da Donna de la Repubblica , marzo 09, di Laura Piccinini POSTCAPITALISMI Potete essere con lui o contro di lui. John Naish, teorico della decrescita, ci spiega perché praticarla sia l'unica soluzione alla crisi Se pensate che un libro sul consumare troppo non vi serva più, tanto ormai ci penserà la crisi a spegnere l'interruttore centrale, "vi sbagliate", dice il suo autore. "Perché guardate che anche con la crisi non è cambiato nulla, se la preoccupazione dei politici è garantirvi che, tempo un anno o massimo il 2010, torneremo alla normalità". Ma, scusi, Obama? "È come spostare le sedie sdraio sul pontile del Titanic. Non basta", continua John Naish, giornalista del Times, quarantacinquenne della schiera degli anticonsumisti anticapitalisti, teorico della decrescita, panteista scientifico. Che pratica quel che predica anche se vive a Brighton e non nei boschi alla Walden Thoureau. Ma "quanto basta", per citare la sua teoria che è finita nel libro che dovrebbe spiegare anche come e perché siamo arrivati a doverlo dire: Basta! (240 pagg., 16,50 euro, dal 20 marzo per Fazi editore). E perché non sarà facile quanto sembra, per quanto reso obbligatorio dalla crisi. Il punto è che c'è di mezzo Charles Darwin, il biologo che a duecento anni dalla nascita è più pimpante e celebrato che mai (a parte il pezzetto d'umanità convinto che ci abbia creati Dio e non discendiamo mica dalle scimmie). E così tra uno speciale di Micromega e un saggio dello storico americano Dennis Dutton sull'"Istinto dell'Arte" che ci verrebbe dall'evoluzione naturale della specie, prima che per acquisizione culturale, c'è il nostro Naish. Che dice che se "siamo diventati come le scarpe di Imelda Marcos per cui il paio migliore è sempre il prossimo" e in pratica vogliamo troppo di tutto, è colpa della strategia di sopravvivenza. E dei nostri cervelli, che come ha suggerito a Naish il biologo evolutivo Rutgers Trivers, nella fase di scelta e consumo, siano notizie o hamburger, e-mail o vacanze, felicità e malattie, si sono fermati al Pleistocene, 130-200mila anni fa o giù di lì. Esteticamente sembriamo belli e presentabili, ma davanti al buffet ci salta fuori l'istinto ominide che deve procacciarsi il cibo con le asce. "O il sushi con le forchettine di Philippe Starck, se aspiriamo a diventare cavernicoli di prestigio", dice Naish. Al telefono, come piace a lui che da teorico della decrescita specifica a fine libro di non avere incluso viaggi aerei in nota spese, ché le tecnologie devono servire a lasciare un'impronta inquinante più scarpetta di Cenerentola che Yeti. Anche qui, quanto basta. Infobesi, infomani, informivori? Che poi, il primo a non sembrare minacciato da tasti di spegnimento è il settore dell'informazione. O meglio, la crisi potrà far tremare l'editoria e costringere a chiudere giornali, "ma restano mille altri bottoni da accendere per tenersi costantemente e magari gratuitamente informati". Il punto è che, secondo Naish, davanti alle tv o a quel concentrato mediatico che è diventato il display del telefonino regrediamo alla savana, dove si sono evoluti i cari antenati, che più informazioni acquisivano più riuscivano a nutrirsi e moltiplicarsi. Certo dovevano "superare la paura di estinguersi per affrontare ogni novità, che innescava un conflitto mentale tra paura e curiosità". Perché abbia vinto la seconda, se lo è fatto spiegare dai neuroscienziati della Southern California University, che hanno scoperto che ai furbetti del Pleistocene ogni acquisizione di nuovo concetto gratificava il cervello con una scarica di oppioidi simili all'eroina. Lo hanno svelato le tomografie. Di qui alla ricerca di tutti i media possibili per non entrare in crisi di astinenza. Naish invita a "soffermarsi da critici e non spettatori passivi" sullo scorrere delle breaking news e dei tizi microfonati che celebrano il rito del "posso confermare che non è successo nulla dall'ultimo collegamento in cui ho detto che non era successo nulla". Se vi dice qualcosa, siete a rischio infobesità, chi non lo è. La sua paura, un po' da romanzo di fantascienza e invece reale, avverte, è che "il saturismo da informazioni potrebbe bloccare l'evoluzione della specie, sopprimendo definitivamente il nostro desiderio di spegnere la tv e fare qualcosa che abbia uno scopo preciso". Il distacco dalla realtà che a Naish fa venire voglia di urlare Basta! il più smodatamente possibile. Tipo? "I social network, grandiosi se hai fatto qualcosa di interessante e vuoi farlo sapere a qualcuno, ma non ti accadrà più niente di interessante se finisci per stare tutto il tempo su facebook. Comunque io non lo frequento perché vivo a Brighton, che è una città dove puoi fare social networking faccia a faccia". E non ha un telefonino, ma se i suoi figli o sua moglie dovessero aver bisogno di lei, per emergenza? "È vero, è un facilitatore di vita. Ma può creare senso di dipendenza, rallentare la conquista dell'autonomia personale di un adolescente. E a causa sua il concetto di "emergenza" si è così allargato che certa gente sembra costantemente sull'orlo della catastrofe, li vedi inviare sms con smorfie di terrore esagerato". Naturalmente non ha la tv, "ma non ce l'ho mai avuta", dice, per scansare le accuse di fichettismo No-tech, come il futurologo Paul Saffo ha bollato la categoria, in ascesa: dal musicista e vecchio ambientalista Bob Geldof che non ha e-mail (ma il cellulare sì, esempio di q.b.). Ai manager aziendali che però dismettono la posta elettronica per non ricevere lecite rivendicazioni dai dipendenti, ma questo non è qb, è una beffa. Un po' come il nostro sciopero virtuale, facciamo notare a John, che però aveva avvertito. C'è pure un attenti all'infant-tainment rivolto ai genitori, lanciato dalla chimica del cervello Susan Greenfeld. "Che forse esagera, ma, nel dubbio... Si sa che l'etica vieta di sottoporre i bambini a test tipo topi da laboratorio, in questo caso il q.b. mi pare la scelta più sensata. Anche perché "proibire del tutto videogiochi o tv contribuirebbe a renderli più appetitosi". Rimedi e cure a ogni fine capitolo: "Condividere le breaking news con i vicini di pianerottolo? O configurare le e-mail in modo da riceverne ogni 90 minuti, se a ogni interruzione ne perdiamo 4 per tornare a quel che si stava facendo". Dalle news al cibo, pleistocenici 2009 Di qui al cibo, il darwinismo non cambia. "E con la crisi semmai la gente va a riempire i carrelli al discount, approfitta dei buffet all-you-can-eat (mangia quanto puoi) che con la recessione offrono prezzi stracciati". Naish ha invitato a pranzo in uno di quei posti lo psicologo dell'appetito Martin Yeomans, che nel meno metaforico capitolo "Basta cibo!" gli spiega come gli esseri umani nascano privi di gusto e imparino a formarselo scoprendo presto il meccanismo per cui sapori amari tipo l'alcol comunichino in realtà piacere al cervello. Linneo ci aveva definito homo sapiens, ma siamo sempre lì, "la nostra struttura desiderante si è formata alla fine del Pleistocene e se siamo sopravvissuti alle centinaia di carestie nei secoli è grazie all'istinto arraffone dell'homo expetens, nelle epoche di abbondanza si immagazzinava grasso in vista dei periodi di fame. E non c'è stato verso di evolversi per arrivare a dire basta cibo. Che tanto per cambiare è un altro sballo: grasso e dolce fanno un'altra scarica di oppioidi endogeni tipo eroina, sballo doppio quando ci riempiamo lo stomaco lungo la linea del nervo vago che collega la pancia alla testa e comunica al cervello primitivo che stiamo per scoppiare. Sconsigliate diete lampo che promettono di ritornare alla vita normale. Lui diffida di chiunque prometta "ritorni alla normalità". Non basta, bisogna autoridursi. È un teorico della decrescita. O si è con lui, o contro di lui. Come il critico che l'ha attaccato dal magazine Spiked, gli facciamo notare, che è un giornale controcorrente e anticonservatore ma ha già attaccato un illustre ambientalista come George Monbiot, per dire. Oggetto della discordia proprio la tesi dei cervelli da Pleistocene, smentita dagli studi dell'esperto di scienza Kenan Malik, che dice che al contrario la natura umana è flessibile e si sviluppa interagendo con l'ambiente. "Non in quella fase", ribatte Naish, "io mi riferisco a uno stato pre-razionale in cui avvengono le decisioni. E poi, vada a guardare il sito del giornalista che mi ha criticato". Fatto: si chiama Daniel Ben-Ami e il sito è "Più Ferrari per tutti", ovvero, "Risorse per la difesa del progresso economico contro gli scettici della crescita". Interpellato, resta sulle sue posizioni, "contro Naish e tutti i pro-austerity come Monbiot". O siete con Naish, o col signor Ben-Ami, scegliete. Magari dopo avere letto il capitolo "Basta opzioni!". Quello dove furoreggiano gli Yeppies (Young Experimenting Perfection Seekers), Giovani Aspiranti Perfezionisti, sindrome diagnosticata da Kate Fox del Social Issues Research Center: gente che ha avuto la flessibilità per andarsene se qualcosa non andava correndo il rischio di ritrovarsi a casa a 40 anni suonati. Procrastinatori a vita. E con gli ex-workaholic, i drogati di lavoro ricacciati a casa dalla crisi? "Li invito al capitolo "Basta Lavoro!", e a riscoprire il Keynes nascosto". A che cosa serve il benessere Tornando all'economia spicciola, l'altro testimonial della teoria del q.b. è John Maynard Keynes, il celebre economista anche lui evocatissimo di questi tempi. Il punto, sostiene Naish, è che stanno riesumando il Keynes sbagliato, il più prevedibile, anche se aiutò a uscire dalla Grande Depressione del '29 con la teoria della spesa interna per sostenere la domanda. "Come Obama e la fiducia nel moltiplicatore keynesiano", dice Naish, cui Barack piace, ma non gli va giù che spenda "900 miliardi per lo stimulus plan, quando bastava un decimo e il coinvolgimento di economisti alternativi". Quelli della decrescita come lei, eh, Naish? Il change di Obama c'è ma dentro un sistema capitalistico dove il mercato è imbattibile. Non basta. L'economista nascosto che gli ha ispirato una via psichedelica al keynesianesimo è l'autore di "Possibilità Economiche per i Nostri Nipoti", l'uomo dagli amori bisex, frequentatore del circolo letterario proto-hippy Bloomsbury. "Che aveva predetto che in poche generazioni avremmo raggiunto un'abbondanza economica e tecnologica tali da permetterci di lasciare alle spalle il problema dell'incassare e spendere e pensare al resto, all'evoluzione culturale e morale davvero liberata della specie. Capite? Quel momento è arrivato da un po', ma finora non c'è stato verso. Forse questa recessione può convincerci alla svolta", predica e credendoci Naish. Basta! leggere dei Beckham sui tabloid. Sarà difficile, negli anni di boom economico ci siamo abituati a ingurgitare informazioni fast, facilmente comprensibili e velocemente dimenticate. E "istintivamente possiamo non avere un tasto basta, ma dalla nascita della civiltà abbiamo adottato metodi per trovarlo, dal Tao cinese all'Aristotele che invita a dire: "Grazie, ma ho raggiunto una sufficiente eleganza e il resto sarebbe superfluo"". È solo dopo la Seconda Guerra Mondiale che abbiamo rotto gli argini del consumo per arrivare qui, al punto di massimo sviluppo. E crisi. Fine Dopo i capitoli "Basta roba", "Basta felicità", e "Mai abbastanza!", la certezza è che qualcosa da cui si è affetti si trova, anche di più. Il capitolo "Basta sindromi" non c'è ma è sottinteso. E Naish prima di questo aveva pubblicato un "Prontuario Tascabile per Ipocondriaci". Non è che vuole approfittare del nostro istinto debole darwinista e vorace di tutto, diagnosi comprese? Nell'ultima pagina chiede scusa e invita a dire basta a questo genere di libri. Dopo aver letto il suo, ovviamente.
orso castano: l'articolo e' lungo ma merita di essere letto fino in fondo. Considerazioni e riflessioni di questo tipo si stanno moltiplicando. La crisi economica e produttiva , globalizzata , almeno a livello di ripensamento delle modalita' e degli oggetti da parodurre, sta costringendo a ripensamenti. Certo le spinte sono contrapposte , c'e' chi addirittura approfitta della crisi per accumulare ancora di piu' e prepararsi a ripartire secondo vecchi schemi di accumulazione , c'e' chi resiste e non intende neppure intaccare i vecchi schemi di gestione della "cosa" pubblica , verticismo, gestione privatistica e partitocratica ( quasi indistinta dal modo di gestione delle aziende private) , compresa la immortale pratica della cooptazione decisa dall'alto , della corruzione, dello sperpero quale identita' narcisitica , l'ostentazione del lusso e dello spreco quale identita' esistenziale. Ma c'e' anche chi , come j. Naish suggerisce di dire Basta ! e' assurdo, e' inutile.....
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