se ne fa un gran parlare ma non lo si attua se non in rarissimi casi - che poi sono quelli dove le imprese funzionano: e' il management . Si organizzano seminari da parte delle regioni dove si invitano solo una fetta di dirigenti, per lo piu'verticali e di nomina politica, manuale di spartizione Ceneclli alla mano, come se il management dovesse interessasse solo loro. La cultura delle lobby, delle raccomandazioni, delle corporazioni illiberali che si oppongono a qualsiasi piccola apertura liberale, stravince e domina. Eppure le potenzialita' ci sono , e tante. Ma vengono soffocate, bloccate, colpite sul nascere. E' quella che qualche raro politico definisce “ la dominanza del partito unico trasversale” che blinda e governa dal centro (i palazzi romani) alla periferia (le Province) in maniera totalizzante , che imperterrita pretende di controllare i voti ed i candidati. Intanto i cittadini perdono fiducia nello Stato e si adeguano , evadendo, diventando clientes di questo o quello. Si puo costruire un rilancio scientifico competitivo a livello internazionale in queste condizioni? In Francia , in Inghilterra , funziona cosi'? Perche', a fronte di una grande inventiva l'Italia e' condannata a restare il fanalino di coda? Il posto dove tenere solo convegni , visitare quello che la speculazione edilizia ci ha ancora lasciato da vedere e poi in fretta andare altrove a lavorare seriamente?

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