venerdì 13 febbraio 2009

Polo tecnologico alla bolognese / incubatore Poli Torino

NANOTECH INCITATORE DI IMPRESE AL VIA a Bologna...............

Uno spazio apposito per start up sostenuto dalla Fondazione Carisbo. Si inaugura oggi l'incubatore di nanotecnologia di Bologna. Il proget­to rappresenta il primo passo verso l'evoluzione di Almacube (clicca), l'incubato­re di imprese che fa capo all'Universi­tà e al quale il nuovo spazio dedicato alle nanotecnologie è collegato. «Ave­vamo bisogno di una struttura capace di ospitare start up innovative che ne­cessitano di laboratori attrezzati - dice Gianni Lorenzoni, presidente di Almacube e ideatore del nuovo progetto, nonché presidente del Pni Cube, l'as­sociazione nazionale degli incubatori universitari che ogni anno organizza il Premio nazionale innovazione - e quindi abbiamo individuato un luogo dove installarci e soprattutto il partner finanziario per realizzare il progetto: la Fondazione della Cassa di rispar­mio in Bologna». «Si tratta di un progetto per noi im­portantissimo spiega Fabio Roversi Monaco,presidente della Fondazione della Cassa di risparmio di Bologna,perché, afferma, la nostra attenzione ver­so il sostegno alla ricerca scientifica e tecnologica e perché si tratta di una ini­ziativa che ha come missione quella di tradurre i risultati della ricerca in impre­se innovative».

L'intervento della Fondazione della Cassa di risparmio in Bologna risulta in­cisivo per la realizzazione di questa pri­ma fase del progetto dell'incubatore di nanotecnologia che prende vita dallo stu­dio condotto da Gianni Lorenzoni che ha analizzato come nell'area di Bologna e di Modena hanno sede numerose im­prese che operano a vario titolo nell'am­bito delle nanotecnologie, una sorta di distretto che, come lo ha definito lo stes­so Lorenzoni, «c'è ma non si vede». E con il nuovo incubatore si inizia a vedere: nei 400 metri quadri della nuo­va sede, che ha carattere temporaneo perché poi confluirà nel grande polo tec­nologico che la Regione Emilia Romagna ha in programma di realizzare negli edifìci della ex manifattura tabacchi, troveranno posto tra le sette t le nove imprese, che vanno ad aggiungersi alle 16 insediate presso Almacub e che operano nei settori del PIct, del design e della progettazione. Tra le start up e i laboratori ricerca che si insedieranno ne nuovo incubatore ci sono quel! che prenderanno parte al viaggio che le porterà a partecipare alla fiera internazionale sulle nanotecnologie in programma a Tokio tra il 18 e i| 24 febbraio 2009, progetto anche questo sostenuto dalla Fondazione. Si tratti ta del Cnr-Ismn di Bologna e di Faenza, degli Istituti ortopedici Rizzoli, del laboratorio di Chimica analitica e bioanalitica dell'Università di Bologna e delle start up Cyanagen, Mediteknology, Nano4Bio, Nanoscent, Nanosurfa-ces, Organic spintronics, Proart, Scri­ba nanotecnologie. EMIL ABIRASCID

rete europea incubatori (clicca)

Cresce l’Incubatore delle Imprese al Politecnico di Torino: è il leader.............................................. Parole d’ordine: «Dream, dare, and do».«Non si deve avere paura di concepire una visione alta delle proprie potenzialità: un problema di molti è che ci si accontenta. Poi si deve osare: maturare un’esperienza imprenditoriale è importante anche se non si riescono a raggiungere gli obiettivi iniziali. E infine darsi da fare: l’imprenditore non può essere un part-time».Chi parla è Marco Cantamessa, presidente di «I3P», la sigla che significa «Incubatore Imprese Innovative»: creato dal Politecnico di Torino - spiega il rettore Francesco Profumo - è il più grande centro italiano per la creazione di nuovi business e sta per compiere 10 anni. Qui il «credit crunch» non si sente e, anzi, le proposte aumentano, favorite - aggiunge Profumo - «dal continuo scambio tra studenti, professori, investitori e industriali».Professor Cantamessa, quanti bussano alla vostra porta? «Ogni anno arrivano 150 idee d’impresa: di queste, 50 diventano business plans e, di questo gruppo, una quindicina si trasforma in vera impresa. Esiste un rapporto di 1 a 3 a ogni strozzatura dell’imbuto». Come funziona la vostra formula? Ricerca e business«E’ duplice. Siamo un incubatore universitario, che si offre come sbocco per ricercatori e studenti del Politecnico, e una sede per chi vuole realizzare una start-up nell’high tech collegata con l’ateneo».Che differenze ci sono tra un percorso e l’altro? «Chi proviene dal Politecnico, in genere, ha prodotto un’idea - una tecnologia - di cui non c’è ancora una chiara concezione applicativa. L’Incubatore è pensato per accompagnarli in un lungo processo: dall’identificazione di un mercato a un’impostazione strategica della futura azienda, fino alla formulazione di un business plan». Poi che cosa succede? «Li aiutiamo nella costituzione dell’impresa, riempiendo i pezzi che mancano: individuiamo eventuali soci, che forniscano sia i fondi sia le competenze. E’ un’operazione che,scherzosamente, definiamo l’”agenzia matrimoniale”: prepariamo i giusti incontri grazie a un ampio portafoglio di candidati. Anche l’ultima nata - la 100ª azienda - ha visto la luce così: abbiamo fatto “sposare” uno studente di dottorato dimetallurgia con un ingegnere gestionale che rientrava dall’estero e voleva rimettersi in gioco come imprenditore».E il secondo percorso? «E’ abbastanza simile, ma cambianole persone. Si tratta di professionisti più maturi nel business planning,ma che cercano competenze tecnologiche. Così troviamo loro collaboratori o soci dall’accademia».Da quando si entra nell’Incubatore a quando nasce l’azienda quanto tempo passa? «Lamedia è 6-18mesi».E a quel punto inizia il percorso di incubazione, giusto? «Sì. Dura 3 anni, periodo nel quale forniamo consulenze sia direttamente sia attraverso una rete di partner convenzionati». L’industria si trasferisce da voi? «Sono previste 2 formule, una fisica e una virtuale. Nella prima le aziende risiedono qui nel campus e godono dei servizi della localizzazione. Nella seconda si “decentrano”, per esempio perché hanno bisogno di capannoni industriali, ma i servizi sono gli stessi».In quanti lavorano in un’azienda-tipo? «All’inizio ci sono i soci, 3-4 persone.Tendiamo a scoraggiare i “cani sciolti”, ma vogliamo anche evitare le compagini troppo complicate. Poi un po’ alla volta crescono. Alcune sono diventate realtà significative». Quali sono i settori più «popolari»? «Si va dall’aerospaziale all’automazione, dalla scienza dei materiali alle telecomunicazioni. E’ una realtà ampia e la mancanza di specializzazione, in realtà, è una forza: allarga l’offerta a candidati diversi e si costruisce un tessuto di imprese complementari». Può fare qualche esempio? «Abbiamo un’azienda attiva nel monitoraggio degli incendi boschivi e una specializzata nelle reti wi-fi autoconfigurabili. Un’altra ancora ha puntato sui controlli delle funi per ascensori e funivie e sta conoscendo un buon successo. Voglio anche citare l’azienda che ha puntato sui sistemi di continuità basati su fuelcells (entrano in funzione istantaneamente per alimentare i computer in caso di blackout) e quella per il risparmio del calore negli impianti di riscaldamento condominiali». I soldi da dove arrivano? «Da un mix e noi diamo una mano a trovarli. C’è l’“angel investing” dei privati, quando si è nella fase di costituzione dell’impresa, e poi entrano in scena i “venture capitalists”, nel momento della crescita. Per quanto riguarda i primi, le nostre imprese reperiscono circa un milione di euro ogni anno. Dall’altra parte c’è l’accesso agevolato al credito bancario: le nostre convenzioni permettono mutui senza garanzie e a tasso agevolato pari a 100mila euro».Quasi 10 anni di attività: quanti posti di lavoro sono stati creati?«Oltre 500 e per la stragrande maggioranza stabili nel tempo. E un altro dato è interessante: hanno richiesto una spesa pubblica piuttosto bassa, inferiore a 10mila euro per posto di lavoro. Una somma che, con le imposte pagate, rientra velocemente nelle casse dell’erario».Non sognate di far nascere un colosso,una «Google italiana»?«Lavoriamo per alzare continuamente il tiro e andare anche in quella direzione. Intanto stiamo creando un ecosistema che aiuti le start-up e speriamo di avere anche un po’ di fortuna»

Alcuni dati dell'incubatore di Torino (ingrandisci l'immg.)

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