martedì 3 marzo 2009

riso non trasgenico per sfamare l'Africa.......una forte sfida agli OGM (d'oro)

da Donna del 21 FEBBRAIO 2009

Monty Jones, per il settimanale Time una delle 100 personalità più influenti del pianeta, dirìge il Forum per la ricerca agronomica africana (Fara) : inaugurato nel 2002 ad Accra, in Ghana, coordina decine di centri di ricerca per lo svilup­po sostenibile sparsi nell'Africa subsa-hariana. I suoi compiti non sono certo da poco: far uscire l'Africa dalla fame e dalla povertà salvaguardando l'integrità del territorio, la bìodìversità, le risorse dì terreni già poveri di nutrienti e troppo alcalini. Poi formare i contadini africani alla competizione, al lìbero mercato, e a gestire l'acqua dolce sempre più scarsa, e liberarli dalla dipendenza dagli aiuti umanitari, garantire un reddito a famiglie distrutte dall'Aids, o disertate dagli uomini andati a tentare fortuna in città. Per farla breve, Monty Jones dovrebbe realizzare gli "scopi del millennio" stabiliti dalle Nazioni Unite secondo un calen­dario ottimista, scritto in tempi di prosperità e salvare, se non il mondo, almeno il "suo" mondo. Primo genetista africano di reputazione internazionale, primo scienziato a ricevere il World Food Prize, nel 2004, è anche onesto-, nell'agosto scorso negava che le piante geneticamente modificate fos­sero indispensabili all'Africa, Conviene crederci, è il fitogenetìsta che ha creato il Nerica, il New Rice for Africa, il "nuovo rìso" che potrebbe salvare il continente dalla fame, Deve salvare un continente, ma in questi giorni tutto cospira per impedirglielo. La crisi economica prosciuga i fondi del Farà, elargiti da Paesi africani ma provenienti da donatori occidentali, i prezzi degli alimenti dì base oscillano furiosa­mente e torna di moda il protezionismo, l'insieme di misure a tutela dei propri cittadini che un governo decide senza cu­rarsi degli altri. È il contrario della globalizzazione, ma non è un bene. Infatti è combattuto dai no global che al World So­cial Forum dì Belém, poche settimane fa, proponevano sti­moli economici globali, Monty Jones approva: «Sarebbero l'ideale per i progetti del Fara e dei suoi ricercatori». Dal to­no, però, pare dubitare che si materializzino. Cambiarne ar­gomento. Lui ha suscitato aspettive spropositate che ora gli gravano addosso, ma almeno ha le "physi'que du róle": è un colosso dal passo leggero. Come si è formato? «Sono nato a Freetown, in Sìerra Leo­ne, e i miei si auguravano che diventassi prete. Poi, alla scuola cattolica un insegnante mi ha ino­culato il gusto della scienza», racconta. «Dopo la laurea in biologia (al Njala Uni-versìty College, n.d.r.} partecipai al censi-mento dei tipi dì rìso che crescono nelle mangrovie. Forse perché ero un ragazzo di città, rimasi colpito dalla scoperta che qualcuno piantava ancora l'Oryza glaberrima, la specie africana. In Africa, le varietà asiatiche sono coltivate da 500 anni, e tut­ti sanno che sono più produttive. Non in quel terreno paludoso, però. Così mi sono messo a raccogliere varietà autoctone, molte a rìschio di estinzione, più dì 1.500 in tutto, adatte a ogni ambiente, altitudine, umidità». Monty va in Inghilterra, si specializza in genetica vegetale all'università di Birmìn-gham, ma non diventa un cervello in fuga perenne. «Nel 1991, il Warda (Centro di rìcerce per lo sviluppo del riso nell'Africa sub-Sahariana, n.d.r.}, mi ha affidato un laboratorio: con un lavoro da certosini ho classificato i caratteri di ogni varietà che avevo raccolto. Per riunire quelli più utili, ho provato a incrociare il riso africano e quello giapponese».................. Gli incroci fra specie diverse producono muli, individui sterili: perché s'è intestardito? «Volevo un riso fertile, robusto, generoso, che crescesse così veloce da esser piantato 2 volte come in Asia, nella stagione delle grandi piogge e nella stagione della fame. Resistente all'aridità, ai suoli alcalini, ai nutrimenti scarsi, ai parassiti. E che cresca alto: invece è basso». Lo è anche il riso italiano, che problema c'è? «Da noi la paglia del riso serve per fare molte cose: da ferti­lizzante, per fare la carbonella, impastare i mattoni, imper­meabilizzare il tetto, intessere ceste, tende e scarpe». Paglia corta a parte, il Nerica rende bene? «Eccome, dal 25 al 250% in più delle varietà asiatiche. Dove i contadini hanno partecipato agli esperimenti, studiato con noi i fertilizzanti giusti, selezionato legumi e verdure da colti­vare in alternanza, è quasi miracoloso. In 3 anni il Ghana ha ridotto le importazioni di riso del 50%, in altri 6 le ha elimina­te e dal 2005 lo esporta. Ma il Nerica non è perfetto e nem­meno le circostanze. Da quand'è nato, nel '94, fa un passo indietro e 2 avanti: qualche contadino l'abbandona, ma più del doppio lo adottano, soprattutto in collina e in montagna. E l'Africa occidentale importa tuttora riso per un miliardo dì dollari l'anno». L'ostacolo peggiore è polìtico. Alcuni Paesi hanno rinunciato in partenza, costretti da patti bilaterali a comprare generi di prima necessità nel Paese che versa loro più aiuti umanitari, così il donatore recupera parte del dono e sovvenziona i propri coltivatori, in barba agli accordi inter­nazionali. C'è di peggio, anche se Jones, che ha rango dì di­plomatico, non può dirlo. I governi di Benin, Camerun, Nige­ria, Uganda, Ruanda e altri - ha denunciato Grain, associa­zione che lotta per la sovranità alimentare nel terzo mondo -hanno ingigantito i meriti del Nerica per farsi finanziare dal­l'Occidente la costruzione di una industria nazionale delle sementi. Dove questa esiste, è gestita da parenti o amici dei governanti: privata, intendiamoci, con tanto dì marchio regi­strato come si usa nei liberi mercati. D'altronde la Warda aveva brevettato il Nerica negli Usa... «Certo, è stata una mossa difensiva per evitare che altri ne rubassero il nome». Com'era accaduto al Basmati. Ma, guarda caso, da quando Monty Jones è andato via dalla Warda. l'Agenzia non profit tenta di trasformarsi in società per azioni, diventando la multina­zionale sub-sahariana dell'agri-busìness. Ha un'ottima scusa: le norme mondiali sulle sementi prevedono che solo le varie­tà certificate siano messe in commercio, e solo una multinazionale può permettersi il costo di una certificazione con la burocra­zìa che l'accompagna. La privatizzazìone è una buona idea? «Non faccio l'economista». Però ha versato il suo World Food Prize a delle Ong per diffondere gratis il Neri­ca in Sierra Leone, «Era il minimo. Il mio Paese deve ripren­dersi da guerre civili incrociate, ha bisogno dell'impegno dei giovani, delle loro speran­ze, del loro altruismo». E di leader onesti. per saperne di piu':

http://www.warda.org/

http://www.volint.it/new/node/691

http://it.peacereporter.net/articolo/223/La+rivoluzione+del+riso

http://www.lifegate.it/alimentazione/articolo.php?id_articolo=538

Vai al video  ed usa il traduttore (clicca ) ........(http://www.youtube.com/watch?v=-qc_e6lqY1Y) clicca  

........................a special joint panel discussion at the International Rice Research Institute (IRRI; http://beta.irri.org ) on 7 October, Papa Seck, director general of the Africa Rice Center (WARDA; http://www.warda.org ); Robert Zeigler, IRRI director general; and Achim Dobermann and Marco Wopereis, the deputy directors for research (DDG-R) for IRRI and WARDA, respectively, discussed how the two centers are working together to improve rice production in sub-Saharan Africa (SSA). Dr. Wopereis mentioned that rice is important to the livelihoods of 100 million people in the SSA, but still between 40 and 50% of all rice consumed is imported. He added that by 2015, around 10 million tons of rice annually will be needed to meet demand. Ultimately, the lowlands will be the key to producing more rice in the SSA. Dr. Dobermann described the four programs of the IRRI-WARDA joint rice research effort in East and Southern Africa (ESA). 

In 2007, WARDA and IRRI agreed to align their respective rice research programs in the SSA. WARDA is currently an association of 22 member states, with staff based in West and Central Africa (in Benin, Côte dIvoire, Nigeria, and Senegal) and in East and Southern Africa (Tanzania). IRRI currently operates in six countries in the ESA and has staff based in Mozambique and Tanzania. A strategy and implementation plan for rice research for the ESA region was developed during a joint WARDA-IRRI tour in the ESA region from 25 August to 5 September 2008. 

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