domenica 1 marzo 2009

Parma o Torino la precarieta' lavorativa fa star male

Dal quotidiano CRONACA di PARMA dell 8/ott./2007 di Maria Chiara Perri

Allarme lanciato dai medici di famiglia. Attivata collaborazione con gli psichiatri Parma, disagio psichico in aumento Precari a rischio ansia e depressione Sempre più giovani precari soffrono di ansia e depressione aumentano i problemi di disagio psichico tra i parmigiani, in particolare per fenomeni collegati alla precarizzazione della vita. Una dato sconcertante che viene rilevato quotidianamente dai medici generici di Parma,sempre più chiamati ad affrontare patologie come ansia e depressione in giovani adulti,gli stessi che sono stati recentemente definiti "bamboccioni" dal ministro Padoa Schioppa............... «Mai una definizione è stata più evitabile di questa – commenta Maurizio Vescovi, medico generico esperto di malattie psicosomatiche e promotore di un progetto di collaborazione tra medici di famiglia e psichiatri - io e i miei colleghi ci siamo accorti di un incremento di fenomeni ansioso depressivi in soggetti giovani, ma anche dai 30 ai 40 anni,che non riescono a collocarsi nel mondo del lavoro e ad ottenere l’autonomia economica dalla famiglia d’origine. Questo provoca un calo di autistima che nei casi peggiori provoca depressione,attacchi di panico,ansia».La problematica ha raggiunto livelli di diffusione così rilevanti da indurre i medici di famiglia a indire un incontro sul tema,che si terrà lunedì 15 ottobre presso la sala civica del quartiere Montanara in largo 8 marzo.Oltre a Vescovi,saranno presenti al dibattito Roberto Gallani, Anita Sullam,Pino Ferrante e Franco Giubilini, direttore del Dipartimento di Salute mentale dell’azienda ospedaliero universitaria..................«Ricordo che l’Organizzazione mondiale della Sanità ha diffuso i dati sul disagio psichico emersi da una recente ricerca condotta in 15 nazioni. Per l’Italia, la statistica è stata elaborata dai gruppi psichiatrici di Bologna e Verona. Risulta che la percentuale di popolazione che soffre di disagio psichico va dal 10 al 25 per cento». L’incontro di lunedì prossimo è organizzato con l’intento di far conoscere a Parma il progetto Leggeri, iniziativa di collaborazione tra medici generici e psichiatri per un intervento tempestivo ed efficace nel riconoscimento e nel la cura del disagio psichico.

Da Repubblica del 30/12/087 , Torino Paolo Griseri intervista il sociologo Roberto Cardaci , che gia' dagli anni 80 si occupa di precarieta' e cassa integrazione .................................Dottor Cardaci, perché la cassa integrazione può portare a forme di depressione tanto gravi? «Premettiamo che la situazione di oggi è parzialmente diversa da quella di 28 anni fa. I cassintegrati del 1980 passarono improvvisamente dal cuore della società, la classe operaia che era stata protagonista nel decennio precedente, ai suoi margini. Una doccia fredda sociale di cui oggi non ci sarebbero i presupposti. Non solo perché gli operai hanno perso la centralità che avevano allora ma anche perché la condizione di cassintegrato e comunque la precarietà del lavoro non è una novità». .................................................Quali tratti comuni rimangono invece rispetto all´esperienza di allora? «C´è un percorso psicologico che credo sia rimasto abbastanza simile nel tempo. Nelle prime settimane la casa integrazione è vissuta quasi come una vacanza, come se l´azienda ti avesse messo in ferie forzate. Subito non percepisci il cambiamento. La trasformazione avviene lentamente. Con il trascorrere dei mesi cominci a dedicarti ai lavori di casa: dai il bianco alle pareti, ripari gli infissi, ti occupi dell´impianto elettrico. Poi anche questa fase finisce. E lì cominciano i problemi». ....................................Qual è lo scoglio più difficile da superare? «Oggi la perdita di reddito è più forte di allora. All´epoca si andava in cassa con l´80 per cento dello stipendio. Oggi l´assegno di cassa integrazione è più magro. Ma il problema principale è la condizione di sospensione: il cassintegrato non può far altro che attendere. Non può trovare lavori occasionali perché altrimenti perde quello principale. Smarrisce improvvisamente il suo ruolo nella società, vive in un limbo. Nell´80 coloro che fecero più fatica ad adattarsi furono i sindacalisti, chi viveva la sua attività in fabbrica come una missione. Anche oggi la cassa dà questo senso di spaseamento. A differenza di allora però c´è il vantaggio che difficilmente oggi dura molti anni. Io ho incontrato persone che sono rimaste a casa più di dieci anni attendendo il giorno del rientro». ..............................Oggi si sostiene che le crisi, e anche la cassa integrazione, possono diventare occasione di cambiamento, per la società e per gli individui. Concorda? «Può capitare. In Fiat accadde ai più giovani. Chi aveva tra i 20 e i 30 anni, e magari viveva ancora con l´aiuto dei genitori, colse l´occasione per studiare e compiere un salto sociale notevole. I cinquantenni invece non si adattarono. Ricordo che per aiutarli nacquero una sessantina di cooperative di servizi. Dopo pochi anni non ne era rimasta nessuna. Un nuovo mestiere non si improvvisa. E nella società rigida di allora cambiare lavoro era una autentica rivoluzione». .................................I precari di oggi sono nella stessa situazione psicologica dei cassintegrati di trent´anni fa? «In parte sì. Stiamo studiando in questi mesi gli effetti psicologici della precarietà e incontriamo casi di depressione grave. Rispetto ai cassintegrati i precari hanno, ovviamente, meno sicurezze. L´unico aspetto positivo è il fatto che la società non giudica negativamente chi è costretto a rimanere a casa dalla crisi. E il giudizio sociale negativo era uno dei motivi più frequenti che spiegavano i suicidi dell´80».

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